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IoT economy, i ricavi delle imprese dell’Identity of Things a 21 miliardi di dollari nel 2022

In tutto il mondo ci sono 18 miliardi circa di oggetti interconnessi e connessi in rete e secondo Gartner nel 2020 il loro numero potrebbe arrivare a 30 miliardi. È da qui che si parte per comprendere la trasformazione digitale, dall’Internet of Things (IoT), dall’iperconnettività, dal grande fiume di dati sempre in piena che scorre costantemente giorno e notte.

Un ecosistema digitale che cresce in ogni direzione e che all’aumentare del numero delle connessioni e dei dati generati necessità di sempre maggiori livelli di sicurezza. Ogni accesso ai dati e ai servizi esige un controllo, una verifica, un’autenticazione, in una parola applica soluzioni di cybersecurity.

Parliamo di sistemi sempre più complessi e allo stesso tempo vulnerabili, che richiedono nuove soluzioni di Identity access management (Iam), cioè servizi che consentano di gestire gli utenti, gli accessi, le autorizzazioni, perché oltre alle persone ci sono anche alle macchine.

Non sono solamente gli esseri umani ad effettuare accessi ed operazioni e l’autenticazione riguarda più entità, perché ci sono anche le macchine, le applicazioni, i software, i device e i servizi che vanno gestiti e controllati. L’Identity of Things (IDoT) fa esattamente questo: definire utenti e macchine come entità generiche, senza far distinzione, a cui verranno assegnate delle identità.

In tal modo sarà più semplice stabilire nel dettaglio il tipo di relazione che si instaura tra entità ed entità e tra queste e tutte le altre. La piattaforma IDoT è centralizzata e offre un sistema unico di gestione delle identità/entità attive nell’ecosistema IoT.

Già nel 2015, dalle pagine di Key4biz, Sergio Boccadutri, deputato e responsabile dell’area innovazione del Partito Democratico, aveva affrontato questo tema, spiegando che “Abbiamo un ecosistema in cui identità di diversa natura danno luogo a livelli differenziati di relazioni: relazioni fra persone, fra persone e oggetti, fra dispositivi, infine fra dispositivi da un lato e applicazioni e servizi dall’altro. Ciò che serve per lo sviluppo del business legato allo IoT è una modalità standard di gestione dell’identità digitale di diverse entità (persone, servizi e oggetti).

I punti di criticità sono evidenti.

I dati sensibili sono al centro di un fiorente mercato nero gestito da criminali informatici senza scrupoli in grado di penetrare le difese più sofisticate: occhiali e orologi smart, televisori intelligenti, gadgets e smart car, sono tutti esposti”.

Anche il mondo imprenditoriale risponde a questa sfida, sviluppando soluzioni e servizi per l’IDoT applicabili in diversi settori economici e industriali. Un nuovo Report ABI Research calcola i ricavi delle imprese dell’IDoT, attive in molti settori industriali più avanzati, dall’IoT applicata all’agricoltura al settore dell’intelligenza artificiale e del machine learning, dalla cybersecurity ovviamente alla manifattura 4.0, dall’automotive e all’efficienza energetica, fino alla PA e il settore sanitario, attorno ai 21,5 miliardi di dollari entro il 2022.

Più in generale, gli investimenti in piattaforme per l’Internet of Things, secondo aggiornate stime IDC, potranno arrivare a superare i 1.400 miliardi di dollari nel 2021.

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