È spuntata sull’agenzia di stampa tedesca Deutsche presse-Agentur un’anticipazione della dichiarazione che Italia, Francia e Germania dovrebbero presentare alla Commissione europea e relativa alla necessità di proteggere, come strategici, determinati settori tecnologici altamente innovativi.
Roma, Parigi e Berlino avanzeranno in sostanza l’ipotesi di poter opporre, in casi straordinari, il proprio veto all’acquisizione di tecnologie avanzate da parte di buyers cinesi. Il documento, al momento non ancora pubblico, per il Financial Times è stato già consegnato direttamente a Cecilia Malmström, Commissario europeo per il Commercio.
Secondo quanto riportato anche dal Corriere della sera, nella lettera è espressamente richiesta la possibilità per i tre Paesi “di avere più tempo per verificare le proposte e se necessario impedire eventuali acquisizioni da parte di altri Paesi” di soluzioni high tech considerate strategiche per il mercato europeo.
Il quotidiano italiano parla di un vero e proprio shopping cinese di alta tecnologica in Europa: “L’anno scorso in Germania, secondo un’indagine Ernst & Young, sono state 68 le acquisizioni realizzate da compratori cinesi per 12,6 miliardi di dollari (contro i 530 milioni di dollari nel 2015)”.
È il caso dell’acquisizione dell’azienda tedesca Kuka specializzata in robot da parte della cinese Midea, per 4,5 miliardi di euro.
E in Germania esiste già la possibilità ultima per il Governo di porre un veto a tali attività di mercato, che comprendono anche l’accaparramento di tecnologie sensibili utilizzate per la sicurezza ed il comparto militare. Ma evidentemente non basta.
Questa richiesta di Italia, Francia e Germania potrebbe anche essere una prima risposta alla svolta protezionistica in economia (soprattutto nel manifatturiero) voluta dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ma secondo il Corriere si tratterebbe anche di una presa di posizione forte di tre grandi Paesi Ue per porre un limite alla serie di “acquisizioni sleali” di determinati compratori stranieri “dietro cui ci sono ingenti aiuti statali finalizzati a fare incetta di tecnologie avanzate” (“direct investments which are state-controlled”, ribadisce anche il Financial Times), come nel caso di quelle tedesche.