Key4biz. Marco Rizzo, come vede la spinta ai cosiddetti campioni pan-europei voluta dall’ex commissario Breton e sostenuta anche da Mario Draghi ed Enrico Letta?
Marco Rizzo. La creazione dei “campioni pan-europei” è un’altra maschera delle politiche neoliberiste. Viene presentata come un’iniziativa volta a rafforzare la competitività europea, ma in realtà nasconde una centralizzazione del potere economico nelle mani di pochi giganti. Questo non fa altro che soffocare la concorrenza locale e rafforzare monopoli o oligopoli. Draghi e Letta (peraltro ad oggi non eletti in nessun luogo di consenso popolare, perché devono darci loro ordini e non altri?) sostengono queste idee perché fanno parte di un sistema che favorisce le grandi multinazionali, penalizzando le piccole e medie imprese e le economie nazionali. Questi campioni euroatlantici finiranno per divorare il mercato, lasciando le economie più fragili ancora più esposte.
Key4biz. Tutti i bandi pubblici legati al cloud sembrano finire sempre nelle mani dei giganti americani, spesso con la giustificazione che le aziende italiane sarebbero meno strutturate per gestire grosse moli di dati. Vero o falso?
Marco Rizzo. Falso, o meglio, è una verità comoda per giustificare una totale dipendenza dagli Stati Uniti. Le aziende italiane non hanno gli stessi mezzi delle big tech americane perché sono state progressivamente svantaggiate da politiche che non hanno mai puntato davvero sull’innovazione e sull’autonomia tecnologica nazionale. Invece di potenziare il tessuto tecnologico locale, si preferisce fare appalti miliardari a chi è già dominante. È la vera sconfitta per la nostra sovranità digitale.
Faccio un esempio su tutti: consideriamo la gara sul cosiddetto “cloud nazionale”, ovvero il PSN (polo strategico nazionale): Fastweb e Aruba, la seconda 100% italiana, il primo un operatore controllato da Swisscom ma indubbiamente un operatore europeo, vinsero la gara, aggiudicandosela con il 39,19%, sbaragliando l’alleanza Tim, Leonardo, Sogei e Cdp, nomi certo italiani ma con dietro Google, vero motore digitale dell’alleanza. Il bando però era una specie di “project financing” e alla fine è stato aggiudicato alla cordata perdente nonostante in cassazione si siano evidenziate importanti carenze tecniche dell’offerta.
Con i bandi pubblici si fa anche programmazione economica del Paese: quando invece di privilegiare aziende sane, si punta ad aziende altamente finanziarizzate che potrebbero addirittura rappresentare una italo-vestizione di aziende USA, i soldi del PNRR finiscono solo per essere una garanzia per aziende in crisi in Italia e PIL per Paesi esteri, non sviluppo del nostro ecosistema digitale nazionale.
E infine, con una infrastruttura digitale come il cloud di Stato saldamente nelle mani di giganti tecnologici d’oltre oceano che fanno il grosso della parte veramente importante, i dati nazionali sono veramente al sicuro?
Key4biz. Solo in Italia è stato diviso l’ex monopolista TIM in due società, di cui quella della rete è totalmente in mano americana tramite il fondo KKR. È stata una scelta saggia? Quali alternative secondo lei ci sarebbero state?
Marco Rizzo. È stato un disastro. Il neoliberalismo, dopo aver ingurgitato tutta l’economia negli USA e nel Regno Unito, trasformandole in nazioni prive di spinta economica di aziende che sanno fare ancora prodotti, da decenni si prefigge di comprare tutto quanto è disponibile nelle cosiddette “utilities”, al fine di creare oligopoli e cartelli che favoriscano il controllo dei prezzi, ovviamente sempre in rialzo, la qualità dei servizi sempre al ribasso ed infine la riduzione al lumicino della concorrenza, che diventa un fatto di “teatrale”, non di sostanza.
Il Governo, dopo aver regalato centinaia di milioni di euro alle banche con gli extra-profitti realizzati non dando il giusto tasso di interesse sui conti correnti mentre il tasso della BCE era aumentato notevolmente, doveva passare all’incasso e pilotare un concordato fallimentare, per rientrare in possesso della rete TIM, dove il valore, rappresentato dai cavidotti, è ancora largamente merito di tutte le tasse pagate dagli italiani durante il secolo scorso.
Lo Stato, invece di mantenere il controllo di queste infrastrutture critiche, ha favorito la cessione di questo asset ad un fondo speculativo, e lo spezzettamento dell’azienda, quando è noto che solo le aziende verticalmente integrate riescono più facilmente ad elaborare prodotti di qualità.
A parte la cattiva privatizzazione di Telecom/SIP, voluta prima dal centro sinistra e poi dal centro destra, che ha fortemente indebitato l’azienda in questi quasi 30 anni di liberalizzazioni se l’Autorità avesse meglio regolato TIM, rendendo anche per i concorrenti conveniente usare i suoi servizi invece di spingerli sempre di più alla duplicazione dei servizi visto la ripetuta disparità di trattamento tra clienti interni e all’ingrosso, oggi staremmo parlando di una storia completamente diversa.
Key4biz. OpenFiber, tanto voluta da Matteo Renzi, ha vinto decine di bandi pubblici ma non ne ha completato uno. Il governo ha varato un emendamento ad hoc per salvarla. Cosa pensa di questa azienda e come ne vede il futuro?
Marco Rizzo. Si è creata una startup che avrebbe dovuto portare avanti un compito fondamentale, ma con risultati non ancora raggiunti. Nata come una “ripicca” nei confronti di Telecom, ha favorito al crollo verticale dei prezzi, arrivando all’assurdo che una società nazionale sistemica ed ex monopolista pubblico è stato scientificamente attaccato mediante un’altra società, creata dallo Stato stesso, che le faceva concorrenza, deprimendo il mercato.
E’ vero che per le cosiddette “aree nere”, ovvero le grandi città, c’è stata parzialmente più concorrenza sulla vera fibra ottica e tanti concorrenti, per anni maltrattati da TIM che aveva doppi standard tra clienti propri e clienti degli altri operatori, hanno avuto un sollievo, ma è anche vero che se il Governo di allora e l’AGCOM avessero compiuto appieno il loro mandato, non saremmo in questa situazione caotica e insensata.
Mi faccia aggiungere che solo in Italia si è potuto affidare a OpenFiber, che non ha mai finito il bando BUL dopo così tanti anni di ritardo, un altro grande bando come quello PNRR “Italia 1 Giga”. Forse non c’erano altri operatori italiani a cui dare magari bandi più piccoli per farli crescere?
Key4biz. Piccoli e medi operatori italiani: dal 1995 molte aziende hanno investito in fibra ottica e cloud 100% made in Italy. Come vede il loro futuro sotto la spinta oligopolistica in Europa?
Marco Rizzo. Mi faccia dire che è incredibile che esistano aziende PMI che siano riuscite a fare importantissimi data-center e addirittura decine di migliaia di chilometri di fibra ottica sparse per tutto il paese, senza percepire mai nulla dallo Stato. E’ il miracolo italiano.
Gli oligopoli europei e le politiche neoliberiste li hanno però presi di mira: spingono verso la concentrazione del mercato, al fine di tagliare fuori gli operatori più piccoli. È evidente quello che sta succedendo, con un attacco continuo alla regolamentazione europea nelle telecomunicazioni e l’insensibilità del Governo nel riservare alle PMI parte dei fondi PNRR nella digitalizzazione anche della cosa pubblica.
Ritengo sia fondamentale proteggere e incentivare questi attori locali, che rappresentano una vera opportunità per l’innovazione e soprattutto la sovranità tecnologica del Paese. Se continuiamo a favorire solo i grandi player, rischiamo di perdere la nostra autonomia anche in questo settore, impoverendo sempre di più il tessuto cognitivo e professionale diffuso che queste aziende rappresentano.
Key4biz. Sicurezza dei dati e presenza degli OTT made in USA: quanto pesa l’asimmetria normativa sul digitale europeo, con regole più stringenti per le aziende europee rispetto a quelle americane?
Marco Rizzo. Come dicevo prima parlando di PSN, pesa tantissimo, è una vera e propria ingiustizia competitiva. Le aziende italiane ed europee sono costrette a rispettare norme molto stringenti sulla privacy, mentre quelle americane hanno aggirato queste regole per anni con accordi come il “Safe Harbor” o il “Privacy Shield”. Questo non solo mette a rischio la sicurezza dei dati europei, ma favorisce una concorrenza sleale.
È incredibile come l’Europa ammetta che le aziende del continente siano gravate da norme che quelle statunitensi di fatto non hanno e, se ciò non bastasse, si consenta che tali aziende facciano sfacciatamente “averaging” fiscale, dragando continuamente risorse ai paesi europei in favore della finanza americana.
Key4biz. Ultima nota sul calcio, come saprà nel nostro paese è attiva da meno di un anno una piattaforma chiamata “Piracy Shield” che permette a segnalatori privati di ordinare entro 30 minuti agli operatori di telecomunicazioni l’oscuramento di siti in cui si ipotizza lo streaming illegale. Un blitz al decreto Omnibus aggrava ancora di più gli oneri per gli operatori di accesso. Cosa ne pensa?
Marco Rizzo. C’è un pressing enorme sugli operatori di accesso, che sono dei meri trasportatori di dati, per farli diventare dei poliziotti e dei censori: già la vecchia legge (già emendata una volta) era totalmente sbagliata, ma i nuovi emendamenti chiedono ancora di più agli operatori, deresponsabilizzano ancora di più le cosiddette società di segnalazione anti-pirateria, che potranno ancora di più sbagliare, passandola liscia e addirittura entrano in gamba tesa contro l’Autorità, riducendo i suoi poteri per legge ordinaria.
Se tutto ciò non bastasse, come al solito, le aziende nazionali devono obbedire, per non subire pene gravissime, e gli operatori di VPN, DNS pubblico e CDN d’oltreoceano ci fanno le pernacchie. Il solito doppio standard che io e il mio movimento politico (Democrazia Sovrana Popolare) vogliamo definitivamente far venire meno.