Entro il 2025, il mercato dell’Internet of Things varrà in tutto il mondo qualcosa come 11.000 miliardi di dollari. Tra ambienti domestici, applicazioni commerciali, miliatri ed industriali, tali soluzioni innovative troveranno soprattutto in città un ambito di utilizzo molto diffuso e pervasivo.
Trasporti, sicurezza, sanità, monitoraggio ambientale, efficienza energetica, mobilità, didattica/istruzione, nelle amministrazioni pubbliche, a livello sportivo, nelle esercitazioni militari, nel commercio al dettaglio, le tecnologie IoT saranno integrate ovunque, in ogni settore, anche grazie alla progressiva realizzazione dei tanti progetti smart city annunciati in giro per il mondo.
Tra le novità del momento c’è da registrare un certo interesse per le tecnologie IoBT, Internet of Batteryless Things, cioè una rete di oggetti intelligenti, più semplicemente dispositivi interconnessi tra loro, che non si alimentano né con le batterie, né con il tradizionale cavo a presa diretta, ma in maniera autonoma a seconda delle fonti ambientali disponibili.
L’innovazione consiste nella predisposizione di questi device ad assorbire l’energia elettromagnetica presente negli ambienti, trasformandola in energia elettrica. Ovviamente, questo tipo di processo (al momento) può riguardare solo apparecchi/oggetti a bassissimo consumo energetico.
A prospettarne il successo è il think tank IoT Council, che in un post di questi giorni ha riportato alcuni studi del professor Riad Kanan, dell’Abu Dhabi University, relativi proprio ai network wireless integrati nelle piattaforme Internet of Things.
Parliamo dei Wireless Sensor Networks (WSN) e delle soluzioni Very Large Scale Integration (VLSI) e Low powered Wireless Integrated Microsensors (LWIM), che renderebbero la tecnologia IoBT un valido strumento per promuovere l’internet delle cose e allo stesso tempo assicurare efficienza energetica, sostegno ai piani Low Carbon Economy, sostenibilità ambientale, lotta all’inquinamento e ottimizzazione delle risorse: “Viviamo letteralmente immersi in un oceano di energia e sono molteplici le fonti e le risorse energetiche a cui possiamo attingere per far funzionare determinati apparecchi che lavorano su bassi consumi”.
Proprio tali oggetti low energy potrebbero rappresentare un grande business entro il 2020, specialmente in ambienti urbani intensamente attraversati da flussi energetici di origine termica, cinetica, chimica, solare, o da onde radio ambientali, fino all’energia generata dal corpo umano (magari per le tecnologie indossabili, wearables).
In relazione alle modalità per convertire tali flussi in elettricità, abbiamo diversi esempi: l’uso di particolari polimeri che, sottoposti a sforzi da deformazione meccanica, generano piccoli potenziali elettrici; sensori in grado di ‘raccogliere’ ed utilizzare in tempo reale l’energia spuria proveniente da trasmissioni radiotelevisive; piccolissime celle fotovoltaiche per l’energia solare; i generatori termoelettrici; la semplice attività fisica del nostro corpo.