Internet ha avuto, tra i suoi grandi meriti, anche quello di mostrarci che cosa succede quando il progresso è concentrato nel giro di pochi anni; e cioè che sovente la tecnologia va a salti, segue sì un flusso continuo ma prima o poi deve arrivare quella che in gergo si definisce la disruption, l’innovazione che cambia completamente le carte in tavola. Ne abbiamo viste a decine, negli ultimi anni: il passaggio dall’ADSL alla fibra ottica, l’avvento del primo smartphone, il successo dei social network, l’affermarsi di Google come principale motore di ricerca al mondo, l’utilizzo sempre più diffuso del cloud per mettere al sicuro i nostri dati, il passaggio da un approccio asincrono a uno in tempo reale per le interazioni… E poiché si tratta di tecnologia ancora molto giovane, non è una previsione azzardata immaginare che anche nei prossimi anni assisteremo a diversi di questi “salti”, e forse siamo già in procinto di vederne un altro.
La pandemia ha accelerato un processo
Si tratta, è vero, di un salto in apparenza più simbolico che effettivo: l’arrivo dell’era in cui la banda globale si misurerà in petabit al secondo. Una normale evoluzione, sembrerebbe: ma si tratta del frutto di un aumento vertiginoso della domanda di banda e, di conseguenza, dell’offerta, pari addirittura a un +28% solo nel 2022, che non si limita a riportare la situazione ai livelli pre-pandemia ma mostra le necessità di un mondo sempre più iperconnesso. Sono i dati che si possono ricavare dal più recente rapporto di Global Internet Geography, dove si evidenzia anche come la banda globale, dal 2018, sia addirittura triplicata.
In questo caso particolare, tra gli elementi di disruption ne va considerato uno purtroppo ben noto e catastrofico: la pandemia, come si è detto tante volte, a spinto a un utilizzo molto più pervasivi dei servizi Internet, anche per chi non vi aveva mai fatto ricorso, dal delivery alla telepresenza. Oggi che la situazione è molto meno grave, i dati relativi alle connessioni e ai picchi giornalieri di Internet sono ovviamente diminuiti, con l’incremento medio del traffico che è passato dal 47% al 29% e quello di punta dal 46% al 28%; tutto questo però non frena un’ascesa che, pur se rallentata, ha trovato nel lockdown uno dei più potenti sponsor dell’importanza di una rete performante. Buona parte del merito di questa crescita va ai Paesi in via di sviluppo, che si stanno dotando di infrastrutture in grado almeno, se non di pareggiare quelle delle nazioni più ricche, di non perdere terreno; la crescita aggregata del continente africano è stata del 44% tra il 2018 e il 2022, prima dell’Asia, che ha trainato a lungo gli incrementi (e che ora è al 35%).
Prezzi in discesa, ma fino a quando?
Secondo il rapporto, i prezzi per usufruire delle connessioni a banda ultralarga stanno scendendo. L’ultimo osservatorio di SOSTariffe.it ha mostrato come le offerte in fibra otticaa maggio del 2022 costassero in media il 14% in meno rispetto a maggio dell’anno scorso, con un canone mensile standard pari a 27,11 euro e un canone mensile in promozione a 24,19 euro, senza contare i costi quasi dimezzati per l’attivazione.
Dati che vengono confermati anche a livello globale: secondo Global Internet Geography, infatti, in sette metropoli i prezzi sono scesi del 16% dal secondo trimestre del 2019 al secondo trimestre del 2022 per quanto riguarda le connessioni da 10 Gigabit, mentre quelle da 100 Gigabit nello stesso lasso di tempo sono arrivate a prezzi del 25% più bassi. Attenzione, però: non è detto che queste riduzioni andranno avanti ancora per molto, considerando l’inflazione galoppante, che potrebbe costringere i provider ad aumentare i canoni per i nuovi clienti. Inoltre la minore capacità di spesa delle famiglie, imputabile anche alle bollette della luce e del gas a livelli mai visti in precedenza, giocherà contro la connettività generale: chi magari pensava, un anno fa, di dotarsi di una rete più performante, anche a costo di spendere qualche euro in più ogni mese, ora può essere costretto a rifare i conti.
Come cambierà la Rete tra 5G, IoT e satelliti
La crescita dovuta al Covid è chiaramente episodica, ma questo non significa che un nuovo cambio di paradigma non sia alle porte, grazie anche all’introduzione del 5G destinata a rendere molto più semplice la vita anche all’aziende, soprattutto in ambito IoT. Secondo uno studio di Juniper Research, infatti, la quantità globale di dati generati dalle connessioni Internet of Things in roaming passerà da 86 petabyte a 1.100 nel giro di 5 anni, entro il 2027. Questo boom – si parla di un incremento del 1140% – è dovuto anche alla cessazione delle reti 3G, che cominciano a essere abbandonate un po’ in tutto il mondo (negli Stati Uniti verranno chiuse entro quest’anno da AT&T, T-Mobile e Verizon), sostituite non solo solo da 4G e 5G, ma anche dalle reti cellulari WAN a bassa potenza.
Inoltre c’è anche da considerare il ruolo delle tecnologie innovative come le connessioni Internet satellitare: è notizia recente, data da Elon Musk in persona, che ora Starlink, la rete di connessione via satellite del CEO di Tesla e SpaceX, è disponibile in tutti e sette i continenti, essendo da poco arrivata anche in Antartide.
Due ore e mezza di lavoro per la rete fissa
E come si sta evolvendo la Rete in Italia? Un’altra ricerca, quella di Surfshark, ha mostrato che il nostro Paese ha una buona accessibilità ad Internet (al 12° posto globale) ma si comporta molto meno bene in termini di qualità (42° posto). Come si è detto, per ora i prezzi restano buoni, anche per Internet mobile: da noi è possibile acquistare 1 GB di traffico con 20 secondi di lavoro al mese, il 48% in meno rispetto alla Spagna ma quattro volte tanto Israele, dove per pagarsi un gigabyte bastano solo cinque secondi. Per quanto riguarda la rete fissa, al momento l’abbonamento mensile alla banda larga costa in media due ore e mezza di lavoro ogni mese (otto volte tanto Israele). Staremo a vedere nei prossimi anni chi vincerà nella sfida tra la tecnologia disruptive e lo stato di crisi globale.