Il tema “intelligenza artificiale” sta registrando una crescente attenzione mediatica, anche in Italia, ben oltre la grancassa della “blockchain” o degli “nft”, e riteniamo che questa sensibilità sia ben giustificata, dato che siamo di fronte ad un processo destinato a scardinare radicalmente molti dei paradigmi dell’attuale sistema sociale, culturale, economico.
Purtroppo, però, finora l’attenzione è stata concentrata sui fenomeni tecnologici ed imprenditoriali, e modesta è stata la riflessione sugli aspetti sociali e psicologici di questa rivoluzione: il termine “rivoluzione”, in questo caso, non è inadeguato né retorico.
Stiamo soltanto “intravedendo” i primi segni di un mutamento radicale di paradigma nell’esistenza umana: gli interrogativi (anche filosofici) che poneva Stanley Kubrick quasi 50 anni fa (“Odissea nello spazio” è del 1968!), e più recentemente, 5 anni fa, Steven Spielberg (“Ready Player One” è del 2018) si ripropongono ormai nella loro inquietante profondità, non più nella più affascinante fantascienza ma nella materialità delle nostre vite quotidiane.
Le iniziative di riflessione organica su questa nuova realtà che dovremo presto affrontare nella nostra quotidianità, ben oltre Alexa e simili, sono ancora rare ed estemporanee in Italia.
Abbiamo già segnalato su queste colonne quella che può essere considerata la prima occasione di riflessione seria ed interdisciplinare in materia, nel nostro Paese, con il seminario “Intelligenza artificiale. Una sfida per l’umanità”, tenutosi a Roma a Palazzo Falletti il 30 marzo 2023, prima sortita pubblica di un laboratorio in itinere, che propone una seconda iniziativa di discussione la settimana prossima, mercoledì 28 giugno (clicca qui per il sito web dedicato), promossa da Sergio Bellucci, Lucio Pascarelli e Roberto Savio.
“L’autore di parola e di immagine tra realtà fattuale e intelligenza artificiale”, promosso dalla Federazione Aut-Autori il 20 giugno 2023
Se in occasione del seminario controcorrente del 30 marzo è emerso un apprezzabile approccio umanistico, un’altra stimolante occasione di confronto, anch’essa controcorrente, è stata organizzata a Roma martedì scorso 20 giugno 2023, incentrata questa volta sull’approccio culturale, artistico, creativo: si è trattato del seminario “L’autore di parola e di immagine tra realtà fattuale e intelligenza artificiale”, promosso dalla Federazione Aut-Autori e da alcune associazioni di categoria del cinema e dell’audiovisivo, che rappresentano autori di teatro, radio, televisione, immagini, editoria e musica…
L’iniziativa si è tenuta presso il Palazzo delle Esposizioni e ha assorbito l’attenzione di oltre un centinaio di persone per quattro intense ore. Il convegno è stato organizzato da un gruppo di lavoro formato da Alessandro Occhipinti Trigona (coordinatore), Alessandro Rossetti, Maria Letizia Compatangelo, Linda Brunetta, Toni Biocca.
Il convegno è stato realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura (Mic) Direzione Generale Biblioteche e Diritto d’Autore, guidata da Paola Passarelli. A sostegno dell’iniziativa anche la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma, nella persona della sua Preside Arianna Punzi.
L’intelligenza artificiale invade il dominio umano nella creatività
Questa la premessa teorica dell’iniziativa: negli anni Trenta del secolo scorso, il filosofo tedesco Walter Benjamin sosteneva che l’introduzione di nuove tecniche per produrre, riprodurre e diffondere, a livello di massa, le opere d’arte cambiava radicalmente l’atteggiamento sia degli artisti sia del pubblico verso l’arte stessa. Due i temi che si andavano intrecciando: il rapporto tra “arte” e “tecnica” e la fruizione dell’opera d’arte nella società di massa. Concetti come la creatività, il genio, l’esperienza artistica potevano essere utilizzati come strumento di controllo delle masse attraverso un’“estetizzazione della politica”. L’esperienza estetica diveniva forma di comunicazione per coinvolgere e massificare la folla. Se la “commercializzazione” dell’opera ha soppiantato il “totalitarismo” analizzato da Benjamin, mutuandone il sistema, oggi, a quasi 100 anni di distanza, le nuove tecnologie minacciano di invadere anche quei campi ritenuti di esclusiva pertinenza umana, come l’immaginazione, la fantasia, la creatività. Nelle piattaforme produttive e distributive che si sono affermate sul web, diventano sempre più vincolanti le scelte determinate da algoritmi che profilano i fruitori dell’opera elaborando indici di gradimento.
I recenti modelli linguistici basati sull’Intelligenza Artificiale, con i prototipi specializzati nella conversazione con utenti umani tramite testo scritto, quali Chat Generative Pre-trained Trasformer (Chat Gpt), lasciano intravedere le potenzialità di una trasformazione così vasta e profonda da convalidare il pensiero che il filosofo Emanuele Severino ci ha lasciato: “Dio è il sommo Tecnico del passato, la Tecnica è l’ultimo Dio del presente”.
“Per la prima volta, un argomento delicato come l’intelligenza artificiale non viene affrontato dai tecnici, ma dagli autori, di fronte al rischio di quello che per la nostra categoria potrebbe trasformarsi in uno tsunami”, ha sostenuto Alessandro Occhipinti Trigona, Presidente di Aut-Autori, aprendo i lavori, seguito da Antonella Melito, Consigliera comunale nonché Vice Presidente della Commissione Statuto e Innovazione Tecnologica di Roma Capitale, sostenitrice dell’iniziativa, che ha invitato tutti ad “evitare tecnofobia e tecnofilia”. Melito ha rimarcato come sia “fondamentale l’intervento della politica, ad oggi ancora distante dalla materia, perché garantisca una rigorosa disciplina in grado di gestire l’intelligenza artificiale nel suo utilizzo, per evitare che invada in maniera incontrollata quei campi ancora oggi ritenuti di esclusiva pertinenza umana e mantenere alta l’attenzione sul tema del diritto d’autore. Bene dunque un primo confronto con le associazioni di categoria, le istituzioni nazionali ed europee perché si eviti che l’intelligenza artificiale e più in generale la tecnologia, possa diventare uno strumento in grado di sostituirsi all’immaginazione, alla fantasia, alla creatività, all’emotività dell’essere umano e rimanga al contrario uno strumento a servizio dell’uomo e delle sue necessità”.
La scrittrice Valeria Patera ha proposto un excursus storico e filosofico sulla dimensione relazionale dell’AI, della “macchina”, con l’essere umano e la sua creatività: “al momento, alle macchine manca la dimensione del dolore, della ferita che sappiamo essere spesso alla radice dell’arte, così come la capacità di creare nuovi paradigmi artistici”. La relazione con le macchine, ha ricordato, anche rivoluzionato il sapere dell’uomo. Sul tema del timore, Patera ha ricordato la famosa lettera di Lord Byron alla Camera dei Lord del 1812 contro i “telai meccanici” ed il paradosso è che la figlia, Ada Byron Lovelace, qualche decennio dopo, è riuscita a immaginare una serie di cose inconcepibili per l’epoca ed è considerata una delle fondatrici della “nuova scienza dell’informazione”, ovvero giustappunto l’informatica.
L’Intelligenza Artificiale ci pone davanti ad un bivio
Paolo Ercolani, filosofo e docente all’Università di Urbino, ha sostenuto che “l’intelligenza artificiale ci pone davanti a un bivio: perché, da un lato, è proprio quella cosa a cui studi recenti attribuiscono il crollo del quoziente intellettivo umano, a partire dal 2009 – quando sono comparsi gli smartphone – tuttora in calo… Basti pensare che viviamo in un Paese in cui gli studi ci dicono che circa il 40 % della popolazione è affetta da analfabetismo funzionale. Ma, dall’altro lato, l’AI è anche quella che ha reso possibile la scoperta in tempi brevissimi dei vaccini contro il Covid. Siamo quindi di fronte a una tecnologia che può distruggere l’umano o può salvarlo, migliorandone la vita: di questo bivio dobbiamo prendere atto, per provare a canalizzare le nostre energie affinché l’intelligenza artificiale sia funzionale all’umano e non distruttiva”.
Francesco Ranieri Martinotti, Presidente dell’associazione degli autori cinematografici Anac, ha rimarcato l’esigenza di un “fronte unitario” degli autori, rispetto alla sfida in atto ed ancor più a quella imminente, e, con discreta lamentazione, ha segnalato l’assenza dei 100autori, altra storica associazione dell’autorialità cinetelevisiva: “questo discorso non si può fare ponendo barriere, restando ognuno nel proprio orticello… Oggi non siamo qui per dare risposte, ma per avviare un ragionamento, per porci e porre delle domande”… Molti programmi hanno portato dei cambiamenti, pensiamo a Photoshop, ma dobbiamo mettere da parte l’indignazione, e cercare di capire e fare i conti su come utilizzare senza snaturare la creatività umana questi strumenti dell’AI”.
Dopo di lui, nell’ordine, sono intervenuti Toni Biocca, Vice Presidente dell’associazione dei dialoghisti e adattatori Aidac, Maria Letizia Compatangelo per i drammaturghi del Cendic, Linda Brunetta per gli autori radiotelevisivi dell’Anart, Lia Bruna per i traduttori di StradeLab, Flavio Rosati dell’Associazione Autori di Immagini, Umberto Marino per il Sindacato Scrittori, Lucio Majelli per gli scrittori per l’infanzia dell’Icwa, il compositore Luigi Fontana per l’Unione Nazionale Autori…
Toni Biocca ha ricordato come il settore dei dialoghisti-adattatori, che Aidac rappresenta (oltre 400 professionisti), sia impegnato nella discussione del contratto nazionale collettivo di lavoro, nella cui economia si sta proponendo un modello che possa interdire o comunque inibire l’uso di testi per alimentare agenti di intelligenza artificiale…
Una prima esplorazione dello scenario dell’I.A. dal punto di vista dei creativi
Interventi tutti di alto livello culturale, ovvero dotti assai.
Nessuno ha manifestato preoccupazioni drammatiche, tutti si sono posti domande che non possono ancora trovare risposta.
Si è trattata di una preziosa esplorazione, per la prima volta in Italia affrontata dal “pov” degli autori, degli intellettuali, dei creativi.
In verità, in Italia esiste da sempre una complessiva debolezza delle associazioni dei creativi nel rappresentare e tutelare al meglio i propri diritti. Prevale una forza notevole, anche nei confronti delle istituzioni, delle associazioni imprenditoriali.
Si ricorda che alcuni sostennero, per esempio, che la tanto decantata “legge Franceschini sul cinema” (la legge n. 220 del 2016, che ha tra l’altro determinato un incremento enorme del sostegno pubblico al sistema dell’audiovisivo, ormai nell’ordine di 800 milioni di euro l’anno) fosse stata redatta sotto “dettatura” delle potenti lobby dei produttori, l’Anica (i produttori cinematografici guidati da Francesco Rutelli) e l’Apa (i produttori televisivi guidati da Giancarlo Leone).
Che si tratti di una interpretazione malevola o meno, che si tratti di vera verità del “dietro le quinte” del dibattito parlamentare, non è questione che intendiamo affrontare in questa sede, ma è un dato di fatto che il coinvolgimento degli autori e dei creativi nei processi normativi e regolamentativi non è centrale, nelle politiche culturali italiane.
La “mano pubblica” italiana è più attenta alla “economia” che alla “sociologia” della cultura
Da molti anni, la “mano pubblica” italiana sembra più attenta ai processi economici che a quelli sociali, in materia di cultura: è quella che abbiamo definito – da alcuni anni – la deriva “economicista” della politica culturale italiana.
Esiste una sorta di squilibrio che pone tanta attenzione sull’“economico” a discapito dell’aspetto “artistico”: ben venga quindi il tentativo promosso dalla federazione Aut-Autori di stimolare un coordinamento tra le tante associazioni dei vari settori del sistema culturale e creativo italiano, nel tentativo di rafforzare rappresentatività e tutela dei propri diritti.
Ardita intrapresa, a fronte del policentrismo tipico del nostro Paese, ma forse si deve guardare – paradossalmente – proprio ad associazioni come Anica ed Apa per comprendere che – banalmente – “l’unità fa la forza” (fuori da Anica ed Apa non c’è quasi nessuno – a parte la Cna Cinema e Audiovisivo, guidata da Gianluca Curti – dato che, nel corso del tempo, sembrano essere falliti i tentativi di aggregazione di soggetti indipendenti minori).
Insomma, se ci sono riusciti gli imprenditori, possibile che non ci riescano gli autori ed i creativi?!
In verità, peraltro, tanti sono i fronti critici del sistema culturale italiano, osservato giustappunto dal “point-of-view” dei creativi: ci limitiamo a rilanciare il grido di allarme lanciato da Linda Brunetta, che ha denunciato come i broadcaster italiani – e quindi i produttori – tendano a riprodurre sempre più format stranieri, chiedendo agli autori “adattamenti” piuttosto che “originalità”, con buona pace della creatività nazionale…
Lorenzo Ceccotti, artista e designer, fondatore dell’European Guild for Artificial Intelligence Regulation (da cui l’acronico Egair): “le AI generative ci vengono proposte dalle aziende che le hanno messe sul mercato come ‘nuove tecnologie’ in grado di fornire quasi miracolosamente contenuti di ogni genere, senza necessità di alcun intervento umano: dunque con l’inedita possibilità di bypassare completamente il ruolo dell’autore e non dover pagare per il suo lavoro…”.
Il “value gap” agisce a più livelli: tra piattaforme e produttori, tra produttori e autori…
Si ripropone il problema ormai tipico delle industrie culturali e creative, ovvero quel “value gap” che riproduce a vari livelli (piattaforme/produttori e produttori/autori): il “valore” si sposta comunque sempre più a vantaggio delle piattaforme, con una vera e propria “sottrazione” di ricchezza.
Ceccotti ha però posto l’accento sulla retorica di una certa visione della “intelligenza artificiale”, rimarcando come di “artificiale” ci sia – alla resa dei conti – ben poco perché tutti i processi sono comunque basati su azioni messe in atto dall’intelligenza umana: “definire ChatGpt e Midjourney una nuova tecnologia è un errore: si tratta di servizi commerciali basati su una tecnica di programmazione già esistente, supportata però per la prima volta da investimenti economici inediti che hanno consentito lo sfruttamento di quantitativi di dati impensabili e presi dalla rete senza alcun consenso informato dei legittimi proprietari”. Questi nuovi strumenti “lavorano su una raccolta monumentale di contenuti catalogati dagli esseri umani. Sfruttamento massivo di opere di tutti gli artisti di mondo, a scopo di lucro”. L’Egair sostiene in primis la necessità di sostituire il “silenzio assenso” con il “consenso informato”. Con l’“AI Act” sono state imposte, in ambito europeo, alle imprese che usano Ai, norme per controllare quali dati usano e quali siano coperti da diritto d’autore. Secondo Ceccotti, in Italia andrebbe aggiornato tempestivamente il regolamento sul diritto d’autore, rispetto alle dinamiche dell’Intelligenza Artificiale.
Gli interventi sono continuati poi con Matteo Fedeli, Direttore Generale della Società Italiana degli Autori e Editori (Siae), Katia Marcantonio di Agcom, Miguel Gotor, Assessore alla Cultura Roma Capitale, e dell’euro-parlamentare Brando Benifei (Partito Democratico).
Matteo Fedeli (Siae): “non prevedo dinamiche distopiche”, almeno nel breve periodo
Matteo Fedeli, Direttore Generale della Siae, ha sottolineato quanto le AI facciano un uso smodato di risorse per comprendere la realtà, laddove il cervello umano impiega molto meno tempo (i bambini sono l’esempio eclatante di questa competenza: per esempio, banalmente per comprendere cosa sia “un gatto”…). Il vero problema, ha però specificato, è che l’enorme algoritmo di training sulle risposte sembra non essere più sufficiente, e non si riesce più perfettamente a imbrigliarlo e a controllarla: i processi dell’Artificial Intelligence sfuggono anche al controllo dei suoi stessi ideatori. È poi probabile che tanti tipi di professionalità spariranno, ma la creatività sarà uno degli ultimi baluardi perché è un valore in sé: “quello che va fatto è tutelare questo valore, il mio essere creatore, da un punto di vista giuridico”. L’approccio di Fedeli ci è parso complessivamente ottimista: “non prevedo dinamiche distopiche”, non nel breve periodo almeno, ha sostenuto il Dg della Società Italiana degli Autori e Editori.
Piuttosto tecnico (giuridicamente) l’intervento di Katia Marcantonio, in rappresentanza dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (ovvero dell’annunciata Direttrice Servizi Digitali di Agcom Benedetta Liberatore), che ha ricordato come una serie di interventi legislativi siano stati varati e pongano l’attenzione sull’utilizzo dei dati anche nel modo in cui questi dati possano essere processati, e senza i quali l’Ai non si sarebbe sviluppata come conosciamo. Le autorità nazionali dovranno avere una documentazione tecnica che descriva come i modelli AI funzionano e che consenta loro quindi anche di intervenire, e anche attraverso la creazione di una banca dati europea. Importanti anche le iniziative di “self regulation”, sistemi di etichettatura dei dati che mirano a rendere possibile individuare le informazioni che sono nascoste nelle immagini e nei prodotti digitali alle quali hanno aderito Adobe ed altri. Anche nell’intervento di Marcantonio non abbiamo osservato particolari preoccupazioni e ciò ci ha francamente stupiti.
Brando Benifei, co-relatore al Parlamento Europeo del Regolamento sull’I.A., in fase di approvazione, ha rassicurato i presenti su quella che “presto diventerà legge in tutti i Paesi dell’Ue, anche in ambito di Ai generativa, trasparenza e Deepfake”. Anche in questo caso, un approccio positivo, rivendicando che soltanto la sinistra, al Parlamento Europeo, ha sentito l’esigenza di “regolamentare” in qualche modo i processi dell’Intelligenza Artificiale.
Miguel Gotor, Assessore alla Cultura Roma Capitale, ha richiamato le problematiche legate a contenuti sempre più suggeriti da un algoritmo, con effetti molto importanti dal punto di vista commerciale così come culturale. Ha ricordato l’assenza di controllo sull’acquisizione delle opere che poi l’AI elabora… l’integrale, iniziale, gratuità dell’informazione digitale… le potenzialità incredibili e pericolosissime delle notizie false generate dall’AI a disposizione di tutti, compresi politici e giornalisti…
Annunciato tra i relatori, non si è purtroppo presentato l’atteso Federico Mollicone, Presidente della Commissione Cultura della Camera nonché Responsabile Cultura di Fratelli d’Italia.
E peccato che il Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano non abbia ritenuto di fornire il suo contributo, dato che si tratta di una tematica che attraverso trasversalmente le attività tutte del dicastero che guida.
Filo comune di tutti gli interventi un sano approccio umanistico, ovvero l’esigenza di una tecnologia che non sia autoreferenziale bensì funzionale al progresso umano, attraverso la difesa della creatività, sul piano dell’originalità dei contenuti, che non possono costituire il “database di servizi” – impropriamente definiti di “intelligenza artificiale” – che hanno un intento meramente commerciale, a discapito dei diritti morali ed economici dei creatori, ma soprattutto del diritto degli utenti – in particolare delle nuove generazioni – ad essere destinatari di bellezza e valori e ad essere attivi e non solo reattivi. Cittadini, insomma, e non soltanto consumatori.
Complessivamente, quindi, una stimolante occasione di confronto.
La digitalizzazione sta paradossalmente impoverendo sempre più il tessuto professionale dei creativi: l’Intelligenza Artificiale accelera il processo
Ci sembra siano però mancati dati e analisi su quel che sta accadendo a tutte le professioni culturali e artistiche, in tutto il mondo (ed anche in Italia naturalmente): uno strisciante e continuo processo di depauperamento. Come l’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult sta studiando da anni, pochi sembrano rendersi conto che la digitalizzazione sta paradossalmente impoverendo sempre più il tessuto professionale dei creativi. Pochissimi tra loro si arricchiscono assai, ma la stragrande maggioranza si sta impoverendo.
E l’intelligenza artificiale determinerà una grande accelerazione della espulsione dal mercato del lavoro di moltissimi creativi. Questa è la dura e crudele verità.
L’I.A. non guarderà in faccia nessuno – dai doppiatori ai giornalisti – e continuerà a silenziosamente mietere molte vittime, se lo Stato non interverrà, presto ed in modo deciso, imponendosi nel “governo degli algoritmi” (e non possiamo non richiamare le lucide tesi di Michele Mezza, che da anni martella su questo tema delicatissimo e strategico).
Il processo in atto è molto più profondo e pericoloso di quanto non si percepisca, ed è stupefacente che nel convegno questo allarme non sia emerso nella sua profonda gravità. Chi redige queste noterelle era stato invitato a presentare una relazione, purtroppo un imprevisto gliel’ha impedito, ma ci sarà certamente occasione di tornare su questi temi, anche sulle colonne del quotidiano online “Key4biz”.
Soltanto una minima parte dei professionisti della creatività sopravviverà allo tsunami evocato dal coordinatore del convegno Alessandro Occhipinti Trigona: lo tsunami è più imminente e sarà più devastante di quanto si possa pensare.
Torneremo presto su questi scenari – non apocalittici, ma inquietanti – anche su queste colonne.
Ha chiuso l’incontro Raffaele Buranelli, a nome degli attori del Registro Attrici Attori Italiani (Raai).
Il “Manifesto degli Autori” italiani sull’Intelligenza Artificiale
A conclusione dell’iniziativa, è stato presentato un “Manifesto” il cui incipit è “Siamo autori, creativi, artisti, intellettuali, scrittori, poeti, drammaturghi, registi, illustratori, fumettisti, traduttori, il cui lavoro è essenziale nei processi di produzione culturale, dall’editoria al teatro, dalla radio al cinema e alla televisione”.
Il “Manifesto degli Autori”, di cui qui riportiamo qui di seguito le tre richieste finali, è stato letto per intero da Lia Bruna:
- “a monte, la trasparenza nell’utilizzo di materiale protetto da copyright per addestrare programmi di intelligenza artificiale, nonché la contrattualizzazione della cessione dei diritti di sfruttamento economico delle opere usate per addestrare software aventi finalità commerciali”;
- “a valle, la trasparenza sulla natura dei prodotti per i quali è stato fatto uso di software di intelligenza artificiale: come il pubblico, da utilizzatore, deve poter sapere che sta interagendo con una macchina, allo stesso modo, da consumatore, deve poter sapere che sta fruendo di un contenuto (un testo, un’immagine, un video, un’opera) generato da un software di intelligenza artificiale”;
- “in generale, leggi che tutelino la libertà contrattuale degli autori, in un mercato caratterizzato da forte squilibrio di potere negoziale e da asimmetrie informative, prevedendo compensi equi, trasparenza delle condizioni, limiti inderogabili alla cessione dei diritti di sfruttamento economico delle opere”.
È stata lanciata anche l’idea della costituzione di un Osservatorio sull’Intelligenza Artificiale, osservata giustappunto dal punto di vista culturale, creativo, artistico. Iniziativa sulla quale stanno peraltro ragionando anche i promotori delle iniziative dello scorso 30 marzo e del prossimo 28 giugno a Palazzo Falletti.
L’Osservatorio dovrebbe avere il compito di monitorare costantemente gli sviluppi tecnologici (nelle loro ricadute sociali e culturali), vigilare sugli abusi che dalle loro applicazioni potrebbero derivare, e finanche sollecitare interventi legislativi con un’opera di sensibilizzazione politica, affinché la libertà di espressione, i diritti, il lavoro artistico e creativo degli autori ottengano le giuste tutele.
Si segnala che la video-registrazione del convegno del 20 giugno 2023 è disponibile sia sul canale YouTube dell’Anac sia su RadioRadicale.
Da segnalare (lamentare) infine che, così come per l’iniziativa del 30 marzo, anche l’iniziativa del 20 giugno ha purtroppo registrato una rassegna stampa e web modestissima, quasi inesistente.
A cosa attribuire questo deficit di disseminazione?! Inefficacia promozionale di uffici stampa inadeguati oppure… disinteresse dei giornalisti, ancora attratti soltanto dagli aspetti tecnologici ed economici della rivoluzione dell’I.A. e non dalle preoccupanti ricadute in ambito sociale e culturale?!
Anche questa è una dinamica sulla quale è necessario avviare una riflessione.
Clicca qui per il “Manifesto” sull’Intelligenza Artificiale promosso da Aut (Aut Autori Federazione), Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici), Cendic (Centro Nazionale Drammaturgia Italiana Contemporanea), Anart (Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi e Teatrali), Aidac (Associazione Italiana Dialoghisti Adattatori Cinetelevisivi), Ai (Autori di Immagini), Icwa (Italian Children’s Writers Association), Sns (Sindacato Nazionale Scrittori), Strade (Traduttori Editoriali), Una (Unione Nazionale Autori), presentato a conclusione del seminario “L’autore di parola e di immagine tra realtà fattuale e intelligenza artificiale”, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 20 giugno 2023.
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) e curatore della rubrica IsICult “ilprincipenudo” per “Key4biz”.