Aiutare chi soffre di schizofrenia, autismo o altri disturbi sociali con l’aiuto di robot umanoidi o di avatar.
È questo l’obiettivo del progetto ALTEREGO, finanziato dalla Ue con 2,9 milioni di euro, che ha sviluppato un nuovo metodo clinico per aiutare i pazienti ad adattare il proprio comportamento interagendo con avatar e robot.
Il progetto ALTEREGO, avviato a febbraio 2013 e concluso a luglio di quest’anno, si è avvalso della collaborazione di medici, psicologi, psichiatri, specialisti di computer e di movimento umano, nonché esperti di matematica e robotica di 4 paesi (Regno Unito, Francia, Germania e Svizzera).
Il progetto si è incentrato sul concetto di somiglianza, una nuova teoria inter-disciplinare che associa la neuroscienza del movimento e la scienza cognitiva. Secondo questa teoria è più facile interagire socialmente con qualcuno che ci somiglia dal punto di vista morfologico (la forma di una persona), comportamentale (le sue azioni) o cinematico (il modo in cui si muove).
I ricercatori hanno registrato con delle videocamere i movimenti di circa 40 pazienti, creando un’architettura digitale in grado di condizionare in tempo reale il modo di muoversi dei pazienti, attraverso l’interazione, con i robot umanoidi o con gli avatar realizzati usando tecniche di realtà virtuale.
Gli studi, ha detto Benoît Bardy, direttore del Centro europeo per la ricerca sul movimento umano (EuroMov) all’Università di Montpellier, hanno permesso di individuare quella che gli scienziati hanno definito “firma motoria” o individual motor signature IMS – un modo unico di muoversi che caratterizza ciascun individuo e che ci distingue gli uni dagli altri.
“Quando abbiamo implementato la nostra architettura in giochi di manipolazione sincronizzata – in cui il paziente e avatar imitano i movimenti a vicenda – abbiamo scoperto che tra firme motorie simili aumenta l’affiliazione, l’empatia, e le competenze sociali”, ha detto Bardy, secondo il quale, quindi, la somiglianza nel modo in cui ci si muove sembra creare le migliori condizioni per l’interazione con le persone che non conosciamo.
“Siamo estremamente soddisfatti dei risultati che aprono nuove strade per la diagnosi e il trattamento dei disturbi mentali”, ha detto il professor Ludovic Marin, il coordinatore scientifico del progetto.
Attualmente sono in corso ulteriori studi con i pazienti, le famiglie e gli psichiatri per valutare gli effetti a lungo termine del metodo di AlterEgo. L’obiettivo è quello di sviluppare applicazioni che i pazienti potranno usare a casa per acquisire competenze sociali in un periodo di tempo più lungo, attraverso sempre l’interazione con gli avatar.
I pazienti hanno lavorato anche con iCub, il robot umanoide sviluppato una decina di anni fa da un team di ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova nell’ambito di un altro progetto dell’UE, ROBOTCUB.
L’interazione con il robot è più complessa ma ha permesso di testare anche l’interazione con qualcuno completamente diverso.