Intel ha annunciato una massiccia ondata di licenziamenti: 12 mila persone, pari all’11% del totale. Una decisione sicuramente non indolore, ma necessaria per reinventarsi e sopravvivere al sesto trimestre consecutivo di calo delle vendite di Pc.
Fagocitate dal successo di smartphone e tablet, le vendite di personal computer al primo trimestre di quest’anno hanno raggiunto il punto più basso da un decennio a questa parte, registrando un calo del 9,6%. Si tratta, per altro, del sesto trimestre consecutivo col segno meno.
Intel, il cui fatturato è strettamente legato all’andamento del settore (non a caso è conosciuta come ‘The PC Company’) non può ora sperare in un recupero tale da tornare ai fasti del passato e sta quindi cercando di concentrarsi su aree a maggiore rendimento e a ‘prova di futuro’, quali il cloud e l’Internet of Things e quindi i chip per data center e dispositivi connessi.
La trimestrale del principale produttore mondiale di semiconduttori, a dire il vero, è andata oltre le attese degli analisti. I primi tre mesi di quest’anno sono stati archiviati con utili di poco superiori ai 2 miliardi di dollari (54 centesimi per azione contro i 45 dell’anno scorso e i 47 attesi dagli analisti) su un fatturato di 13,8 miliardi (12,8 un anno fa e 13,73 attesi dagli analisti). Lo stesso però, l’azienda ha annunciato la più massiccia ondata di licenziamenti dopo che, tra il 2005 e il 2009, fu costretta a ridurre il personale a causa della crisi finanziaria globale e della forte concorrenza dei produttori asiatici.
Alla fine del 2009, Intel contava quasi 80 mila dipendenti. Attualmente ne conta 107 mila e si è mantenuta sopra i 105 mila dal 2012.
Intel non è per altro l’unica azienda hi-tech americana a licenziare: nel primo trimestre nell’intero settore si è arrivati a quota 17 mila dai 6,860 del primo trimestre 2015. All’inizio di quest’anno è stata Dell a cominciare il balletto dei licenziamenti, annunciando 10 mila tagli. Lo scorso anno Hewlett-Packard ha licenziato 30 mila persone (80 mila in tutto dal 2013) e Microsoft 7.800.
Nel 2015, il settore ha perso circa 79 mila dipendenti e peggio è andata nel 2014 quando i licenziamenti si sono attestati a 100,757 ed è stato l’anno peggiore dal 2009 (175 mila licenziamenti) secondo i calcoli di Challenger, Gray & Christmas.
Il settore è quindi entrato in una spirale discendente da cui non si riprenderà più?
Non è proprio così, come nota il ceo di Challenger, Gray & Christmas, John Challenger.
“Più semplicemente – spiega – l’industria si sta trasformando e se le aziende non accompagnano il cambiamento ricentrando le loro attività e cercando di ottenere una struttura più snella rischiano l’estinzione. Avremo sempre bisogno di tecnologia ma sta rapidamente cambiando il modo in cui interagiamo con essa e anche il dove e il quando”.
Sarebbe pertanto sbagliato assumere che l’aumento del numero dei licenziamenti sia un segno della debolezza del settore, che rimane “un’area di solida crescita”, ha aggiunto.