Inquinamento e riduzione del PIL mondiale, lo studio
Le emissioni nquinanti non sono solamente nocive per la nostra salute e quella dell’ambiente in cui viviamo. Anche l’economia ne risente e tanto. Secondo un nuovo studio pubblicato dal Dartmouth College sul Climate Change Journal, tra il 1990 ed il 2014, cinque stati ad alta intensità di inquinamento hanno causato perdite al PIL globale quantificabili attorno al 14% annuo.
Stati Uniti, Cina, Russia, India e Brasile hanno causato danni economici al prodotto interno lordo mondiale pari a 6 trilioni di dollari, si legge nel sommario della ricerca.
Stati Uniti e Cina solamente raggiungono il 60% del danno totale calcolato dagli studiosi e quantificabile in 3,74 trilioni di dollari nei 25 anni presi in esame. Russia, India e Brasile sono responsabili più o meno 500 milioni di dollari di danni a causa delle loro emissioni inquinanti.
Cinque Paesi da soli si arricchiscono sulle spalle dell’economia globale
I principali emettitori di CO2 e altri gas serra sono quelli che massimizzano i vantaggi dello sviluppo industriale e allo stesso tempo causano i maggiori danni al resto del mondo (che inquina molto meno).
Questi cinque Paesi, infatti, sono responsabili del 67% dei danni complessivi al PIL globale e contemporaneamente godono del 70% dei benefici diretti ed indiretti derivanti dallo sfruttamento intensivo dei combustibili fossili.
Gli USA sono responsabili del 16,5% delle perdite economiche planetarie e godono del 18% dei vantaggi complessivi, seguiti dalla Cina rispettivamente con il 15,8% e il 16,8%.
Sostanzialmente, chi continua ad impiegare gas, petrolio e carbone nella propria economia gode dei vantaggi immediati in termini di crescita della produzione e dei consumi, senza pensare alle conseguenze negative, che comunque arriveranno inesorabilmente anche all’interno di questi Paesi (e in realtà sono già manifeste).
Inquinamento e clima, una lunga teoria di rischi e danni concreti a cose e persone
Per tutti gli altri ci sono solamente conseguenze negative, in termini di riduzione del PIL nazionale, di peggioramento della salute degli abitanti (a partire dalla qualità dell’aria che respiriamo), di inquinamento ambientale e delle risorse primarie (tra cui acqua potabile), di fenomeni meteo estremi che portano danni alle persone e alle cose, tra cui le infrastrutture strategiche locali (energetiche, idriche, alimentari, delle telecomunicazioni, industriali e dei trasporti, solo per citare le più rilevanti).
Il surriscaldamento globale in atto porta con sé ondate di calore estreme più frequenti ed intense, siccità, carestie, raccolti agricoli più scarsi, mancanza di acqua (soprattutto potabile), difficoltà di accedere in maniera equa all’energia e alle altre risorse primarie, con danni crescenti alle imprese e all’industria.
I cambiamenti del clima determinati dall’attività umana portano con sé fenomeni meteo estremi, come nubifragi e inondazioni improvvise, allagamenti e smottamenti del terreno, frane e dissesto idrogeologico diffuso, con distruzione delle infrastrutture strategiche e il blocco di intere economie, senza contare i danni alle case e alle persone (che hanno un costo anch’essi).
In uno scenario di forte incertezza come questo, aggravato dalla guerra in Ucraina e dalle tensioni geopolitiche internazionali, vengono meno anche gli investimenti nei settori chiave di tutti i Paesi e quindi si mettono a repentaglio decine di milioni di posti di lavoro, gettando le famiglie nella povertà e in una nuova era di scarsità.