Una vacca produce 300-500 litri di metano, il terzo gas più dannoso
Le mucche sono una fonte di inquinamento? Pare proprio di sì. Sono infatti la principale fonte di produzione di metano in Europa, il gas che aumenta drasticamente l’effetto serra e contribuisce a surriscaldare la Terra. Sia la FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) che il WWF (l’organizzazione internazionale non governativa di protezione ambientale) hanno lanciato l’allarme: il settore dell’allevamento di bestiame produce più gas serra (18%) rispetto al sistema mondiale dei trasporti (14%). Per cui, se da una parte l’industria dei bovini contribuisce a garantire carne e latticini per una popolazione mondiale che nel 2050 sarà di 10miliardi di persone, dall’altro preoccupa il suo impatto sulla crisi climatica. Dobbiamo iniziare, allora, a mangiare meno carne? Non solo.
Gli allevamenti intensivi causano inquinamento
Gli allevamenti intensivi comportano una produzione delle emissioni totali di gas serra del 14,5%, utilizzano il 20% delle terre come pascolo e si usa il 40% dei terreni coltivati per produrre mangime. A questo poi, ovviamente, dobbiamo aggiungere anche il consumo di acqua quotidiano per gli animali. Insomma, per l’ambiente allevare mucche o altri animali non è proprio conveniente. Ma quanto inquina mediamente una mucca?
Quanto gas metano produce una mucca
In media, secondo uno studio del WWF, una vacca in un solo giorno rilascia nell’aria tra i 300 e i 500 litri di metano a causa dei microorganismi coinvolti nei processi digestivi tipici dei ruminanti. E se consideriamo che il metano è ben 30 volte più potente dell’anidride carbonica, comprendiamo bene quanto possa far male all’ambiente. Ma le mucche non producono solo metano. Anche le loro urine contribuiscono ad aumentare il livello di inquinamento di aria, acqua e suolo. Perché? Semplice, l’urina contiene azoto che, quando si mescola con le feci, si trasforma in ammoniaca sprigionando il protossido di azoto, ovvero il terzo gas responsabile del cambiamento climatico che stiamo vivendo e il gas più presente nell’atmosfera dopo l’anidride carbonica e il metano. Se consideriamo anche un’eventuale contaminazione delle acque per via dei nitrati contenuti nelle urine, è abbastanza evidente come le mucche possano diventare un vero e proprio problema per l’ecosistema.
Le fonti di inquinamento
Le mucche sono solo una delle “fonti” di inquinamento. Come si vede nel grafico sopra, il 41% delle emissioni mondiali di metano proviene da fonti biogeniche (cioè naturali) come gli incendi o le zone umide. Il restante 59% è antropico (cioè dipende dall’attività umana) ed è dovuto alle produzioni intensive agricole (40-53%), all’uso di combustibili fossili (19-30%) e ai rifiuti (20-26%).
L’agricoltura produce più della metà di metano
Analizzando i dati a livello europeo, il 53% delle emissioni di metano proviene dall’agricoltura, il 26% dai rifiuti e il 19% dall’energia. Il metano di origine zootecnica proviene principalmente dalla fermentazione enterica, cioè le flatulenze per intenderci, per l’80,7% e dal letame per il 17,4%. Il contributo della risicoltura è, invece, minimo: 1,2%. Il bestiame infatti rilascia metano attraverso i microorganismi che sono coinvolti nel processo di digestione animale (fermentazione enterica), e protossido di azoto attraverso la decomposizione del letame. Come dire: se il pianeta si surriscalda è (anche) colpa del letame dei ruminanti.
I rifiuti aumentano la quantità di metano nell’atmosfera
Ma anche i rifiuti contribuiscono all’aumento della quantità di metano nell’aria. Le emissioni provengono principalmente dalle discariche, dal trattamento dei fanghi di depurazione e dalle perdite degli impianti di produzione di biogas.
Quanto metano produce l’energia
E poi c’è il settore energetico, dove il metano è prodotto dai sistemi di produzione dei combustibili fossili, dai sistemi di trasmissione e distribuzione. Secondo le ultime stime, le emissioni di metano nel settore dell’energia sono pari al 54% dalle emissioni del comparto idrocarburi, per il 34% dal carbone e dall’11% dal settore residenziale o altri settori.
Come ridurre l’inquinamento delle mucche
Come possiamo quindi ridurre l’inquinamento delle mucche? Sono diverse le ipotesi avanzate: c’è chi propone di cambiare l’alimentazione del bestiame e puntare su una dieta a base di alghe, aglio o citronella, così da ridurre la produzione di letame; e chi, invece, propone persino di addestrare le mucche a fare i propri bisogni in specifici punti di raccolta per gestire al meglio i rifiuti, limitare le contaminazioni e ridurre le emissioni di gas metano. In alternativa, ovviamente, c’è anche l’invito a consumare meno carne, visto che per arrivare sulle nostre tavole il costo ambientale è piuttosto alto.
Cosa dice la Fao sulle mucche che inquinano
Ma come valutare l’inquinamento delle mucche? La Fao, l’Organizzazione mondiale che si occupa di sviluppo agricolo, ci ha provato e dopo aver studiato il problema ha detto che allevare una mandria di mucche produce un maggiore inquinamento delle automobili. Anzi, meglio: secondo la Fao se si considera l’inquinamento prodotto da tutti i ruminanti del mondo e l’intero parco auto mondiale e si studia quanto inquinano le prime e quanto le seconde si scopre che il 18% dell’inquinamento mondiale deriva dai ruminanti contro “solo” il 14% delle auto. Quindi, conclude, il riscaldamento globale è causato più dagli animali che dalle quattroruote. Secondo la Fao l’inquinamento di questi animali colpisce non solo l’atmosfera, ma anche la terra e le acque.
Sull’altro piatto della bilancia, però, ci sono 1,3 miliardi di persone che vivono e, spesso, sopravvivono utilizzando i prodotti, e non solo la carne, di questi animali. E, sempre secondo la Fao, il numero di queste persone è destinato ad aumentare. Infatti le previsioni dicono che entro il 2050 saranno 465 i miliardi di tonnellate di carne di animale che verranno consumati dagli attuali 229. La produzione di latte, invece, passerà da 580 a 1.043 milioni di tonnellate. Perché? Sia per l’aumento del benessere mondiale sia per l’ingresso massiccio nel settore della produzione di carne animale di giganti come Cina e India.
I dati si riferiscono al: 2020
Fonte: WWF, Fao, Commissione Europea