L’inquinamento dell’aria non smette di uccidere
Non c’è dubbio che l’inquinamento atmosferico sia una delle cause di morte più frequenti negli Stati dell’Unione europea e l’Italia è tra quelli dove si rischia maggiormente la vita a causa delle alte concentrazioni di particolato fine e di altri composti nocivi.
Secondo i nuovi dati pubblicati dall’Agenzia europea per l’ambiente (Eea), in Europa nel 2019 sono morte più di 307 mila persone negli Stati dell’Unione europea (UE) a causa del particolato fine o PM 2,5.
Nello specifico, l’Agenzia ha registrato 40.400 decessi prematuri per esposizione a biossido di azoto (NO2); 16.800 per esposizione all’ozono (O3).
Le malattie cardiache e l’ictus sono tra le cause più comuni di morte prematura, attribuibili all’inquinamento atmosferico, seguite dalle malattie polmonari (principalmente cancro ai polmoni).
Italia tra i Paesi con il maggior numero di decessi
L’Italia come detto è maglia nera nel continente, perché è risultata prima per morti premature per NO2, circa 10,640 decessi, e al secondo posto dopo la Germania per decessi legati al PM 2,5, in tutto 49.900, mentre sono 3.170 quelli dovuti all’esposizione all’ozono.
In totale, secondo i dati dell’Eea, nell’Ue a fine 2019 sono venute a mancare più di 357 mila persone a causa di concentrazioni di inquinanti oltre i limiti previsti da Bruxelles e dall’Organizzazione mondiale della sanità.
Fondamentale rispettare i limiti massimi giornalieri
Rispettando tali limiti si sarebbe evitato il 72% delle morti sopra elencate rispetto ai livelli del 2005, è specificato nello studio.
In particolare, si sarebbero potute evitare 178 mila morti premature solo per il Pm2,5.
I nuovi limiti dell’Oms sono di 5 µg/m 3 (1 μg/m3 equivale a un microgrammo di inquinante gassoso per metro cubo di aria).
L’ obiettivo del piano d’azione Zero Pollution rimane sempre la riduzione del numero di morti premature dovute all’esposizione al particolato fine del 55% entro il 2030.