Il nostro Paese nel mirino della Commissione europea per inadempimento “in ragione della perdurante violazione, in un certo numero di zone del territorio italiano, dei valori limite fissati per le particelle PM10 dalla direttiva «qualità dell’aria»”.
Stando a quanto sostenuto da Bruxelles, infatti, dal 2008 al 2017 l’Italia avrebbe superato, in maniera sistematica e continuata, nelle zone interessate, i valori limite giornaliero e annuale applicabili alle concentrazioni di particelle PM10.
Il nostro è il primo Stato in Europa per morti premature da biossido di azoto (NO2), secondo l’Air quality Report dell’Agenzia europea dell’ambiente, con circa 14.600 vittime all’anno.
Il nostro Paese vanta inoltre il numero più alto di decessi per ozono (3.000) e siamo al secondo posto per il particolato fine PM2,5 (58.600).
Ricorso Ue contro l’Italia
In aggiunta, oltre a tali violazioni, l’Italia non avrebbe neanche fatto nulla di concreto per evitare gli sforamenti, senza adottare misure più appropriate.
Ritenendo insufficienti i chiarimenti forniti in proposito dal nostro Paese, nel corso della fase precontenziosa del procedimento, la Commissione, il 13 ottobre 2018, ha proposto dinanzi alla Corte di Giustizia europea un ricorso per inadempimento.
La sentenza della Corte di Giustizia
Nella sentenza odierna, la stessa Corte ha stabilito che il fatto di superare i valori limite fissati per le particelle PM10 “è sufficiente, di per sé, per poter accertare un inadempimento alle summenzionate disposizioni della direttiva «qualità dell’aria»”.
La Corte ha inoltre dichiarato che, dal 2008 al 2017 incluso, “i valori limite giornaliero e annuale fissati per le particelle PM10 sono stati regolarmente superati nelle zone interessate”.
Il fatto che i valori limite in questione non siano stati superati nel corso di taluni anni durante il periodo considerato “non osta all’accertamento, in una situazione siffatta, di un inadempimento sistematico e continuato alle disposizioni in parola”.
Mancate contromisure
Riguardo alla mancata adozione di misure adeguate per garantire il rispetto dei valori limite fissati per le particelle PM10, la Corte ha ricordato che, in caso di superamento di detti valori limite dopo il termine previsto per la loro applicazione, “lo Stato membro interessato è tenuto a redigere un piano relativo alla qualità dell’aria che risponda ai requisiti di detta direttiva, segnatamente a quello di prevedere le misure adeguate affinché il periodo di superamento di tali valori limite sia il più breve possibile”.
La Corte sottolinea, inoltre, che, se è pur vero che un tale superamento non è sufficiente, di per sé, per dichiarare l’inadempimento agli obblighi incombenti agli Stati membri, ai sensi di dette disposizioni della direttiva «qualità dell’aria», e che essi dispongono di un certo margine discrezionale per la determinazione delle misure da adottare, “tali misure devono tuttavia, in ogni caso, consentire che il periodo di superamento sia il più breve possibile”.
Prossimi passi
Ogni volta che la Commissione (o uno Stato membro dell’Unione) propongono un ricordo alla Corte contro uno Stato membro per inadempimento, bisogna attendere l’accertamento delle violazioni stesse.
Oggi la Corte di Giustizia di Lussemburgo ha accertato tale inadempimento e ora per l’Italia c’è solo da conformarsi alla sentenza.
In caso contrario, la Commissione può procedere con sanzioni monetarie nei confronti del nostro Paese, anche molto pesanti.