Ogni anno più di 10 milioni di uomini e di donne muoiono per colpa dell’inquinamento. Il tragico bollettino emesso dalla rivista scientifica The Lancet indica in 7 milioni i morti per malattie cardiovascolari e respiratorie riconducibili alla miscela di gas inquinanti che soffoca la nostra atmosfera, soprattutto in ambienti urbani (e anche domestici).
Altri 2 milioni circa di decessi sono imputabili a infezioni gastrointestinali sempre conseguenza di inquinamento ambientale e idrico, mentre poco meno di un milione sono i morti dovuti a tumori e sostanze chimico-cancerogene liberate specialmente in ambiti lavorativi.
Un altro mezzo milione di decessi è da imputarsi al piombo.
Si tratta di dati diffusi dal nuovo studio della Commission on Pollution and Health, un progetto biennale che ha coinvolto oltre 40 autori di vari paesi del mondo. A partire dai dati del Global Burden of Disease, si è calcolato che i costi più prettamente sanitari collegati all’inquinamento sono pari al 7% della spesa sanitaria annua nei paesi a medio reddito e all’1,7% della spesa nei paesi ricchi.
L’inquinamento si compone di diverse fonti. Nel mix tossico che purtroppo va a peggiorare la qualità dell’aria che respiriamo ci sono tantissime sostanze nocive. Tutti i motori termici producono acqua, se alimentati a combustibili fossili producono anidride carbonica (CO2), mentre i veicoli alimentati a gasolio emettono principalmente particolato come PM10 e inferiori (PM2,5), idrocarburi (HC), ossidi di azoto (NOx) e biossido di zolfo (SO2).
Dai trasporti ai riscaldamenti, dall’industria agli usi domestici e ricreativi, il consumo di energia appare come una delle principali cause dell’inquinamento atmosferico e ambientale. In Italia nel primo semestre 2017 si è registrato un aumento dei consumi energetici pari all’1,6%, con conseguente aumento delle emissioni di CO2 del 2%.
È una conseguenza ovvia dell’aumento del PIL e di quella che Governo e media hanno rilanciato come ripresa economica nazionale. Il problema è che non c’è solo il PIL, ma anche altri obiettivi da raggiungere che concorrono e concorreranno al rilancio complessivo dell’economia e della competitività di tutta Europa, e sono obiettivi che parlano di sostenibilità ambientale, di decarbonizzazione dell’economia nel suo complesso.
In termini di low carbon economy, infatti, il nostro Paese non va benissimo, perché questo aumento di CO2 emessa si somma all’aumento registrato anche nel IV trimestre 2016 (+5%) e nel I trimestre del 2017 (+2,5%).
I dati forniti dall’Enea, nella nuova Analisi trimestrale del sistema energetico italiano, evidenziano un ulteriore peggioramento dell’indice ISPRED, che misura l’andamento di sicurezza, prezzi e decarbonizzazione nel nostro Paese.
Il mix energetico vede per il secondo trimestre una diminuzione del 7% delle fonti rinnovabili, con il risultato che a fine 2017, per la prima volta dopo diversi anni, la quota nel mix energetico di queste fonti potrebbe fermare la sua crescita.
Dall’Analisi emerge anche un ulteriore calo dei combustibili solidi (-9%) e del petrolio (-1%) e un nuovo significativo incremento sia dei consumi (+11% rispetto allo stesso periodo 2016), sia delle importazioni di gas naturale (+10% nel primo semestre 2017).
Questo aumento, insieme alla costante e strutturale diminuzione della produzione nazionale, fa sì che a fine anno la nostra dipendenza dal gas estero potrebbe superare il 92%, un nuovo record, con un ritorno ai massimi storici del peso del gas sull’energia primaria totale (38%).
“Se nel primo trimestre 2017 abbiamo rilevato un calo dell’indice del 10% su base annua, ora siamo a -17%, con -4% rispetto al trimestre precedente”, ha spiegato Francesco Gracceva l’esperto ENEA che ha coordinato l’Analisi.
“Il nuovo peggioramento è legato in particolare all’aumento delle emissioni, il terzo consecutivo dopo il +5% del IV trimestre 2016 e il +2,5% del I trimestre 2017. In questo scenario gli obiettivi europei di riduzione dei gas serra al 2020 restano comunque a portata di mano, ma il cambiamento della traiettoria di decarbonizzazione a partire dal 2015 rende più problematico il raggiungimento degli obiettivi al 2030”.
Nello specifico, l’indice ISPRED segnala il peggioramento sul lato sicurezza, sia degli indicatori del sistema elettrico, sia del gas, in uno scenario che negli ultimi anni ha visto riemergere alcune fragilità del passato. Sul lato prezzi, l’Indice indica un peggioramento del 14% per effetto principalmente del prezzo del gasolio che, seppur in discesa, risulta il più caro dell’intera Ue (“primato negativo” in condominio con la Svezia e legato alla diminuzione della fiscalità in altri Paesi membri).
Allo stesso tempo, aumentano i prezzi dell’energia elettrica per le piccole imprese (+1,3% del II trimestre con una stima di +3,7% nel III trimestre 2017) e del gas per le piccole utenze (+9% nel I semestre).