L'intervento

Innovazione, Mattarella: “Sovranità tecnologica non significa chiusura”

di Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica Italiana |

L'intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al XVII Simposio COTEC Europa “Sovranità tecnologica”.

Maestà,

Signori Presidenti delle Fondazioni Cotec di Spagna, Portogallo e Italia,

Illustri Partecipanti,

desidero anzitutto ringraziare Sua Maestà Felipe VI per l’accoglienza calorosa riservataci in questa splendida cornice di Las Palmas.

Vorrei rinnovare un pensiero di vicinanza e di amicizia al Presidente Marcelo Rebelo de Sousa comprendendo pienamente la sua decisione di restare in sede per seguire l’opera di coloro che stanno contrastando gli incendi che colpiscono il Portogallo e che stanno aiutanto i concittadini in difficoltà.

Ringrazio gli organizzatori del XVII Simposio Cotec che, come ogni anno, costituisce un foro privilegiato di approfondimento e dialogo per le agende nazionali ed europee.

Ancora una volta è stato scelto un tema di grande rilevanza e attualità, che si inserisce nella riflessione strategica in corso a Bruxelles e su cui è intervenuto recentemente, con un rapporto autorevole – come poc’anzi rammentava il Presidente Rebelo – anche Mario Draghi.

In quel rapporto – centrato come tutti sappiamo sulla competitività europea – il divario di produttività tra Unione Europea, Stati Uniti e Cina è imputato principalmente al settore tecnologico.

Come anche i vostri studi hanno rilevato, l’Unione Europea è debole nelle tecnologie emergenti, quelle che guideranno la crescita futura: soltanto quattro – come abbiamo poc’anzi ascoltato – delle cinquanta aziende tecnologiche più importanti del mondo sono, infatti, europee.

Possiamo quindi concordare sul fatto che l’Europa debba riorientare profondamente i suoi sforzi collettivi per colmare il divario di innovazione.

Spesso ci si riferisce all’Europa come al “vecchio continente”, ma è ben noto che questa espressione è sorta per distinguerla dal “nuovo mondo”, ma non per indicare un presunto irrimediabile invecchiamento della sua civiltà.

Un bilancio demografico, con sempre meno giovani, certamente costituisce motivo di allarme per il futuro. È dalle nuove generazioni che arriva la spinta al cambiamento e all’innovazione.

Ma mentre è utile porre in atto ogni possibile correttivo per invertire un trend così squilibrato, occorre, nel contempo, attivare politiche nei settori della formazione e della ricerca che affrontino il problema del divario tecnologico oggi, sollecitando il sistema industriale europeo a innovare, per essere resiliente e competitivo. Nelle imprese in ampia parte crescono i talenti dell’innovazione.

L’Europa deve fortemente accelerare, attuando misure che consentano di promuovere la sua capacità industriale nei settori ad alto contenuto tecnologico.

Essere presenti nelle filiere tecnologiche di frontiera, in quei settori che determineranno in modo sempre più incisivo le condizioni di vita nell’avvenire nonché la possibilità di rispondere alle numerose sfide del futuro – sostenibilità ambientale, lotta ai fenomeni di alterazione climatica, salute umana – pone le condizioni per poter consentire ai cittadini livelli di esistenza sempre migliori.

Le dinamiche internazionali sono sempre state segnate dalle nuove tecnologie.

In tempi recenti basta pensare alla corsa all’allunaggio degli anni Sessanta; alla sfida dei giorni nostri per il controllo dell’Intelligenza Artificiale.

La supremazia tecnologica è una componente rilevante nel rapporto tra gli Stati.

Il trasferimento delle tecnologie tra Paesi è sempre stato un segno di fiducia e di condivisione, di crescita.

In questa corsa, l’Europa deve poter competere a parità di condizioni e si impone, in questo senso, la capacità di dar vita a “campioni” europei, espressione di sovranità condivisa.

Le politiche pubbliche hanno, infatti, un ruolo determinante, sia sul terreno delle regole, sia nella creazione di condizioni utili a far crescere il mondo della ricerca e la correlata capacità di trasformare le nuove conoscenze in valore e in impresa.

Per restare competitivi servono risorse. Anzitutto fondi per i nostri sistemi educativi e per la ricerca – e in Italia permane un significativo deficit di istruzione nell’ambito delle lauree Stem (science, technology, engineering and mathematics) – oltre a intese che assicurino l’approvvigionamento delle materie prime indispensabili per la produzione delle nuove tecnologie.

La sovranità in campo tecnologico si nutre di questi fatti e di cooperazione, perché non è indifferente la questione della internazionalizzazione della ricerca e degli investimenti relativi, della tutela del valore strategico di alcuni ambiti.

Pensiamo ad alcuni aspetti rilevanti.

Il primo riguarda l’aerospazio e le sue ricadute, con la realizzazione di una capacità europea. Da alcuni anni i satelliti europei vengono messi in orbita attraverso lanciatori privati di Paesi terzi, a causa della indisponibilità dei motori russi usualmente impiegati per i razzi vettori.  Si tratta di un esempio delle criticità legate a carenze nelle scelte comunitarie in argomento.

Va segnalato come l’Europa abbia reagito durante la Presidenza spagnola dell’Unione, con l’accordo in sede di Agenzia Spaziale Europea, a Siviglia nel novembre scorso, i cui risultati cominciano a dare frutti: il nuovo grande lanciatore europeo Ariane ha superato con successo il primo test di volo, il lanciatore di medie dimensioni Vega ha in programma due test entro l’anno. In concreto, questo consentirà di mettere in orbita in modo autonomo le costellazioni satellitari approvate dall’ESA, finalizzate all’osservazione della Terra. Tra esse figurano i progetti dei nostri Paesi, “Atlántica”, ispano-portoghese e l’italiano “Iride”, che potrebbero un giorno condividere le informazioni raccolte.

La transizione digitale rappresenta una sfida epocale dei nostri tempi. Elemento costitutivo della digitalizzazione sono i microprocessori. Da molto tempo, in Europa, la produzione di questi dispositivi è marginale. L’Unione Europea è corsa ai ripari con un apposito Regolamento, dopo che il COVID aveva provocato la drastica riduzione di produzione in Cina e il crollo delle esportazioni, evidenziando una drammatica dipendenza europea dalla catena di approvvigionamento. Con questo regolamento sono state prese misure per la produzione di microchips nel territorio europeo. Purtroppo, come è noto, le materie prime necessarie alla produzione, non sono reperibili in Europa in quantità sufficiente. Anche per questo l’Unione ha adottato nello scorso marzo il Regolamento sulle materie prime critiche, per porre al sicuro questa ed altre catene di approvvigionamento strategiche.

L’Intelligenza Artificiale. L’Europa dispone di notevole potenza di calcolo e i supercomputer pubblici più potenti in Europa si trovano in Finlandia, in Italia e Spagna e Portogallo (con il progetto Deucalion). Dobbiamo tuttavia prendere atto che, ad oggi, i programmi di Intelligenza Artificiale generativa più avanzati e universalmente usati, sono statunitensi.

In Europa si usano già questi modelli estremamente sofisticati e difficilmente se ne potranno proporre di alternativi nel medio periodo, con tutte le conseguenze che ne derivano, anche in termini di omologazione. Quei dati saranno infatti usati per allenare i modelli dell’Intelligenza Artificiale generativa? Quale la tipologia di persona proposta, con quali valori etici? La tendenza è a usare banche dati anglosassoni, con il rischio di ridurre alla marginalità l’impatto della ricchezza delle altre culture nelle risposte fornite agli utenti. In questo caso Sovranità tecnologica e Identità culturale tendono a coincidere.

L’Unione Europea, attraverso la normativa sull’Intelligenza Artificiale, ha cercato di reagire, instaurando il primo quadro giuridico in assoluto sul tema, che affronta i rischi per l’esercizio della libertà dei cittadini insiti in questi strumenti e pone l’Europa in una posizione di avanguardia, di leadership a livello mondiale. È questo un esempio del valore dell’Unione, capace di affermare modelli e standard a livello internazionale. Basta ricordare l’esperienza nel settore delle telecomunicazioni messa a frutto con la rete Gsm o quella del sistema di navigazione satellitare Galileo per comprendere come l’Europa possa avere un ruolo.

Infine il tema della difesa e sicurezza che si è affacciato inevitabilmente, a seguito dell’aggressione della Federazione Russa alla indipendenza e alla libertà dell’Ucraina. È evidente il legame tra difesa e sviluppi tecnologici. Non mi soffermo su questi temi, affrontati poco fa nel dialogo con l’Alto Rappresentante Josep Borrell, con interessanti spunti di riflessione.

L’Alto Rappresentante ha toccato anche alcuni altri punti importanti di carattere generale dell’Unione che sarebbe interessante sostenere, approfondire e riprendere, ma è fuori dalla nostra giornata e non mi è consentito farlo.

Sovranità tecnologica, naturalmente, non significa chiusura, arroccamento o protezionismo, atteggiamenti che finirebbero per indebolire e per marginalizzare ulteriormente l’Europa e tutti gli Stati dell’Unione Europea.

Al contrario, è un cantiere in cui potenziare la ricerca, per affrontare con coraggio la transizione digitale, cogliendo i vantaggi della intelligenza artificiale nella gestione dei cambiamenti epocali che essa produce. È significativo che per sviluppare questo cantiere sia stata nominata un’apposita commissaria dell’Unione per la sovranità tecnologica, Henna Virkkunen.

L’apertura e la capacità di inclusione proprie alla cooperazione scientifica internazionale sono fattori essenziali perché l’accesso all’innovazione non resti prerogativa esclusiva di alcuni Paesi, ma contribuisca allo sviluppo e alla crescita equa e collettiva.

L’innovazione al servizio del progresso opera con efficacia all’interno di regimi liberi e democratici che hanno al centro la dignità della persona: in questo l’Europa ha il suo punto di forza e la sua caratteristica.

Spagna, Portogallo e Italia possono sviluppare un’azione di stimolo importante nell’Unione europea.

Il vostro Simposio è un incoraggiamento, è una spinta in questa direzione.

Vi ringrazio e vi auguro di proseguire lungo questo percorso.

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