Durante lo scorso anno c’è stato un vero e proprio boom di acquisizioni di imprese e startup del settore digitale britannico, con un aumento del 40% rispetto al 2015. Gli investimenti hanno toccato cifre record, fino a superare i 6,7 miliardi di sterline.
Un dato straordinario, che ha portato il Regno Unito in cima alla classifica dei mercati più dinamici nel settore M&A. Un trend che però ha subito un brusco stop proprio nelle settimane successive al referendum di giugno sulla Brexit.
Secondo gli ultimi dati riportati da The Telegraph, la spesa nel settore delle tecnologie digitali è caduta di colpo del 28% su base annua.
Fatto che chiaramente richiede un esame attento della situazione britannica. È solo l’effetto Brexit, o c’è dell’altro? Secondo il quotidiano inglese, sono proprio gli investitori a spiegare il dato: “Non sappiamo se si tratti di effetto Brexit o meno, perché in realtà il calo degli investimenti è stato avvertito già all’inizio del secondo semestre”.
Probabilmente c’è grande attesa di capire come andrà a finire questa separazione dall’Ue, dove c’è instabilità politica e mancanza di leadership gli investitori preferiscono restare a guardare (e il nostro Paese ne sa qualcosa).
Un calo così vistoso può avere diverse cause, ma in molti temono due pericoli: la fuga dei capitali e delle idee. Non è solo una questione di soldi, perché gli investimenti seguono sempre le idee e le competenze. Con l’uscita ormai inevitabile (o almeno un allontamento) di Londra dall’Unione europea si apre la possibilità per gli investitori di guardare altre piazze.
C’è Berlino certamente, ma anche Parigi e Lisbona, tutte ottime candidate ad ospitare grandi hub digitali, incubatori ed acceleratori di impresa, quasi a cercare di realizzare una Silicon Vallery europea.
Timori del tutto infondati, secondo gli analisti americani, perché le grandi tech company hanno avuto non pochi problemi con Bruxelles, rimanendo invece in ottimi rapporti con Londra.
Tutto sta a vedere come il mercato unico digitale dell’Unione europea (Digital single market) si evolverà nei prossimi mesi e anni, e come la spinosa questione regolatoria si andrà delineando. Avere un libero mercato per la circolazione di persone e capitali potrebbe risultare fortemente attrattivo per imprese globali ed investitori a discapito delle aziende tecnologiche britanniche.
Ulteriore elemento chiave in questa vicenda, infine, sono i dati, la loro circolazione e protezione. Una faccenda rilevante in termini di privacy e in termini di economia digitale. Gran Bretagna ed Europa dovranno confrontarsi sui big data, e secondo gli esperti il controverso “Investigatory Powers Act”, che dà mano libera all’intelligence britannica nel controllare l’attività online dei cittadini e probabilmente delle imprese, non sarà un ostacolo da poco da superare.
Una specie di tecnocontrollo generale in nome della sicurezza nazionale, che va a colpire a livello individuale e di massa, che obbliga i fornitori di servizi internet e le aziende IT a conservare tutti i dati delle nostre operazioni, mettendoli a disposizione degli ispettori 2.0 del Regno Unito.