L’economia mondiale ha bisogno di infrastrutture
La pandemia di Covid-19 ha cambiato le carte in tavola e forse anche il tavolo stesso. Prima dell’emergenza sanitaria, le infrastrutture dei trasporti, come i porti e gli aeroporti, per fare un esempio, erano considerate alla stregua di settori di nicchia in cui investire, tutto sommato sicuri, affidabili e prevedibili.
Il loro blocco dovuto alle politiche di contenimento della pandemia attraverso blocchi a restringimenti delle attività economiche, commerciali e sociali, hanno modificato questa percezione e il sentiment generale degli investitori, ormai, è orientato alla diversificazione.
Infrastrutture digitali e sostenibili
Ecco che quindi le infrastrutture digitali e sostenibili, energetiche e della logistica, per fare qualche altro esempio, sono improvvisamente finite sotto i riflettori. Settori che fino a qualche anno fa si faticava anche a considerare come infrastrutture oggi sono i veri protagonisti del mercato e in borsa.
Nel 2020 sono stati investiti in 1.477 progetti di infrastrutture sostenibili (dalle fonti energetiche rinnovabili al trasporto pubblico a basse/zero emissioni, fino all’economia circolare) più di 272 miliardi di dollari in tutto il mondo.
Cifra che è più di tre volte il numero totale di progetti infrastrutturali sostenibili annunciati un decennio fa e quasi il doppio del valore totale dei dollari investiti.
Le infrastrutture digitali, invece (dal cloud alla fibra ottica, dal 5G ai data center), saranno il cuore della futura crescita economica, visto che il traffico internet è atteso raggiungere gli 85 zettabytes l’anno entro il 2024, mentre gli utilizzatori di internet potrebbero raggiungere i 5,3 miliardi di individui entro il 2023 (i due terzi della popolazione mondiale).
Il 30% dei lavoratori americani è stata impiegata in smart working durante la pandemia di Covid nel 2020, altro importante elemento per comprendere quanto queste infrastrutture siano necessarie per rendere più flessibile, efficiente e sicuro il mondo del lavoro alla prova delle grandi emergenze del nostro tempo (compresi gli effetti diretti dei cambiamenti climatici, come tempeste e onde di calore e/o gelo).
La transizione digitale creerà di fatto un mercato mondiale che entro il 2027 potrebbe raggiungere un valore complessivo di 1,3 trilioni di dollari, con un tasso di crescita medio annuo (Cagr 2021-2027) del +21%.
I buoni investimenti
Da una parte c’è l’effetto novità, dall’altra anche la consapevolezza che questi ambiti di investimento sono ormai centrali nello sviluppo economico e sociale di ogni Paese e altrettanto per il benessere collettivo e ambientale da qui ai prossimi decenni.
In poche parole si tratta di buoni investimenti a lungo termine, perché riguardano gli approvvigionamenti energetici sicuri, sostenibili e più giusti, le reti digitali e la connettività ultraveloce che sono il cuore della crescita economica futura e dell’inclusività sociale, il problema dell’invecchiamento della popolazione e delle nuove esigenze sociali per una più diffusa giustizia sociale ed economica tra le generazioni.
Ovviamente niente è facile e niente va dato per scontato. Gli investitori istituzionali e privati possono fare la differenza con le strategie ESG e SRI, ma c’è bisogno di un quadro di regole più chiaro e certo per tutti.
La green economy non è ancora una vera e propria realtà, il suo percorso sarà irregolare e a tratti difficoltoso, ma certo l’aspettativa di tutti è che presto imboccheremo definitivamente e più concretamente un percorso economico davvero orientato alla neutralità climatica.
C’è un gap globale da recuperare
Al momento, il mondo deve affrontare ancora un gap infrastrutturale da 15 trilioni di dollari, legato a piani nazionali di investimento ancora di vecchio tipo, non adeguati ai cambiamenti in atto, ma anche a barriere interne ancora alte, come la burocrazia e gli interessi di parte o le politiche di austerity che tanto andavano di moda nel mondo pre-Covid.
Secondo un’analisi di financialounge.com, nei mercati privati il capitale investito in fondi dedicati alle infrastrutture non quotate è pari a 700 miliardi di dollari, mentre cresce l’interesse anche per quelle quotate, con una crescita esponenziale di settori innovativi quali i trasporti alternativi ed il social housing (case di cura e residenze per studenti).