La Camera Nazionale della Moda Italiana ha diffuso di recente delle “Linee guida e regole interpretative per gli influencer” allo scopo di “riassumere le best practices attualmente adottate dai brand del settore”, dopo un confronto tra le “aziende leader della moda italiana, selezionate tra quelle particolarmente attive nell’ambito dei social network”.
Sorprende che non vi sia stato modo di confrontarsi anche con l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, che dal 2016 ha lanciato la Digital Chart offrendo agli operatori strumenti concreti per rendere riconoscibile e trasparente la comunicazione commerciale online. Digital Chart che ha dato spunto a numerose decisioni inibitorie, anche nel settore della Moda.
Il Segretario Generale IAP, Vincenzo Guggino, ha commentato: “L’Autodisciplina pubblicitaria, quale “casa comune” della comunicazione commerciale responsabile, è la sede più concreta dove far emergere le istanze e le eventuali specificità settoriali, all’interno di un sistema di controllo autorevole perché imparziale e competente. Pertanto raccogliamo l’invito della Camera della Moda al dialogo con le Istituzioni per far emergere le legittime esigenze del settore, evitando che appaiano una difesa corporativa, avulsa dal trend regolatorio e consumeristico di cui l’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria è credibile assertore”.
Un confronto con l’Autodisciplina avrebbe, ad esempio, chiarito e “rassicurato” gli estensori del documento della Camera, che nel caso di forniture a titolo gratuito di prodotti da parte del brand all’influencer la Digital Chart non richiede che si apponga “# ad”, e che dunque siano etichettati come pubblicitari i contenuti diffusi online dall’influencer, ma prevede che tale circostanza venga chiarita attraverso disclaimer quali “prodotto fornito da (brand)” o espressioni simili, anche in lingua inglese. Per inciso, anche l’AGCM ammette espressioni analoghe.
Negli ultimi tempi, si legge in un articolo sull’argomento scritto da Massimiliano Dona, l’Unione Nazionale Consumatori ha intensificato l’attivitĂ di monitoraggio del fenomeno influencer marketing che, ben lungi dall’affievolire la sua pressione comunicativa, va estendendosi a forme “innovative” come, ad esempio l’ampio catalogo di sponsorizzazioni dei brand a favore di personaggi televisivi che postano foto dal “dietro le quinte”
Il campo dell’influencer marketing, sia per dimensione che per l’eterogeneità degli attori, necessita una comunanza di sforzi da parte di coloro che credono che il rispetto delle regole, quella della trasparenza in primis, sia fondamentale non solo per lo sviluppo del mercato ma anche per la sua stessa esistenza.
Per tale ragione lo IAP, forte della radicata esperienza maturata in oltre 50 anni di attività , da subito si è proposto come parte proattiva nell’offrire regole condivisibili, mutuate peraltro dalle esperienze più virtuose internazionali nel settore, oltre che come polo di aggregazione degli operatori dell’influencer marketing, e infatti alcuni dei più importanti hanno aderito.
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