Investire in banda larga fissa e mobile produce più ricchezza in termini di Pil e diminuisce l’emissione di CO2. Ma l’Italia è indietro e il quadro normativo non aiuta le telco. E’ quanto emerge da un report realizzato dalla Luiss Business School e sostenuto da WindTre.
Vantaggi della banda larga
In dettaglio, per ogni miliardo di euro investito in banda larga mobile e fissa, il valore totale della produzione cresce, rispettivamente, di 2,6 e 2,7 miliardi di euro. All’aumento della penetrazione della banda larga, inoltre, corrisponde non solo una crescita del PIL, ma anche una riduzione delle emissioni di CO2. Con riferimento, poi, ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici, lo studio sottolinea l’urgenza di uniformare la normativa vigente in Italia, molto restrittiva, a quella adottata prevalentemente in Europa. L’adozione di limiti elettromagnetici più severi di quelli raccomandati dalle istituzioni internazionali è infatti associata a una mancata crescita del PIL pro capite pari al 3,2 per cento.
Corti (WindTre): ‘Norme incoraggino le telco’
Gianluca Corti, amministratore delegato designato di WINDTRE, ha confermato nel suo intervento che “il processo di digitalizzazione del Paese non può prescindere da un assetto normativo che incoraggi l’intervento delle telco, da sempre impegnate con investimenti ingenti in un contesto di mercato che risulta, invece, iper-competitivo e con una regolamentazione in gran parte sfavorevole al medio e lungo termine. La ricerca di Luiss Business School, con un’analisi organica e rigore metodologico, mette nero su bianco gli effetti sistematici di norme e burocrazia inadeguati a un paese moderno che deve affrontare la competizione globale. È diventato urgente un intervento di sistema che affronti i nodi della burocrazia, che investa nella cultura digitale e introduca il credito d’imposta per stimolare gli investimenti del settore manifatturiero nelle infrastrutture di telecomunicazione”.
Matteo Caroli, Associate Dean for Internationalization e Direttore Area Ricerca applicata e Osservatori, Luiss Business School, ha aggiunto: “Il settore delle Telco rappresenta un asset fondamentale per l’economia del nostro Paese e gioca un ruolo di primo piano nel processo di transizione digitale. La nostra ricerca restituisce la fotografia di un comparto che sconta alcune problematiche che caratterizzano il sistema Italia ma, allo stesso tempo, vuole essere un punto di partenza per promuovere una nuova politica industriale che punti su un rinnovato ruolo delle istituzioni e su un tandem pubblico-privato che, partendo dal confronto, favorisca politiche virtuose che stimolino la crescita economica sostenibile e incentivino il processo di transizione digitale e lo stesso sviluppo delle competenze necessarie a tal fine”.
I vantaggi della banda larga mobile
In relazione all’investimento in banda larga mobile, “per ogni miliardo di euro complessivamente investito, la produzione lorda totale (beni finali e intermedi necessari per soddisfare quell’incremento di domanda finale) cresce di 2,6 miliardi di euro. Allo stesso tempo, il valore aggiunto cresce di 976 milioni di euro. Significativo è anche l’impatto occupazionale generato dall’investimento: complessivamente per ogni miliardo di euro di investimento si contano più di 15.000 unità di lavoro FTE. I valori ottenuti in riferimento all’investimento in un’infrastruttura fissa a banda larga sono moderatamente superiori: quasi 2,7 miliardi di euro di incremento del valore della produzione, quasi 17.000 unità di lavoro FTE, e oltre 1 miliardo di valore aggiunto”.
L’aumento del PIL
Il report aggiunge poi che “Un aumento del 10 per cento della penetrazione della banda larga produce un aumento di circa l’1 per cento del PIL (0,9 per cento nel caso di banda larga mobile). Inoltre, le analisi sottolineano l’importanza della qualità istituzionale. Paesi con sistemi di istituzioni più efficienti crescono maggiormente rispetto agli altri: un incremento del10 per cento dell’indice di qualità istituzionale comporta una crescita del PIL tra lo 0,8 per cento e l’1,1 per cento (rispettivamente nel caso della banda larga fissa e mobile). Altro risultato significativo mostrato dalle analisi è che i paesi che adottano limiti elettromagnetici più severi di quelli raccomandati da istituzioni internazionali (in particolare l’ICNIRP) crescono meno. In ultimo, nell’analisi econometrica relativa alle determinanti delle emissioni di CO2 la variabile “Penetrazione della banda larga fissa” ha coefficiente negativo, ad indicare che a una maggiore penetrazione della banda larga corrisponde una riduzione delle emissioni di CO2”.
I ritardi dell’Italia
L’Italia risulta al di sotto della media europea peri livelli di:
a. copertura in 5G
b. copertura delle reti fisse ad alta capacità (VHCN)
c. penetrazione della banda larga fissa
d. penetrazione della banda larga fissa ad almeno 100 Mbps
e. penetrazione della banda larga mobile
f. utilizzo di Internet
g. competenze digitali (di base e avanzate)
h. imprese che dotano i propri dipendenti di dispositivi mobili connessi a Internet
i. adozione di tecnologie digitali
I ricavi degli operatori TLC in Italia siano passati dai quasi 46 miliardi di euro del 2007 a meno di 29 miliardi di euro nel 2020, con una riduzione di circa il 37,5 per cento nel periodo, e di quasi 5 punti percentuali nell’ultimo anno.
Problemi strutturali
I problemi strutturali del mercato delle Tlc in Italia sono, in sintesi, l’ipercompetizione che dal mobile si sta diffondendo anche nel fisso, la scarsità di incentivi all’investimento per le telco, chiamate ad ingenti investimenti per la realizzazione delle reti ultrabroadband; la selva di autorizzazioni per ottenere il via libera alla posa delle infrastrutture (fibra e antenne), i tempi biblici per ottenerle (una media di 270 giorni) con una miriade di interlocutori coinvolti.
Il nodo dei limiti elettromagnetici
Dallo studio emerge che l’adozione di limiti di esposizione inferiori a quelli raccomandati può comportare:
- reti costruite in modo non ottimale e allocazione potenzialmente inefficiente dello spettro radio;
- ii. problemi nell’adozione delle tecnologie radio più efficienti e meno inquinanti in termini elettromagnetici;
- iii. un incremento dei costi di investimento, dovuti alla necessità di moltiplicare i siti per la collocazione delle antenne;
- iv. difficoltà o impossibilità, specialmente nelle aree urbane, di identificare nuovi siti (con conseguenti comportamenti potenzialmente escludenti da parte degli operatori con apparati già collocati);
- v. paradossalmente, effetti negativi sulla salute dei cittadini. Con particolare riferimento ai punti iii e iv, la possibilità di riconfigurazione dei siti esistenti o di costruire nuovi siti appare connotata da molte difficoltà.
Si tratta di un’opzione estremamente costosa, sia in termini economici che temporali: alcune stime riferite al caso italiano quantificano in poco meno di 4 miliardi di euro l’incremento di investimenti richiesto agli operatori rispetto al caso dei limiti armonizzati; nel caso polacco, ITU stima la necessità di più che triplicare il numero dei siti nelle aree urbane, fattore che diventa quasi pari a 7 nel caso di aree urbane dense. Considerato che già attualmente gli operatori riscontrano molti problemi per individuare e accedere a nuovi siti tecnicamente idonei – da un lato perché oggettivamente difficili da reperire, dall’altro perché si moltiplicherebbero le occasioni di frizione con l’opinione pubblica e le procedure amministrative da affrontare -, questo scenario appare fortemente irrealistico. ITU evidenzia anche l’esistenza di possibili profili anti-competitivi, dovuti a comportamenti strategici escludenti posti in essere dagli operatori in ordine all’accesso ai siti.
Cosa fare per cambiare le cose
In linea generale, secondo il report, “occorre che in Italia l’assetto normativo-regolatorio sia modernizzato e reso pienamente coerente con l’obiettivo politico (urgente) di sostenere la trasformazione digitale, vale a dire: ripristini l’incentivo ad investire in capo alle telco consentendo loro di operare in un contesto caratterizzato da redditività adeguata, certezza dei tempi, norme disegnate e applicate in modo credibile. La semplificazione e l’accorciamento degli iter autorizzativi, ma soprattutto un sistema di premi e sanzioni che, nel rispetto delle competenze deglistakeholders coinvolti, disincentivi comportamenti meramente opportunistici – volti non al perseguimento degli obiettivi politicamente auspicati,ma di obiettivi personali (dividendo politico, di consensi, di visibilità) – e irrazionali e incentivi invece quelli virtuosi rappresentano le direttrici lungo le quali occorre muoversi”.