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Industria e servizi congelano 1.200 miliardi di fatturato. Due anni per tornare ai livelli di PIL pre-crisi in Italia

Il mondo delle imprese e del lavoro è in stato di fermo o quasi, per via dei decreti del Governo Conte delle ultime settimane, ma in realtà le nuove stime fornite da Focus Censis/Confcooperative ci dicono molto altro, mentre i dati sul prodotto interno lordo (Pil) sono sempre più grigi.

Poco più della metà delle imprese e dei suoi lavoratori non si sono fermati. In qualche modo la fase 2 parte da qui”, si legge nella presentazione del nuovo studioLo shock epocale: imprese e lavoro alla prova della lockdown economy”.

Imprese ferme a metà

In questa situazione, il motore produttivo del Paese lavora al 60% circa del proprio potenziale, secondo l’indagine, il che “innesca una catena degli effetti dirompente in termini di reddito, di domanda interna, di sostenibilità economica”.

Il congelamento” delle attività ha prodotto un impatto che, in termini di fatturato, ha riguardato 660 miliardi di euro nell’ambito dei servizi, 91 miliardi nelle costruzioni e 570 miliardi di euro per le imprese dell’Industria.

I provvedimenti di sospensione hanno avuto una maggiore incidenza, in termini di addetti, nel comparto dell’industria in senso stretto, con il 62,2% degli addetti dipendenti e indipendenti sospesi, su un totale di 3 milioni e 987mila. Il 58,6% dei sospesi su 1,3 milioni di addetti nel settore delle costruzioni e il 35,8% su 11,4 milioni di addetti nel settore dei servizi.

I rischi per il PIL italiano

Stando così le cose, si legge nello studio, il nostro Pil potrebbe metterci almeno due anni per recuperare i livelli pre-crisi, cioè per ritornare ai livelli di crescita stimati a gennaio scorso.

Anche alla luce delle nuove misure annunciate dal Governo con il decreto liquidità, serviranno “misure straordinarie, coraggiose e soprattutto veloci che consentano di non spegnere i motori, altrimenti, quando sarà passata l’emergenza, rischiamo di lasciare sul tappeto 1 milione di imprese”, ha commentato Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative.

In poche parole, si devono tenere accesi i motori del sistema imprenditoriale per consentire la ripartenza appena sarà possibile e “cercare il rimbalzo necessario per il nostro Pil”. In caso contrario, è spiegato nel documento, rischiamo di uscire da questo lockdown lasciando sul tappeto almeno il 20% delle imprese italiane.

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