Cinema, editoria, videogiochi, software, musica, stampa, siti archeologici, monumenti storici, sistema museale, sono questi i settori chiave dell’industria culturale e creativa italiana. Uno scenario di enorme valore economico, sia da un punto di vista quantitativo, sia qualitativo, che da solo vale quasi 90 miliardi di euro.
È il peso netto del Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC), cioè tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle attività che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, le imprese creative-driven.
Un peso che nel Rapporto 2017 “Io sono cultura – l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche e di Sida Group, corrisponde al 16,7% del valore aggiunto nazionale (leggi qui l’analisi critica di Angelo Teodosi Zaccone nella rubrica ilprincipenudo).
L’SPCC, secondo i ricercatori, è infatti in grado di muovere complessivamente 250 miliardi di euro, con un effetto moltiplicatore sul resto dell’economia pari a 1,8. In altre parole, per ogni euro prodotto dal SPCC, se ne attivano 1,8 in altri settori. Un dato che equivale a quello comprensivo del valore prodotto dalle filiere del settore, ma anche di quella parte dell’economia che beneficia di cultura e creatività e che da queste viene stimolata, a cominciare dal turismo.
Un Sistema che dà lavoro a 1,5 milioni di persone (quasi 22mila unità in più del 2015), che rappresentano il 6% del totale degli occupati in Italia.
Nel complesso, quello produttivo culturale e creativo è un sistema con il segno più: nel 2016 ha prodotto un valore aggiunto superiore rispetto all’anno precedente (+1,8%), sostenuto da un analogo aumento dell’occupazione (+1,5%).
Crescite lievemente superiori a quelle relative al complesso dell’economia (+1,5% di valore aggiunto e +1,3% di occupazione).
Lo studio si compone di 5 macro settori: industrie creative (architettura, comunicazione, design), industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa), patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici), performing arts e arti visive a cui si aggiungono le imprese creative-driven.
Entrando nello specifico:
- Le industrie culturali producono, da sole, oltre 33 miliardi di euro di valore aggiunto, ovvero il 37,1% della ricchezza generata dal SPCC, dando lavoro a 492mila persone (32,9% del settore);
- le industrie creative sono capaci di produrre 12,9 miliardi di valore aggiunto (il 14,4% del totale del comparto), grazie all’impiego di 253mila addetti (16,9%);
- performing arts e arti visive generano 7,2 miliardi di euro di ricchezza e 129mila posti di lavoro;
- al patrimonio storico-artistico si devono quasi 3 miliardi di euro di valore aggiunto e oltre 53mila addetti;
- rilevanti infine i risultati delle attività creative-driven, con 33,5 miliardi di euro di valore aggiunto (il 37,2% dell’intero sistema culturale e creativo) e 568 mila addetti (38% del totale del sistema culturale e creativo).
Un risultato che è stato favorito anche dall’introduzione dell’Art Bonus, il credito d’imposta introdotto nel 2014 grazie al quale sono nati 5.216 mecenati che nell’insieme hanno donato 123 milioni di euro.
Le imprese che contribuiscono alla crescita dell’SPCC sono 413.752 imprese, che incidono per il 6,8% sul totale delle attività economiche del Paese. Le imprese che operano nei settori del Core Cultura, direttamente collegate alle attività culturali e creative, sono 289.112, a cui va ad aggiungersi la componente creative- driven (124.640 imprese).
Le imprese femminili sono particolarmente presenti nel sistema cultura: sono, infatti, ben 52.145, pari al 18% delle imprese del Core Cultura. Più di una impresa femminile su due si concentra nell’editoria (il 55%), cui segue, a distanza, il comparto della comunicazione (18,6%).