Gli addetti agli affari generali (a supporto di singoli aspetti delle procedure di pianificazione, progettazione, amministrazione e gestione di un’impresa o di un ente), i tecnici di produzione manifatturiera, gli analisti e i progettisti di software, gli specialisti nei rapporti con il mercato e nel marketing: sono queste alcune delle 27 professioni che risultano ‘vincenti’ dall’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale. Mentre tra le 24 ‘perdenti’ risultano le figure legate alla crisi delle costruzioni: muratori in pietra, manovali, personale non qualificato dell’edilizia civile.
Il bilancio sulla forza lavoro è stato tracciato dal presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, in audizione all’XI Commissione ‘Lavoro, previdenza sociale’ del Senato.
L’istituto di statistica ha stilato la classifica prendendo in considerazione le 221 categorie professionali al di sopra dei 20mila occupati: in questo campione “si identificano 27 professioni vincenti (con variazioni positive dell’occupazione superiore alle 20mila unità, per un aumento complessivo di 1,6 milioni di occupati”, ha detto Alleva nel corso dell’audizione, “e 24 professioni perdenti (con un calo del numero di occupati superiore alle 20mila unità”, ha aggiunto il presidente dell’Istat.
L’occupazione nell’ICT
Come nel resto d’Europa, l’andamento dell’occupazione nelle professioni ICT è stato in Italia più favorevole di quello dell’occupazione nel suo complesso, anche durante la crisi. In Italia, gli occupati in questo aggregato di professioni sono stimati nel 2016 in 750mila persone, in aumento del 4,9% nell’ultimo anno (rispetto al +1,3% nel complesso dell’occupazione) e di oltre il 12% rispetto al 2011 (rispetto al +0,7% dell’occupazione totale). “Si tratta di dinamiche che segnalano la presenza di un trend strutturale che va oltre le dinamiche cicliche”, ha sottolineato Giorgio Alleva nella relazione ai senatori.
E l’incidenza del settore ICT sull’occupazione totale è stimata al 3,3%, una quota solo lievemente inferiore a quella di Francia e Germania che, nel 2015, registravano incidenze rispettivamente del 3,6% e del 3,7%.
In Italia basso livello di competenze digitali
Se da una parte è aumentato il numero dei lavoratori nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in Italia gli occupati e disoccupati hanno competenze digitali elevate “considerevolmente inferiori rispetto alla media dell’Unione europea”, si legge nel report dell’Istat. Il divario è di 9 punti percentuali (il 23% contro il 32%). E se si confronta il nostro Paese con i quattro maggiori Stati dell’Ue il risultato è inquietante: “l’Italia mostra il più basso livello di diffusione delle competenze digitali”.
La via d’uscita è una: formazione digitale, nelle scuole fino alle imprese.