Salito sul palco dell’Assemblea 2017 di Confcommercio, in corso oggi a Roma, il Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha subito affermato: “Non c’è più confine tra manifattura e servizi. Industria 4.0 dovrebbe davvero essere chiamata Impresa 4.0 perché disegnata proprio per le pmi. Si tratta di incentivi fiscali automatici che premiano chi fa gli investimenti, chi vuole davvero far crescere il Paese, si finanzia insomma ciò che veramente esiste. E’ un’opportunità straordinaria”.
Uno studio del mese scorso valutava il mercato dell’Industry 4.0 attorno ai 152 miliardi di dollari nel 2022 (da 67 miliardi circa nel 2016), soprattutto grazie a driver come l’intelligenza artificiale e l’automotive (auto connesse in rete e a guida auomatica).
Qualche settimana fa è stata presentata a Milano un’indagine condotta da PwC su oltre 400 aziende italiane, per comprendere l’importanza che viene riconosciuta all’industria 4.0, la maturità di questi progetti di trasformazione digitale del mondo industriale ed imprenditoriale e l’approccio delle società stesse.
A conferma dell’importanza degli investimenti in soluzioni digitali per l’impresa 4.0, che in tutto il mondo ammontano ogni anno a circa 900 miliardi di dollari, il 37% dei rispondenti italiani prevede di investire nei prossimi 5 anni sino al 3% del proprio fatturato, il 34% ha indicato di voler allocare il 4%-5% del fatturato, il 22% una percentuale superiore tra l’8% ed il 9% del fatturato, mentre il 7% investirà almeno il 10%, tassi in netta crescita rispetto a quanto le stesse aziende hanno dichiarato di aver investito negli ultimi due anni.
Il 56% delle aziende ha indicato di essere molto interessato ai benefici del piano di inventivi fiscali della Legge di Bilancio 2017 sul tema Industry 4.0, pur non avendo ancora tutte le competenze necessarie a valutare correttamente come muoversi ed i primi step, il 40% si è già strutturato e mosso in tale direzione, mentre il 4% ha indicato uno scarso interesse.
I processi aziendali che potrebbero principalmente beneficiare di questi progetti sono la pianificazione della produzione (24%), lo sviluppo del prodotto e la sua industrializzazione (23%), il Data Analytics (19%), l’ottimizzazione dei canali di vendita e marketing (13%) e della supply chain (14%).
Criticità e proposte
In relazione alle mosse del Governo sul tema Industry 4.0, ed in particolare circa le criticità maggiori che le aziende hanno riscontrato nella comprensione della normativa, il 48% dei rispondenti italiani ha indicato la comprensione delle caratteristiche che i beni devono possedere, seguito dalla difficoltà nell’abbinare queste caratteristiche al bene presente nel piano investimenti (21%), dalle difficoltà di collegamento tra beni immateriali e materiali (13%) e dei dubbi legati alla tempistica di consegna e messa in funzione del bene (8%), mentre il restante 10% non ha indicato alcuna criticità o dubbio.
Guardando prospetticamente, il 62% delle aziende chiede al Governo un’estensione temporale del piano di incentivi oltre il 31 dicembre 2017, il 18% un ampliamento del parco beni agevolabile ad ambiti non strettamente collegati alla fabbrica (come i mezzi di trasporto), il 10% una semplificazione della procedura, per esempio eliminando l’obbligo di perizia giurata, l’8% l’estensione del piano ai beni acquistati nel 2016 e messi in funzione nel 2017, mentre il 2% non ha indicato input particolari.
Secondo il Rapporto Confindustria 2016 sugli scenari industriali futuri, l’Italia con il 2,3% sul commercio mondiale di beni manufatti è il settimo Paese manifatturiero al mondo (dopo Cina, USA, Giappone, Germania, Corea del Sud, India e per pochissimo davanti a Francia e Gran Bretagna), il secondo in Europa dopo la Germania (6,5%).
L’Italia è inoltre il quinto Paese in Europa per utilizzo di robot in produzione, 877 macchine ogni 10 mila impiegati.