Medio Oriente, oltre 50 palestinesi morti in occasione dell’inaugurazione dell’ambasciata Usa a Gerusalemme
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – L’inaugurazione dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme e’ coincisa ieri con violente proteste nella Striscia di Gaza, sfociate nell’uccisione di oltre 50 palestinesi da parte di Forze militari israeliane, oscurando, riferisce il quotidiano “Wall Street Journal”, un passaggio storico delle relazioni israelo-statunitensi. Risultano essere 55 i palestinesi uccisi da Israele al confine con la Striscia di Gaza, secondo quanto riferito dal ministro per la Salute di Gaza. Si tratta del bollettino di vittime piu’ alto in un solo giorno dal conflitto con Hamas del 2014. Tra le vittime anche giovani di 12 e 14 anni, oltre a 2.400 feriti. La decisione del presidente Donald Trump di spostare la sede diplomatica Usa a Gerusalemme da Tel Aviv, riconoscendo cosi’ la prima come la capitale dello Stato di Israele, e’ stata vissuta come una vittoria dagli israeliani dopo anni di pressioni sulla comunita’ internazionale. La Palestina e altri Stati arabi avevano avvisato gli Usa che la mossa avrebbe danneggiato i colloqui di pace. La delegazione statunitense presente all’inaugurazione includeva il genero di Trump, Jared Kushner, sua figlia, Ivanka Trump, e il segretario dell Tesoro Steve Mnuchin. Il presidente ha salutato l’evento con un video nel quale ha sostenuto che gli Stati Uniti sono “fortemente impegnati” al raggiungimento di un “accordo di pace duraturo”, aggiungendo che gli Usa vogliono “estendere la loro amicizia” a Israele, ai palestinesi e ai loro vicini. Per Kushner, l’inaugurazione dell’ambasciata mostra che gli Stati Uniti “faranno cio’ che e’ giusto”.
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Messico, “pessimismo” sull’esito dei negoziati per il rinnovo del Nafta
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – La delegazione messicana e’ “pessimista” sull’esito dei negoziati per il rinnovo del Trattato di libero commercio dei paesi dell’America del Nord (Nafta). Lo scrive il quotidiano “El Financiero” in un editoriale che fa il punto delle trattative incagliate sopratutto sul tema delle regole d’origine delle componenti per automobili. Messico, Canada e Stati Uniti dibattono da settimane sulle quote percentuali da assegnare ai diversi paesi ma venerdi’, scrive la testata, la delegazione del paese latino ha ricevuto “una doccia gelata”: la riunione dei tre ministri capi negoziatori “e’ durata appena mezz’ora, senza progressi sostanziali. Quasi nello stesso momento, in un incontro con i leader dell’industria automobilistica, il presidente Usa Donald Trump e’ tornato all’attacco: “voglio che voi produciate milioni di macchine in piu’ negli Usa”. Secondo un imprenditore a conoscenza del negoziato, la probabilita’ di arrivare a un accordo entro la data limite – il 18 maggio, secondo i tempi dettati dall’agenda parlamentare Usa – “e’ molto minore del 50 per cento, diciamo tra il 20 e il 30 per cento”. Di fatto, scrive l’editoriale, grava la sostanziale “mancanza di volonta’ di Trump”. I negoziatori Usa avevano da ultimo chiesto di portare la percentuale di pezzi prodotti nel continente dal 62,5 al 74 per cento, fissando un minimo del 50 per cento di pezzi prodotti in Usa. Il Messico avrebbe messo sul piatto una proposta del 70 per cento ma Trump avrebbe “respinto” il sostanziale via libera concesso dai suoi tecnici. Il presidente “vuole di piu'”, e non solo per questioni di numero, ma anche perche’, come strategia “non e’ disposto a cedere ne’ in questo ne’ in nessun altro tema”. Citta’ del Messico, si legge ancora su “El Economista”, sperava che a fronte di una cessione sul capitolo delle automobili, Washington ammorbidisse le sue posizioni sulla cosiddetta la clausola “sunset”, la richiesta di rinnovare il trattato ogni cinque anni, “ma non e’ stato cosi'” e gli Usa mantengono l’idea che il rinnovo debba essere frutto di un accordo a tre ogni lustro. La conclusione del negoziato e’ “dunque piu’ complicata di quanto si pensasse alcune settimane fa”, e a farne le spese potrebbe essere il tasso di cambio. Rimane la scialuppa di salvataggio rappresentato dal Nafta ancora vigente, almeno fino a quando “Donald Trump non decida formalmente la sua intenzione di abbandonare l’accordo. Sarebbe irrazionale ma non impossibile”, conclude l’articolo ricordando che il paese va a novembre alle elezioni di “mid-term”.
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Catalogna, Quim Torra nuovo presidente della Generalitat tra luci e ombre
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – Quim Torra e’ stato investito ieri 131° presidente della Generalitat catalana con 66 voti a favore, di Junts per Catalunya (JxCat) e Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc), e quattro astensioni dei deputati di Candidatura di unita’ popolare (Cup). Meno di un minuto dopo il giuramento, sottolinea il quotidiano “La Vanguardia”, Torra stava gia’ ringraziando Carles Puigdemont in collegamento da Berlino e ribadendo l’impegno a investire il leader di JxCat “il piu’ presto possibile”. La notizia e’ stata riferita da tutti i principali quotidiani spagnoli che riportano anche le reazioni dell’esecutivo spagnolo. Il presidente del governo Mariano Rajoy ricevera’ infatti questa mattina Pedro Sa’nchez, segretario del Partito socialista operaio spagnolo (Psoe). Entrambi sono d’accordo sulla necessita’ di essere preparati a un’eventuale nuova applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola, ma per il momento concordano di aspettare l’evoluzione della situazione catalana. Di diverso avviso il partito Ciudadanos, guidato da Albert Rivera, che insiste nel voler espandere l’attuale applicazione del 155 senza aspettare oltre. Anche gli attori economici della Catalogna hanno approfittato dell’elezione di Quim Torra per fare appello al senso di “responsabilita’ di tutti i gruppi parlamentari per stabilire un dialogo costruttivo a beneficio di tutti i cittadini e del loro tessuto produttivo” con il governo, anche se i due discorsi di Torra lasciano presagire esattamente l’opposto.
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Usa, consigliere Bolton: gli europei avrebbero dovuto conoscere le intenzioni di Trump in merito all’accordo con l’Iran
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale statunitense, ha dichiarato ieri all’emittente “Cnn” che le Autorita’ europee avrebbero dovuto sapere che il presidente Donald Trump si sarebbe ritirato dall’accordo nucleare con l’Iran. Lo riferisce il quotidiano “New York Times”. “Nonostante la totale coerenza del presidente Trump nell’opporsi all’accordo, prima da candidato, poi da presidente incaricato e infine da capo dello Stato, molte persone, incluso l’ex segretario di Stato John Kerry, pensavano che non ne saremmo mai usciti – ha dichiarato Bolton, aggiungendo – Non so come spiegare perche’ la gente non abbia capito cosa stava dicendo il presidente. Ora in Europa si dicono molto sorpresi della nostra decisione di uscire dall’accordo e sorpresi della reimposizione di sanzioni severe”, ha detto Bolton. “Una volta che l’avranno digerito vedremo cosa succedera’”, ha concluso.
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Brexit, sara’ vietato alle aziende britanniche collaborare con il programma satellitare Galileo
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – Parallelamente all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, un altro divorzio si sta consumando: quello dell’industria aerospaziale britannica dal programma europeo di navigazione satellitare Galileo; lo scrive oggi martedi’ 15 maggio il quotidiano londinese “The Times”, che e’ sempre molto attento alle questioni della Difesa e dell’industria militare. Il giornale riporta dunque che l’Agenzia spaziale del Regno Unito ieri ha annunciato che il governo sta preparando nuove linee guida che vieteranno alle aziende nazionali di collaborare al programma Galileo che l’Ue ha lanciato con l’ambizione di rivaleggiare con il Global positionins system (Gps) degli Stati Uniti: ed ha avvertito le industrie britanniche gia’ coinvolte in quel programma che con ogni probabilita’ in futuro saranno loro negate le autorizzazioni necessarie all’esportazione delle tecnologie per poter concorrere agli appalti di Galileo. L’articolo, firmato dal vice capo della redazione politica del “Times” Sam Coates e dal corrispondente da Bruxelles del giornale Bruno Waterfield, ripercorre le tappe di uno scontro politico-industriale tra Gran Bretagna ed Ue che dall’inizio dell’anno si e’ aggravato sempre di piu’: una questione a cui il governo britannico attribuisce il valore di un test cruciale per capire quali chance la Gran Bretagna ha di mantenere in futuro, anche dopo la Brexit, una qualche forma di partenariato con il resto dell’Europa in materia di sicurezza comune e di industria della Difesa; e l’imminente bando alle licenze di esportazione di tecnologie sensibili britanniche significa dunque che il Regno Unito e’ pessimista su tale possibilita’ e si prepara ad andare avanti da solo anche nel settore aerospaziale. E’ questo un esito la cui colpa il governo di Londra attribuisce interamente alla “linea dura” della Commissione europea ribadita apertamente ancora ieri: “Non li stiamo sbattendo fuori da Galileo”, ha dichiarato il capo negoziatore Ue per la Brexit, Michel Barnier, “e’ la Gran Bretagna che ha deciso autonomamente ed unilateralmente di abbandonare l’Ue; questo implica anche uscire da tutti i programmi comunitari”, ha affermato. Barnier tuttavia, riferisce il “Times”, non ha completamente chiuso la porta ad una partecipazione britannica al programma Galileo, ribadendo pero’ che i termini di una possibile collaborazione devono essere rinegoziati ex-novo. E l’Alta rappresentante Ue per la politica estera e della sicurezza, Federica Mogherini, ha rincarato a dose: “Qualsiasi decisione ha effetti e conseguenze”, ha commentato riferendosi implicitamente alla Brexit, aggiungendo che la vicenda Galileo dovrebbe insegnare a tutti che su certe questioni e’ meglio pensarci due volte prima di prendere decisioni alla leggera.
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Francia, il premier Edouard Philippe compie il primo anno alla guida del governo
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – Un anno fa Edouard Philippe e’ stato nominato primo ministro dal presidente francese, Emmanuel Macron. Lo riporta la stampa transalpina, facendo un bilancio dei primi 12 mesi passati da Philippe alla guida di Matignon, sede del capo del governo. Per “Les Echos” il premier e’ “capo d’orchestra”, ma il “compositore” fino ad oggi e’ stato Macron. Philippe proviene dai Repubblicani, partito della destra gollista, e non si e’ mai iscritto alla Republique en marche. “Libe’ration” afferma che cosi’ facendo il primo ministro francese resta “libero”, visto che e’ stato espulso dalla sua famiglia politica dopo essere entrato nel governo di Macron. Secondo un recente sondaggio condotto dall’istituto Ifop, Philippe viene giudicato positivamente dal 64 per cento dei simpatizzanti di destra e dal 74 per cento degli elettori dei Repubblicani. “Le Figaro” nota che Philippe e’ riuscito a ritagliarsi un suo spazio all’interno di “un sistema piramidale dove tutto fa capo a Emmanuel Macron”. Con il capo dello Stato francese, il premier ha un ottimo rapporto, “uno dei piu’ solidi della V Repubblica”. Il quotidiano afferma che da un punto di vista politico, il titolare di Matignon presenta gli aspetti tipici di un leader di destra
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Francia, il ministro dell’Interno vuole mettere a tacere le critiche
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – Il ministro dell’Interno, Gerard Collomb, vuole mettere fine alle critiche nate dopo l’attentato di sabato sera a Parigi, quando un uomo di origini cecene ha pugnalato 5 persone uccidendone una. Lo scrive “Le Figaro”, spiegando che la destra ha puntato il dito contro il governo, colpevole di aver lasciato agire un individuo schedato “S” e sospetto radicalizzato. Collomb si ritrova al centro di una serie di polemiche anche per altri episodi legati alla sicurezza pubblica, come gli scontri avvenuti tra forze dell’ordine e black bloc durante le manifestazioni del primo maggio a Parigi, o la situazione dei migranti nella capitale, diventata ormai insostenibile per il sindaco, Anne Hidalgo. Collomb ha pero’ ricordato che “il comune resta garante della salubrita’ e la pulizia del suo spazio”. Il titolare di Place Buveau deve gestire “un lungo periodo di turbolenze securitarie” che lo pongono al centro dell’attenzione mediatica. L’opposizione lo accusa di non essere all’altezza, anche se l’entourage di Collomb sembra rimanere saldo al suo posto. I fedelissimi del ministro son convinti che questi attacchi possono rafforzare la sua immagine ali occhi dell’opinione pubblica.
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Germania e Francia avvertono la Polonia di non ritardare le modifiche alla riforma giudiziaria
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – Germania e Francia stanno aumentando la pressione sul governo di Varsavia nella disputa sull’indipendenza della magistratura polacca. In un Consiglio dei ministri della Ue a Bruxelles, i due paesi hanno messo in guardia congiuntamente dal ritardare le modifiche alla riforma giudiziaria richieste dalla Commissione europea. “Ci aspettiamo che la Polonia intraprenda azioni immediate per affrontare pienamente le preoccupazioni della Commissione (…)”, recita una dichiarazione congiunta di Parigi e Bruxelles. A dicembre la Commissione europea aveva annunciato procedure contro la Polonia per le controverse riforme. La procedura di cui all’articolo 7 del trattato Ue puo’ comportare il ritiro del diritto di voto nel Consiglio dei ministri dell’Unione. La Commissione accusa la Polonia, tra l’altro, di violazioni dell’indipendenza della magistratura. La Polonia avra’ ora piu’ tempo per correggere le sue controverse riforme giudiziarie. Secondo il vicepresidente della Ue Frans Timmermans, il 26 giugno si terra’ a Lussemburgo una riunione ministeriale per decidere cosa accadra’ in seguito.
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Germania, autostrade per la Difesa
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – Non e’ un segreto che la Germania dovrebbe spendere di piu’ per la Difesa. Al vertice della Nato in Galles quattro anni fa, il governo federale si e’ impegnato a passare al 2 per cento del Pil in spese militari, destinando il il 20 per cento del bilancio al rinnovo dei sistemi d’arma. Il ministro delle Finanze, il socialdemocratico Olaf Scholz (Spd), e’ riluttante a concedere nuovi finanziamenti per la Difesa, ma c’e’ un campo in cui gli investimenti sono urgenti, necessari militarmente, e contemporaneamente benefici per lo sviluppo economico del paese: si tratta delle infrastrutture dei trasporti. In questo campo il governo federale potrebbe operare investimenti mirati che contribuirebbero alla difesa europea, e allo stesso tempo, aumentare la qualita’ della vita della popolazione. La Germania, scrive la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, potrebbe diventare pioniera di una visione della spesa per la difesa incentrata anche sui benefici civili. Ovviamente cio’ non esimerebbe il paese dall’acquisto di carri armati e piu’ sottomarini, assieme a una serie di altri sistemi d’arma. Un migliaio di nuovi carri armati, pero’, non contribuirebbero alla sicurezza dell’Europa se non fossero in grado di raggiungere rapidamente una potenziale zona di combattimento nell’Europa Orientale. Nel suo piano di mobilita’ militare presentato a marzo, la Commissione europea vuole porre rimedio alle carenze piu’ urgenti. La burocrazia dovrebbe essere ridotta al minimo in modo che le truppe non vengano private di tempo prezioso alle frontiere interne della Ue. Le infrastrutture dovrebbero essere modernizzate, in modo che i ponti possano trasportare non solo camion, ma anche carri armati. E la Germania e’ al centro di questo snodo logistico. Questo e’ un altro motivo per cui il Joint Support and Enabling Command (Jsec), il nuovo commando logistico della Nato, sara’ allestito a Ulm. Nel caso di un conflitto nell’Europa Orientale le truppe di diversi Stati membri della Nato attraverserebbero la Germania e avrebbero bisogno di infrastrutture ferroviarie, elettriche e di connessioni ad Internet. Lo stesso vale anche per ponti mobili. Insieme con l’esercito britannico, le Forze armate tedesche hanno probabilmente il miglior ponte mobile che ci sia, l’M3, che puo’ essere montato nel giro di un’ora, ma ne dispone in un solo esemplare Si tratta di un sistema che potrebbe essere utilizzato anche in caso di emergenze e calamita’ naturali. Altro punto logistico importante da allargare sarebbe il porto di Brema, punto di sbarco per eventuali rinforzi da Stati Uniti e Canada. La Repubblica Federale difficilmente diventera’ la potenza militare piu’ importante d’Europa entro il prossimo decennio, ma ha un’enorme potenziale per diventare un campione logistico.
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Roma apre le porte ai “nuovi barbari”
15 mag 10:48 – (Agenzia Nova) – L’Italia e’ sul punto di dotarsi dell’esecutivo piu’ anticonvenzionale e privo di esperienza che abbia mai governato una democrazia dell’Europa Occidentale sin dal Trattato di Roma del 1957, che pose le basi dell’Unione Europea: molti hanno paragonato l’arrivo al potere dell’anti-sistema Movimento 5 stelle (M5s) e della Lega alla calata dei barbari su Roma nel 410 dopo Cristo; ma il quotidiano economico britannico “The Financial Times” non e’ d’accordo con questa visione “catastrofista” della situazione politica italiana. In un commento non firmato attribuibile alla direzione del giornale, che puo’ essere quindi considerato come il punto di vista “ufficiale” del quotidiano della City di Londra, non si nega che le proposte economiche e sociali avanzate dai due partiti possano avere un effetto dirompente sui conti pubblici dell’Italia e di conseguenza sui rapporti dell’Italia con il resto dell’Unione Europea; ma il “Financial Times” ricorda che M5s e Lega godono di una inoppugnabile legittimita’ democratica, avendo vinto le elezioni del 4 marzo scorso. Il quotidiano economico britannico ammette che le ricette anticonvenzionali dei due partiti populisti sono in assoluto contrasto con l’ortodossia economica di Bruxelles, ma allo stesso tempo sostiene che Bruxelles dovrebbe riconoscere che il principale problema dell’Italia negli ultimi venti anni non e’ stato il debito pubblico ma la mancanza di crescita economica e di riforme istituzionali: su questi due temi, scrive il “Financia Times”, l’Ue dovrebbe lavorare in maniera costruttiva con il nuovo governo italiano, anche se cio’ significa essere costretta ad assecondare la retorica iconoclasta dei Cinquestelle e della Lega. Del resto il quotidiano economico britannico sottolinea come ieri lunedi’ 14 maggio i mercati abbiano reagito con scarsi segni di nervosismo alla prospettiva della imminente formazione di una coalizione di governo M5s-Lega. Ormai questa mancata reazione non desta piu’ stupore e il “Finanial Times” cita tre possibili spiegazioni: la prima e’ che, al di la’ della cronaca delle ultime ore, i mercati ritengono che un governo M5s/Lega alla fine non nascera’; la seconda e’ che gli investitori sono convinti che comunque i due partiti populisti pur di andare al governo saranno disposti ad annacquare le loro proposte piu’ controverse; la terza e’ che i mercati pensano che, comunque vadano le cose, la Banca centrale europea fara’ di tutto per evitare una seria crisi dell’Eurozona.
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