Perché è un aumento pericoloso. In 32 anni la domanda è scesa solo dell’11,5%
Aumenta, invece di diminuire, la dipendenza europea verso i combustibili fossili. A mostrarlo sono gli ultimi dati Eurostat che fotografano il bisogno europeo di energia non rinnovabile, quella ottenuta dal petrolio, dal gas naturale e dal carbone. Questa energia, che nessuno vorrebbe più usare, pesa nel mix energetico dei Paesi europei per il 70,8%. Si tratta di un leggero, ma non trascurabile, aumento rispetto ai livelli del 2021 quando la richiesta europea di combustibili fossili era pari al 69,9% sul mix energetico complessivo; insomma nel 2022 abbiamo richiesto lo 0,9% di energia fossile in più. Perché questo aumento, che sembra tutto sommato contenuto, è cosi importante? Per rispondere basta guardare la timeline che apre l’articolo. Il grafico mostra come ci siano voluti ben trentadue anni per diminuire la nostra dipendenza dall’energia fossile del 11,5%. Per questo anche un piccolo aumento dell’esigenza europea di carbone, gas e petrolio rappresenta un enorme passo indietro nella faticosa transizione verso l’energia pulita.
Dipendenza dai combustibili fossili, Malta primo Paese in Ue
Ai primi tre posti nella classifica dei Paesi europei che faticano di più a eliminare i combustibili fossili ci sono Malta, Cipro e i Paesi Bassi. L’Isola di Malta è da sola in cima come si vede dal grafico qui in alto. Infatti la sua dipendenza verso l’energia fossile è al 96,1%, per un confronto possiamo guardare i risultati di Cipro che viene subito dopo nella classifica ma si ferma all’89,5%, a fronte di una media Ue del 70,8%. Inoltre, nel 2023, i numeri pubblicati da Enemalta hanno mostrato che l’86% dell’elettricità di Malta è importata dall’Italia ed è prodotta esclusivamente da fonti fossili, non solo questa percentuale è anche in aumento, nel 2021 infatti era all’81%. Le ragioni dell’aumento della richiesta di Malta di energia elettrica sono due: l’aumento dei veicoli elettrici e l’aumento delle temperature nei mesi estivi e quindi dell’uso dei condizionatori.
La dipendenza dei Paesi Bassi dall’energia fossile
Il terzo posto dei Paesi più dipendenti dall’energia fossile è dei Paesi Bassi. Viene da pensare che nel Paese, famoso per i mulini a vento, i sistemi green come l’eolico e il solare siano protagonisti invece non è cosi. I più recenti dati dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) ci dicono che nei Paesi Bassi il petrolio, il carbone e il metano sono i combustibili più importanti, come mostra il grafico qui sopra. La ragione? I Paesi Bassi ospitano una grande concentrazione di industrie agricole ad alta intensità di energia. Infatti, nonostante le piccole dimensioni, i Paesi Bassi sono il secondo esportatore mondiale di prodotti agricoli, dietro a un colosso come gli Stati Uniti.
Chiuso per rischio sismico il più grande giacimento di gas d’Europa
Quindi è facile immaginare come sia consistente la bolletta olandese per i processi di produzione, trasformazione e conservazione dei prodotti agricoli e di allevamento, ma anche per il funzionamento delle macchine e la climatizzazione degli ambienti. Tuttavia, nei Paesi Bassi le cose stanno cambiando a un ritmo velocissimo. Gli impianti solari olandesi, infatti, nel 2022 hanno coperto il 14% del mix di generazione elettrica contro il 9% del 2021. E addirittura rispetto all’1% del 2015. Insomma i Paesi Bassi ora stanno correndo più di qualsiasi altro Paese Ue nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Una scelta obbligata anche dal fatto che l’1 ottobre 2o23 il governo olandese ha dichiarato lo stop all’estrazione di gas dal giacimento più grande d’Europa, quello di Groningen dopo 60 anni di attività. La ragione? Sempre più frequenti terremoti (in un territorio non sismico) a causa dell’estrazione.
Il mix energetico dell’Italia: il 61% è fatto da combustibili fossili
Nella top 10 dei Paesi più dipendenti dall’energia fossile c’è anche l’Italia. Precisamente in ottava posizione con una dipendenza dal petrolio, dal carbone e dal metano del 79,07% (ricordiamoci che la media Ue è del 70,8%). Ma quindi l’Italia si sta impegnando o no nella riduzione di energia fossile? La risposta è contenuta nell’ultimo report dell’Agenzia internazionale dell’energia. Prima di tutto il nostro Paese è sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni fissati nel Piano italiano per l’energia e il clima. Ma non è finita qui, infatti l’Italia deve fare un balzo in avanti nell’uso di fonti green per raggiungere i nuovi obiettivi (molto più ambiziosi) per il 2030 derivanti dal pacchetto Fit for 55. Più precisamente le performance energetiche del nostro Paese relative al 2022 sono queste, come riassunte anche dal grafico qui sotto. Il nostro mix energetico è composto per il: 61% da combustibili fossili; 15,1% dall’idroelettrico; 12,1% da solare e eolico; 9% da energia nucleare; 2,7% da biogas e energia geotermica.
Indipendenza energetica dell’Italia, a che punto siamo?
L’Italia è ancora lontana dagli obiettivi di indipendenza energetica. Nel 2022 la produzione domestica di fonti energetiche è diminuita dell’8%, mentre le importazioni di energia sono
aumentate del 3,5%. Per la precisione, a causa dello shock economico successivo all’invasione dell’Ucraina, si è registrato un forte aumento nell’acquisto di carbone e petrolio dall’estero, rispettivamente +41,6% e +10,5%. Riguardo al gas l’importazione dalla Russia è diminuita del 52%; e dalla Libia del 19%; In aumento invece le importazioni dall’Algeria, +11%; dal Nord Europa con il 250% in più; e dall’Azerbaigian, +43%.
Ultimo aggiornamento: febbraio 2024
Fonte: Eurostat; Iea; Mase