La notizia, discretamente importante, non sembra aver beneficiato di una significativa ricaduta mediale (abbiamo intercettato soltanto un articolo sul quotidiano romano “Il Messaggero” ed un breve pezzo sul “Corriere della Sera”, a livello di stampa quotidiana), ma merita essere segnalata, soprattutto su una testata come “Key4biz”, quotidiano specializzato nell’economia digitale e la cultura del futuro: sta per partire un innovativo fondo di 40 milioni di euro per stimolare lo sviluppo delle imprese culturali e creative, istituito dalla Legge di Bilancio 2021 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre 2020).
I Ministri Giancarlo Giorgetti (Lega Salvini) e Dario Franceschini (Partito Democratico), rispettivamente alla guida del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero della Cultura, hanno apposto il 18 novembre scorso le proprie firme sul decreto attuativo relativo ai nuovi aiuti rivolti alle imprese creative e culturali presenti nel Paese.
Si tratta del decreto attuativo che sblocca il “Fondo per le Piccole e Medie Imprese Creative”, istituito dal Mise con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo del settore.
Il decreto viene firmato – come spesso accade in Italia – in modalità “last minute”, considerando che la norma che ha istituito il Fondo risale a fine dicembre dell’anno scorso e prevede una dotazione di giustappunto 20 milioni di euro per il 2021 e di altrettanti per l’anno prossimo.
L’idea originaria di questo Fondo va attribuita all’ex Sottosegretario Gian Paolo Manzella (Pd), che ha così commentato: “sono 40 milioni di euro, ma possono diventare molti di più con le risorse Pnrr. E, soprattutto, è l’inizio di una vera politica industriale per la creatività. È il tempo di farlo”. Si ricordi che Manzella è stato uno dei primi studiosi del fenomeno delle industrie culturali e creative in Italia ed ha ricoperto anche incarichi istituzionali in materia: Assessore allo Sviluppo Economico nella Giunta Zingaretti alla Regione Lazio, dal marzo 2018 al settembre 2019; Sottosegretario al Mise nel Conte 2, dal settembre 2019 al febbraio 2021. Specificamente, in Regione Lazio, aveva delega per lo “Sviluppo Economico, Commercio e Artigianato, Startup, ‘Lazio Creativo’, Ricerca e Innovazione”. Tra i suoi libri su questi temi, basti citare “L’economia arancione. Storie e politiche della creatività” (2017), per i tipi di Rubbettino.
Una dotazione di 20 milioni di euro l’anno per un biennio è adeguata? Certamente no, ma – come sostiene Manzella – è un primo passo: quasi simbolico, verrebbe da commentare.
Questo fondo si affianca, di fatto, ai vari interventi pubblici nel settore creativo: basti pensare ai corposi “Fondo Unico per lo Spettacolo” ed al “Fondo per lo Sviluppo degli Investimenti nel Cinema e l’Audiovisivo”, che hanno ormai una dotazione rispettivamente di 408 milioni nel 2021 e di 750 milioni di euro, per un totale di 1,2 miliardi di euro l’anno.
20 milioni di euro a fronte di 1.158 milioni di euro è (la proporzione… è di 1 a 171!) veramente poca cosa (anche considerando le dimensioni del “settore creativo” altro rispetto al cinema e audiovisivo e spettacolo dal vivo…), ma è un inizio di concreta sensibilità. Insomma, si tratta quasi di “spiccioli”: quasi un intervento di quelli che – nell’economia della gestazione delle leggi di bilancio – si chiamano “mance”. In effetti, di proprio di monetine si tratta, a fronte delle complessive dimensioni socio-economiche del sistema culturale italiano (anche al netto di cinema e audiovisivo e spettacolo).
E non resta che augurarsi che non si vada ad alimentare un qual certo policentrismo, con il rischio di dispersione delle risorse pubbliche. In effetti, a questo punto, anche alla luce di quest’ultimo decreto, si conferma il nostro convincimento: manca ancora in Italia una visione integrata, organica e strategica, di “sistema culturale”, almeno dal punto di vista delle politiche pubbliche.
In attesa della pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale: imminente l’avvio di uno sportello Mise
Il decreto è stato firmato il 18 novembre scorso, ma la notizia è stata annunciata dal Ministro Giancarlo Giorgetti soltanto una decina di giorni dopo, con una dichiarazione rilasciata al quotidiano romano “Il Messaggero” sabato 27 novembre (che ha anticipato a mo’ di scoop i dispacci di agenzia diramati nella stessa giornata, e lo stesso annuncio sul sito ministeriale, con un articolo intitolato “Giorgetti inaugura il ‘Fondo Creative’ 40 milioni per lanciare pmi e start up”): “dobbiamo sostenere queste attività che puntano a valorizzare le eccellenze del nostro Made in Italy, favorendo un rilancio del settore sia in termini economici, ma anche di opportunità per i numerosi giovani che investono nelle loro idee e nella creatività”.
I 40 milioni di euro del Fondo verranno così ripartiti: 28 milioni di euro saranno destinati a sostenere la nascita e lo sviluppo delle “start up” (previsto l’acquisto di impianti, macchinari e attrezzature d’ultima generazione, ma anche opere murarie e la valorizzazione di brevetti e licenze…), 10 milioni di euro potranno essere allocati per predisporre servizi specialistici in collaborazione con altre società, e 2 milioni di euro per la realizzazione di analisi, studi e iniziative di promozione.
Gli incentivi sono riconosciuti sotto forma di contributi a fondo perduto, interventi di sostegno nel capitale sociale e finanziamenti agevolativi per l’acquisto di macchinari innovativi e servizi specialistici.
La notizia è stata commentata dalla Sottosegretaria leghista Lucia Borgonzoni, che ha una specifica delega in materia di “industrie culturali e creative” assegnatale dal Ministro Dario Franceschini (che ha ereditato dalla predecessora grillina Anna Laura Orrico: vedi “Key4biz” del 14 giugno 2021, “Mic, deleghe più circoscritte alla Sottosegretaria Borgonzoni”): martedì 30 novembre ha infatti rilanciato la notizia della avvenuta firma del bando da parte dei titolari del Mise e del Mic (notizia che era emersa giustappunto sabato 27 novembre, anticipata da “Il Messaggero”).
La Sottosegretaria ha segnalato che il decreto include – per la prima volta in Italia – anche i “codici Ateco” della moda e dell’artigianato artistico nel perimetro delle “imprese culturali e creative”. “Sono molto soddisfatta – ha dichiarato Borgonzoni – per questo provvedimento che recepisce la richiesta da me avanzata di includere nelle industrie culturali e creative anche l’artigianato artistico e la moda. Grazie a queste misure, ora potranno accedere ai fondi previsti tutte quelle piccole e medie imprese che costruiscono la base del nostro made in Italy che fino ad oggi erano escluse. È un provvedimento importante per questo mondo che contribuisce in modo fondamentale allo sviluppo economico del nostro paese”.
Cerchiamo di capire chi può concretamente accedere al fondo, per cui sono stati stanziati 40 milioni di euro per il biennio 2021-2022.
Va precisato che si potrà essere accurati soltanto dopo la pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale, che è stato inviato alla Corte dei Conti per la registrazione di rito.
Qui ed ora, quindi, non si può che fare riferimento a fonti ufficiose.
Si deve attendere – per esempio – l’individuazione dei “codici Ateco” che andranno a classificare le attività dei settori indicati dal bando: qui… temiamo il peggio, ricordando come queste tassonomie siano ancora oggi assolutamente inadeguate per definire (perimetrare) in modo accurato le attività culturali e creative (e come siano quindi conseguentemente fallaci anche gli studi di settore realizzati da soggetti come la Fondazione Symbola di Ermete Realacci, nel tentativo di “fotografare” l’economia della creatività: vedi “Key4biz” del 4 agosto 2021, “Tra Rai e Symbola, misteri eleusini e numeri in libertà in attesa dell’audizione dell’Ad Fuortes oggi ore 20”).
Confidiamo che non vi siano errori marchiani ed ingiustificate esclusioni… Non nutriamo fiducia alcuna nella tassonomia Ateco.
Chi può accedere al Fondo?! Un perimetro di attività assai ampio. Definizione normativa: dalle “imprese culturali e creative” del 2017 al “settore creativo” del 2021
Chi può accedere al Fondo?!
Tutte le attività d’impresa dirette allo sviluppo, alla creazione, alla produzione, alla diffusione e alla conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative.
Il perimetro appare assai ampio: architettura; archivi; biblioteche; musei; artigianato artistico; audiovisivo, compresi il cinema, la televisione e i contenuti multimediali; software; videogiochi; patrimonio culturale materiale e immateriale; design; festival; musica; letteratura; arti dello spettacolo…
In effetti, la “Legge di Bilancio” 2021 definisce normativamente cosa si intende per “settore creativo” (comma 112), introducendo una formula definitoria – “settore creativo” – che appare più ampia della precedente di “industrie culturali e creative”:
“Ai fini dei commi da 109 a 111, per « settore creativo » si intende il settore che comprende le attività dirette allo sviluppo, alla creazione, alla produzione, alla diffusione e alla conservazione dei beni e servizi che costituiscono espressioni culturali, artistiche o altre espressioni creative e, in particolare, quelle relative all’architettura, agli archivi, alle biblioteche, ai musei, all’artigianato artistico, all’audiovisivo, compresi il cinema, la televisione e i contenuti multimediali, al software, ai videogiochi, al patrimonio culturale materiale e immateriale, al design, ai festival, alla musica, alla letteratura, alle arti dello spettacolo, all’editoria, alla radio, alle arti visive, alla comunicazione e alla pubblicità”.
Si tratta senza dubbio di una definizione più dettagliata rispetto alla nozione di “imprese culturali e creative” contenuta nella precedente Legge n. 205 del 2017 (la “Legge di Stabilità” ovvero “di Bilancio” 2018): ad esempio, si fa espresso riferimento, tra gli altri, al design, ai festival, all’editoria, alla comunicazione, alla pubblicità, al software, ai videogiochi, all’artigianato artistico, nonché al patrimonio culturale “materiale e immateriale”…
Riportiamo quel che recitava invece la Legge 205 del 2017 (al comma 57 dell’articolo 1):
“Sono imprese culturali e creative le imprese o i soggetti che svolgono attività stabile e continuativa, con sede in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, purché siano soggetti passivi di imposta in Italia, che hanno quale oggetto sociale, in via esclusiva o prevalente, l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati”.
Il perimetro, insomma, è stato senza dubbio ampliato. Molto ampliato. Ma senza sostegni fiscali
Su queste materie, si rimanda al dotto commento critico di Alessandro Mazzullo su “Vita”, qualificato mensile e portale del Terzo Settore, che, in un articolo intitolato “Stabilità 2018 – Nascono le imprese culturali e creative”, manifestava perplessità sulla introduzione normativa nel 2018 della nuova qualifica giuridica – “impresa culturale e creativa” – che si andava ad affiancare ad “etichette” come “ente del terzo settore” e “impresa sociale” e, ancora, “impresa benefit”… Mazzullo scriveva di rischi di “cattura regolatoria” (e di “sindrome di Stoccolma”) e di “bulimia qualificatoria”… In verità, il problema non si è posto, dato che il decreto che avrebbe dovuto definire ed inquadrare meglio il settore, a distanza di 3 anni (dalla Legge di Stabilità 2018 approvata a fine 2017), non ha mai visto la luce.
E peraltro l’inquadramento delle “associazioni culturali” – che sono una componente delle “industrie culturali e creative” – nell’economia del “Codice del Terzo Settore” (e del “Runts” – “Registro Unico del Terzo Settore”) resta ancora irrisolto, come abbiamo già denunciato anche su queste colonne: vedi “Key4biz” del 12 agosto 2021, “Le associazioni culturali in un limbo amministrativo. E si rinnovano anomale assegnazioni delle risorse pubbliche”.
Si ricordi peraltro che la Legge 205/2017 aveva riconosciuto (al comma 57, secondo le modalità di cui al comma 58) una specifica agevolazione fiscale a favore delle imprese del settore, che consisteva in un “credito d’imposta” del 30 per cento dei costi sostenuti per attività di sviluppo, produzione e promozione dei prodotti culturali e creativi: la norma è rimasta però inattuata, perché di tale credito d’imposta (per il quale era stato previsto uno stanziamento per gli anni 2018, 2019 e 2020) nessuno ha potuto beneficiare, non essendo mai stato emanato il relativo decreto attuativo. Si trattava comunque – anche in quel caso – di un intervento simbolico, trattandosi di una dotazione modestissima: soltanto 500.000 euro per il 2018 ed 1 milione di euro per il 2019 e 2020… La non adozione del decreto fu giustificata dall’allora Ministro della Cultura, il grillino Alberto Bonisoli (in carica dal giugno 2018 al settembre 2019), con la necessità di inquadrare il decreto attuativo nell’ambito di un complessivo intervento di sostegno al settore. Complessivo intervento che non si è mai concretizzato.
E la Legge di Bilancio 2021 non ha riproposto un’analoga agevolazione fiscale.
Ha scritto Federico Solfaroli Camillocci su “Artribune” del 7 gennaio 2021, commentando i commi della Legge di Bilancio 2021 pubblicata allora da una settimana: “vero è che talune attività rientranti nel settore creativo (ad esempio, cinema e audiovisivo) godono di specifici benefici fiscali (tax credit di cui alla Legge 220 del 2016, ampliato a opera della stessa Legge di Bilancio 2021, commi 583-584); tuttavia, riteniamo che si sia persa un’occasione per estendere tali incentivi fiscali ad altre imprese del settore creativo”. Giusto.
In occasione della notizia dell’avvenuta firma del decreto, il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti ha voluto ribadire l’importanza strategica del settore per l’economia italiana: “le imprese culturali e creative rappresentano un settore chiave per lo sviluppo del nostro Paese, che però ha molto sofferto durante l’emergenza Covid. È tra i nostri impegni prioritari sostenere queste attività che puntano a valorizzare quelle che sono in molti campi le eccellenze del nostro Made in Italy, favorendo un rilancio del settore sia in termini economici ma anche di opportunità per i numerosi giovani che investono nelle loro idee e nella creatività”.
Approfondiamo tecnicamente.
Si tratta – come abbiamo segnalato – del decreto che rende operativo il Fondo previsto dalla Legge di Bilancio 2021, all’articolo 1, commi dal 109 al 113, e che può contare su risorse pari a 20 milioni di euro per ciascun anno di attività 2021 e 2022.
Al fine di massimizzarne l’efficacia e l’aderenza alle caratteristiche dei territori, per gli interventi previsti verrà promossa la collaborazione con le Regioni, prevedendo anche forme di cofinanziamento tra i rispettivi programmi in materia.
Tra gli interventi possibili:
- promuovere la costituzione di nuove imprese attraverso contributi a fondo perduto;
- promuovere la collaborazione con altri settori produttivi, per favorire processi d’innovazione attraverso l’erogazione di “voucher” da destinare all’acquisto di servizi prestati da imprese creative;
- sostenere la crescita delle imprese del settore anche tramite la sottoscrizione di strumenti finanziari partecipativi a beneficio esclusivo delle “start up” innovative e dei settori individuati in coerenza con gli indirizzi strategici nazionali;
- consolidare e favorire lo sviluppo del sistema imprenditoriale del settore creativo attraverso attività di analisi, studio, promozione e valorizzazione.
Verrà aperto uno specifico “sportello”, che dovrebbe essere attivato entro la fine dell’anno o comunque ad inizio del prossimo. Il decreto prevede che in effetti, entro 30 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, il Mise attiverà una specifica piattaforma per le istanze di contributo e chiarirà le modalità operative per ottenere i contributi.
Va segnalato che si tratta di un intervento “preciso” in una area che purtroppo resta ancora un po’ “confusa”: come è stato ben ricordato da Roberta Capozucca sulle colonne del quotidiano confindustriale “Il Sole 24 Ore” nell’edizione web di ieri l’altro mercoledì 1° dicembre, l’iniziativa “costituisce un fondamentale passo in avanti nella sua regolamentazione che, dal riconoscimento giuridico nel 2018, ancora attende una normativa propria”.
In effetti, la proposta di legge “Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative” (Atto Camera 835), di cui è stata promotrice la parlamentare del Pd Anna Ascani, presentata il 2 luglio 2018 si è presto fermata: quella proposta di legge riprende integralmente il testo approvato dalla Camera nella XVII Legislatura al termine di un lavoro che ha visto la partecipazione ed il coinvolgimento di varie di istituzioni e di operatori del settore culturale (vedi anche l’Atto Senato n. 2922, “Disciplina e promozione delle imprese culturali e creative”). Nella proposta di Ascani la definizione di “impresa culturale e creativa” è la seguente: “ha per oggetto sociale, in via prevalente o esclusiva, l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, alle arti applicate, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati”. Si ricordi che Anna Ascani è dal marzo 2021 Sottosegretaria al Mise, dopo essere stata Vice Ministro dell’Istruzione, nei governi Conte 1° e 2°, dal settembre 2019 al febbraio 2021.
La Legge di Bilancio 2018 recuperava – dalla proposta di Ascani – almeno un primo intervento “definitorio”, stabilendo innanzitutto i requisiti necessari affinché un’impresa potesse essere definita “impresa culturale e creativa”: tra questi, avere per oggetto sociale esclusivo o prevalente l’ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione, la ricerca e la valorizzazione o la gestione di prodotti culturali, intesi quali beni, servizi e opere dell’ingegno inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all’audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche e ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati.
La qualifica giuridica delle “imprese culturali e creative” permane comunque ancora assai indefinita ed incerta, anche in considerazione della necessità di coordinamento con le disposizioni del Codice del Terzo Settore. Ha commentato Marco D’Isanto su “Impresa Sociale” l’11 giugno dell’anno scorso (anche lui evocando il concetto di “limbi”): “salutato con entusiasmo il loro ingresso nell’ordinamento italiano con la Legge di Stabilità 2018, sono anch’esse vittime del dimenticatoio normativo”. Si potrebbe prevedere una sezione del Registro del Terzo Settore (il “Runts”) dedicata specificamente alle imprese culturali e creative…
Le industrie culturali e creative ancora oggi in un “limbo normativo”
L’articolo di Capozucca sul “Sole” ha un titolo ironicamente efficace: “Pmi creative, più facile stanziare fondi che definire regole”.
Dall’approvazione della Legge di Bilancio del 2018 infatti le cosiddette “Icc” (dall’acronimo che deriva da “industrie culturali e creative”) vivono in un “limbo normativo”, in quanto, all’approvazione della proposta di legge, sarebbe dovuta seguire una procedura del Ministero della Cultura per il riconoscimento di una qualifica di “status”, di cui ad oggi ancora non v’è notizia.
“L’industria creativa può attendere” – scrive Capozucca – “la situazione delle Imprese Culturali e Creative è stata recentemente affrontata dal disegno di legge recante ‘Misure per lo sviluppo del turismo e per le Imprese Culturali e Creative. Delega al governo in materia di spettacolo’, vicinissimo all’approvazione in Consiglio dei Ministri nel febbraio di quest’anno, ma poi abbandonato per le urgenze connesse alla pandemia” (si veda in calce a questo articolo, per leggere la bozza di schema di Disegno di Legge “recante misure per lo sviluppo del turismo e per le imprese culturali e creative. Delega al Governo in materia di spettacolo, collegato alla “Legge di Bilancio” 2020, versione per il Pre-Consiglio dei Ministri, 18 febbraio 2020).
Come il precedente, anche questo nuovo disegno di legge delega le modalità di riconoscimento delle “Icc” ad un decreto del Ministero della Cultura.
È opportuno ricordare che questo nuovo ddl prevede anche una misura specifica destinata ai Comuni con una popolazione superiore a 100mila abitanti: dovrebbero essere istituite le cosiddette “Zone Franche per la Cultura”, ovvero aree comprensive anche di immobili pubblici inutilizzati, dove poter proseguire o trasferire attività culturali e creativi a fronte di una serie di agevolazioni fiscali, tra cui l’esenzione dalle imposte sui redditi per i primi cinque anni, l’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, con esclusione dei premi per l’assicurazione obbligatoria infortunistica. Non meno importante – sempre in questa nuova proposta di legge – le norme previste per la concessione a titolo gratuito o con pagamento di un canone agevolato di beni immobili pubblici in stato di abbandono o sottoutilizzati.
Va anche ricordato che nel perimetro delle “industrie culturali e creative” alcuni fanno rientrare anche l’industria del gusto, che – nel caso in ispecie – non sembra essere stata presa in considerazione né dalla norma né dal decreto.
Alcune Regioni italiane sono intervenute in materia e proposte di legge si affiancano ad alcune norme già esistenti: tra le iniziative più recenti può essere citata l’iniziativa promossa da Marta Leonori, Capogruppo del Partito Democratico nel Consiglio regionale del Lazio e prima firmataria della proposta di legge n. 247 relativa alle “Disposizioni a favore delle industrie creative”, presentata in Commissione Sviluppo Economico ad inizio giugno insieme al collega Enrico Forte (Pd). L’iniziativa vuole rilanciare l’eredità lasciata dal Gian Paolo Manzella, già Assessore – come abbiamo segnalato – nella precedente legislatura regionale. Da segnalare che, su questa proposta, si registra il parere critico di associazioni come Confartigianato e Unindustria (ovvero la Confidustria del Lazio) che hanno chiesto esplicitamente di eliminare il riferimento ai controversi “codici Ateco”.
Altri dettagli del decreto firmato da Giorgetti e Franceschini
Più tecnicamente ancora, tornando dalle prospettive tratteggiate alla concretezza operativa, il decreto Mise-Mic del 18 novembre 2021 prevede agevolazioni per i programmi d’investimento delle imprese creative e culturali, con una percentuale massima di copertura delle spese pari all’80 %: 40 % contributo a fondo perduto, mentre il restante 40 % finanziamento agevolato.
Si segnala la possibilità offerta alle imprese (anche università ed enti di ricerca) di beneficiare di “voucher” per l’acquisizione di servizi specialisti erogati da imprese creative per le seguenti attività: azioni di sviluppo di marketing e sviluppo del “brand”; design e design industriale; incremento del valore identitario del “company profile”; innovazioni tecnologiche nelle aree della conservazione, commercializzazione e fruizione di prodotti di particolare valore artigianale, creativo ed artistico.
Caratteristiche essenziali dei progetti: importo non superiore a 500.000 euro; durata non superiore a 24 mesi a partire dalla data di sottoscrizione del provvedimento di concessione; devono essere finalizzati all’avvio o sviluppo dell’impresa creativa nel caso delle imprese costituite da non più di 5 anni nel momento della presentazione della domanda; all’ampliamento o alla diversificazione della propria offerta di prodotti e servizi o all’introduzione di innovazione del processo produttivo nel caso di imprese costitute da più di 5 anni…
Nel decreto si legge: “I programmi di investimento, […], possono essere presentati anche nell’ambito di progetti integrati, qualora l’integrazione consenta alle imprese proponenti di realizzare effettivi vantaggi competitivi in relazione all’attività oggetto dell’iniziativa. Il progetto integrato può includere programmi presentati da imprese non costituenti imprese creative, […], a condizione che esso sia realizzato nell’ambito del settore creativo e con un ruolo non preponderante delle imprese diverse dalle imprese creative, tenuto conto del numero dei partecipanti, dei costi di ciascun programma e delle caratteristiche dell’integrazione progettuale”.
Per le “start up”, si può richiedere, a fronte di investimenti nel relativo capitale, la conversione di una quota del finanziamento agevolato concesso in contributo a fondo perduto per un importo pari al 50 % delle somme apportate dagli investitori terzi, fino a un massimo del 50 % del finanziamento concesso.
Per accedere all’investimento, esso si deve presentare sotto forma d’investimento “equity” e deve avere le seguenti caratteristiche: essere effettuato nella forma del conferimento in denaro; di importo non inferiore a 20.000 euro; deve essere perfezionato entro 5 anni dalla data di concessione delle agevolazioni; essere detenuto per un periodo non inferiore a 3 anni; non determinare partecipazione di maggioranza nel capitale della “start-up” innovativa o della “pmi” innovativa…
Attendiamo la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale…
Parte anche il primo bando del “Pnnr” per le imprese creative
In materia di sostegni alle imprese culturali e creative, va anche segnalato che giovedì della scorsa settimana la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni ha annunciato l’imminente avvio del “primo bando del Pnnr sulle imprese creative”, cui abbiamo dedicato attenzione su queste colonne a fine settembre: vedi “Key4biz” del 29 settembre 2021, “Il MiC annuncia 155 milioni di euro per le industrie culturali: 125 per la transizione “digitale” e 30 per la transizione “verde””.
Il 25 novembre scorso – intervenendo all’incontro “Oltre il Covid. Le proposte del settore del live per la ripartenza” organizzato da Assomusica nell’ambito di “Milano Music Week” – ha segnalato che “tra pochi giorni partirà il primo bando del Pnrr sulle imprese creative. Si tratta del bando per spostare su supporti digitalizzati i brani e le tracce che oggi sono su supporti che rischiamo di perdere. Tra giovedì e venerdì prossimi, avrà un incontro su questo tema in modo che il bando possa partire la settimana successiva… Quello sulla digitalizzazione non sarà l’unico bando, perché ce ne saranno anche sulla sostenibilità e sulla formazione. Nella parte del Pnrr dedicata ai borghi, ci sarà spazio anche per le imprese creative con la musica che deve avere un ruolo fondamentale per il recupero delle aree interne. L’attenzione per i giovani, inoltre, l’abbiamo dimostrata con il progetto realizzato insieme a Isoradio e ora stiamo per firmare un altro progetto con la Rai per uno spazio fuori Sanremo in cui porteremo giovani cantautori…”.
I nuovi bandi “Cinema per la Scuola” (50 milioni di euro?) verranno pubblicati a gennaio 2022
Da segnalare infine – sempre in materia di avvisi pubblici e sostegni alla cultura – che, nonostante la lunga attesa, non hanno ancora visto la luce i bandi relativi alle iniziative congiunte del Ministero della Cultura e del Ministero dell’Istruzione, ovvero il “Piano Nazionale” Mic-Mi “Cinema e Immagini per la scuola” (da cui l’acronimo “Cips”), bandi che pure erano stati annunciati per imminenti a fine luglio dalla Sottosegretaria Borgonzoni (vedi “Key4biz” del 2 agosto 2021, “Bando “Cinema e Immagini per la Scuola”, Borgonzoni annuncia un budget di 30 milioni di euro”: la stessa Borgonzoni, pochi giorni fa, ha sostenuto che verranno pubblicati nel gennaio 2022…
Di fatto, con quattro o cinque mesi di ritardo rispetto all’annuncio di fine luglio, e certamente non agevolando la programmazione delle scuole rispetto all’anno scolastico ormai ben avviato.
In effetti, martedì 30, in occasione del panel “Nuovo bando cinema e scuola: quali opportunità?”, che si è svolto nel corso delle “Giornate Professionali del Cinema” di Sorrento (tenutesi dal 29 novembre al 2 dicembre), in collegamento video la Sottosegretaria ha sottolineato “l’importanza dei 50 milioni stanziati dal terzo Piano Nazionale Cinema e Immagini per la Scuola, previsto dall’articolo 27 delle Legge 220/2016, e dell’uscita dei nuovi bandi a gennaio 2022, dopo una lunga pausa dovuta alla pandemia…”.
A Sorrento, il professor Bruno Zambardino – che coordina “Cips” su incarico della Direzione Cinema e Audiovisivo del Ministero del Mic (guidata da Nicola Borrelli) – ha segnalato come “nel primo Piano nazionale dal 2017 al 2019 sono stati messi a disposizione 23,5 milioni di euro. Degli oltre 800 progetti ammessi, circa 500 sono stati finanziati. Nel secondo Piano, che include il 2019 e 2020, prorogato al 2021, delle oltre 1.000 richieste ne sono state approvate quasi 300. Sono stati coinvolti 220mila studenti (80 % delle scuole secondarie) e 10mila docenti (in media 41 per progetto). Sono stati anche attivati 204 corsi tra marzo e giugno 2021. Ora uno degli obiettivi è raggiungere anche le scuole dell’infanzia e primarie, anche se è sicuramente più complesso. Ma è importante che i dirigenti scolastici siano i primi a credere in questi progetti”.
Anche in questo caso, non resta che attendere la pubblicazione dei nuovi bandi…
Clicca qui per leggere lo stralcio, dalla “Legge di Bilancio” 2021, delle norme relative alle imprese creative ed al “Fondo per le piccole e medie imprese creative”, in Gazzetta Ufficiale del 30.12.2021)
Clicca qui per leggere la bozza di schema di Disegno di Legge “recante misure per lo sviluppo del turismo e per le imprese culturali e creative. Delega al Governo in materia di spettacolo (collegato alla “Legge di Bilancio” 2020), versione per il Pre-Consiglio dei Ministri, 18 febbraio 2020