Sono esclusi gli insegnanti, ma non i presidi. Infatti, secondo il Disegno di legge approvato due giorni fa alla Camera, le impronte digitali, per combattere l’assenteismo nella pubblica amministrazione, si applicano anche ai dirigenti scolastici, che non ci stanno così a passare per “satrapi arroganti e incompetenti, nonché adusi a disertare sistematicamente l’ufficio, quindi abbisognevoli di essere costantemente tenuti sotto sorveglianza”. Questo è uno dei passaggi della lettera, anticipata dal sito di Repubblica, scritta dai dirigenti scolastici a tutti i senatori, che si appresteranno a discutere in Aula il Ddl con cui il Governo vuole introdurre le impronte digitali (sono esclusi gli insegnanti, già sottoposti al registro elettronico) e, contestualmente, anche la videosorveglianza, per combattere l’assenteismo nella Pubblica amministrazione.
“Al di là dei suoi effetti pratici, praticamente nulli, i sottoscritti chiedono agli onorevoli Senatori di non votare un provvedimento che umilia servitori dello Stato, significando nei loro confronti una sfiducia preventiva o, peggio, una conclamata ostilità”, si legge nella lettera, che sarà inviata anche a Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini: “quali responsabili dei due partiti di maggioranza, l’invito a esercitare tutto il loro potere per evitare questa incomprensibile e ingiustificata aggressione vessatoria nei confronti dei dirigenti scolastici pronti a qualsivoglia azione reattiva”.
Perché i presidi sono contrari alle impronte digitali?
Il Ddl prevede l’applicazione delle impronte digitali per il personale ATA e, come detto, anche per i presidi. Ma i dirigenti scolastici perché sono contrari?
Nella lettera indicano due motivazioni. Ecco la prima: un sistema troppo costoso, “perché solo per il dirigente andrebbero realizzate costose strumentazioni in 40mila plessi scolastici, ma anche dove egli si rechi o voglia/debba condursi per il compiuto svolgimento della funzione istituzionale: presso l’USR e/o ambiti territoriali provinciali, presso uffici vari, alle conferenze di servizio, presso aziende, associazioni culturali e territoriali, organizzazioni del volontariato, sindaci, parroci e quant’altro”.
“Qualora invece si vogliano risparmiare un bel po’ di soldini”, continuano i presidi, “l’alternativa è quella della sua reclusione negli angusti spazi fisici del proprio ufficio nelle canoniche ore 8.00-14.00, con suo conseguente diritto alla disconnessione nella restante parte della giornata e in quelle festive con conseguente pagamento di tutte le ore di straordinario”.
“E con la tanto decantata autonomia scolastica, che a questo punto va a ramengo! Oppure no?”, ecco la chiusura della lettera, che se dovesse convincere i senatori porterebbe il Ddl di nuovo alla Camera per la defintiva approvazione. Le impronte digitali nella PA sono di là da venire…