Immuni, l’app italiana di monitoraggio del contagio da Coronavirus non ha fatto breccia nel cuore degli italiani. Al momento solamente 4 milioni di persone hanno scaricato l’applicazione che equivale ad 8 italiani su 100. Un numero troppo esiguo per farla funzionare a dovere.
Lanciata lo scorso 15 giugno, il Governo aveva dichiarato che per avere un minimo di affidabilità nella lotta al contrasto del virus l’app avrebbe dovuto essere scaricata almeno da 75 cittadini su 100.
Un andamento che, di fronte ai nuovi focolai di Covid nati da Nord a Sud del Paese (vedi lo stabilimento Bartolini e Mondragone) soddisfa ben poco il Governo, pronto ad un vero e proprio appello all’utilizzo del sistema e attaccando le simili applicazioni lanciate dalla singole Regioni, giudicate poco utili negli spostamenti di lavoro e ormai anche di vacanza.
Il Governo contro le app regionali
A lanciare sistemi di tracciamento simili sono state diverse Regioni (come Lombardia, Sicilia e Sardegna), con esiti differenziati tra i cittadini a seconda della diffusione del contagio.
Stando ai dati di metà giugno, quella della Lombardia, AllertaLom, sarebbe stata scaricata da 1,3 milioni di persone. In Sicilia è stata invece messa a disposizione “SiciliaSiCura“, nome simile a quello scelto dalla Sardegna per “SardegnaSicura”, disponibile dal 12 giugno soprattutto per i turisti in arrivo nell’isola per le vacanze estive.
“L’app tecnologicamente e tecnicamente sta funzionando”, ha sottolineato il ministro dell’Innovazione, Paola Pisano, fornendo i dati aggiornati sul download. Immuni “si sta integrando bene con il sistema sanitario, non più sotto pressione come prima: dialoghiamo settimanalmente con tutte le Regioni”, ha spiegato insistendo però proprio sul fatto che, nella Fase 3, la necessità è di un’app “unica, altrimenti non si ha il controllo dei dati e non si riescono a individuare focolai di ammalati”.
Un messaggio arrivato in modo ancora più esplicito dal ministro per i rapporti con il Parlamento Federico D’Incà, che, insieme al viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri, ha invitato “tutti quanti a scaricare l’app che serve a proteggerci a livello nazionale. Non bisogna fare delle app per le singole Regioni, occorre – ha spiegato – avere una protezione a livello nazionale“.
Crisanti, Immuni? Impatto se la scarica il 90%
“L’App ‘Immuni’ potenzialmente è una buona idea. Così com’è concepita e con i livelli di identificazione dei casi penso che abbia un impatto molto, molto basso. Penso che per avere un impatto dovrebbe essere scaricato almeno dal 90% degli italiani”. Così aveva dichiarato alla trasmissione Agorà Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia e Virologia all’università di Padova.
E’ importante che Immuni sia scaricata dal maggior numero di italiani possibile, aveva dichiarato il Ministro dell’Innovazione Paola Piano ad inizio giugno. E per questo il suo dicastero ha previsto una vasta “campagna di comunicazione che durerà 4 mesi” e sarà “organizzata in tre fasi: il lancio nel mese di giugno, una fase di mantenimento a luglio, agosto e inizio settembre e una fase di recall all’avvio dell’autunno”.
Nonostante la prima fase della campagna di comunicazione sia stata avviata, l’app è diventata un flop. Per farla davvero funzionare, l’app deve essere scaricata almeno da 36 milioni di italiani. All’appello ne mancano ancora 32.