Dopo le polemiche e i dubbi degli ultimi giorni su Immuni, la app anti-contagio selezionata dal Governo per tracciare il virus, oggi è intervenuto sul tema il presidente del Garante Privacy Antonello Soro. “Nessuno può illudersi che basta tracciare i contatti, serve poi il test diagnostico. Se non si fanno i tamponi immediatamente dopo aver individuato gli infetti, la app è inutile”. Così Antonello Soro ospite di ‘Circo Massimo’ su Radio Capital.
Serve fiducia. No frammentazione
“Il fondamento di questo sistema credo debba essere la fiducia. Perché sia raggiunta una percentuale molto alta di adesione (serve l’adesione de l 60% della popolazione perché sia efficace ndr), deve esserci la fiducia in questo sistema”, insiste Soro, a giudizio del quale “non può esserci improvvisazione da parte delle Regioni, dei Comuni o province”. Per la mappatura dei contagiati, secondo il Garante privacy occorre che “questa tecnologia sia diffusa nel Paese e che ce ne sia una, gestita in una regia dell’autorità pubblica che sia in grado essere molto trasparente e controllabile”.
App unica e regia pubblica
Il Garante quindi boccia il proliferare di diverse app a livello regionale, che invece stanno nascendo un po’ dappertutto e in ordine sparso a livello locale in quella che sembra una gara fra le regioni a chi realizza per primo la sua app particolare.
Il Garante chiede inoltre una regia unica, come già assicurato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, da parte delle autorità pubbliche che sia trasparente e controllabile, in nome di quell’accountability fondamentale nella gestione di dati riservati sulla salute dei cittadini.
Limitazioni alla privacy siano proporzionate
“Il diritto alla privacy è un diritto di libertà, può subire delle limitazioni, ma devono essere proporzionate – ha aggiunto – Non possiamo accettare che la tecnologia per tracciare contatti di prossimità sia utilizzata anche per altre finalità, dal diario clinico della famiglia all’autocertificazione. Facciamo le misure essenziali, quelle meno invasive, sapendo che un’invasività c’è sempre. Questi dati devono rimanere nella disponibilità del dispositivo fino a quando non si verifichino le condizioni per cui c’è un’individuazione a ritroso dei contatti, devono essere gestiti da un’autorità pubblica, trasparente e controllabile, devono essere utilizzati esclusivamente per la finalità di cui parliamo e, una volta esaurito il ciclo virtuoso della mappatura dei contatti nel periodo utile, vanno cancellati”.
Limitare invasività delle grandi imprese del tech
Prosegue il Garante:“Se il tracciamento verrà fatto come ha lasciato intendere il governo, la quantità di informazioni personali raccolte sono davvero poche – ha detto Soro – e solo quando si dovesse verificare un contatto con una persona infetta emergerà la partecipazione al sistema, sennò ne staremo fuori – ha detto Soro – Noi viviamo in un tempo in cui lamentiamo, a ragione, il rischio di quello che viene chiamato una ‘società della sorveglianza’, una forma nuova di organizzazione della vita in cui la raccolta di informazioni da parte delle aziende private sono tali che possono limitare pesantemente la nostra libertà. Bene, allora la pandemia che sta spingendo sempre più verso la dimensione digitale, dovrebbe essere una grande occasione per fare un salto in avanti nella regolazione di questo sistema. Dobbiamo limitare, come credo si stia cominciando a fare, la invasività da parte delle grandi società tecnologiche e creare presidi di garanzia nella vita digitale. Dobbiamo accrescere la regolazione digitale usando delle regole di protezione dei nostri dati per la nostra libertà”.