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Meglio un Tfr in busta paga oggi, o un bel gruzzoletto di “buonuscita” domani? Questo è il problema. O almeno uno dei tanti interrogativi che farà capolino nella testa degli italiani una volta approvata la legge di stabilità. Il governo Renzi ha infatti introdotto la possibilità per i lavoratori dipendenti di ricevere mensilmente il TFR in busta paga. La motivazione dietro il provvedimento del governo è quello di metter nelle tasche dei lavoratori una parte dell’accantonamento del Tfr per rilanciare i consumi. Quello che spesso viene dimenticato di dire è che chi sceglierà di ricevere il tfr in busta paga andrà incontro ad un maggiore tassazione. Se guardiamo ad un sondaggio Ipsos rilevato nei primi di ottobre gli italiani sembrerebbero non amare questa soluzione.
Secondo il sondaggio quasi due italiani su tre preferiscono l’accantonamento del Tfr. Solo il 30 per cento si orienta verso la riscossione immediata. Il 69% lamenta la possibilità di una tassazione maggiore, il 67% teme per la perdita di una forma di risparmio anche se forzosa. Non solo: il 50% non ritiene che la distribuzione mensile del TFR costituisca un aiuto per le famiglie. Vediamo cosa succede se passiamo al setaccio la rete, provando a vedere se gli italiani preferiscono il famigerato uovo o la decantata gallina.
Sul motore di ricerca più utilizzato al mondo il tema del Tfr in busta paga esplode in maniera prepotente mercoledì primo ottobre: sono più di 10.000 le ricerche su “Tfr” in questa data, diventando il quarto trend più cliccato su google. A fare da trampolino a questo topic sono gli argomenti legati al dibattito che prende forma sulla riforma del mercato del lavoro. Lunedì 29 settembre gli utenti online fanno più di 5mila ricerche sulla key word “articolo 18” che si impone come il 13esimo trend più cliccato su google. L’argomento Tfr in busta paga torna a far parlare la rete giovedì 16 ottobre quando vengono fatte più di 5000 ricerche sull’argomento. Questa volta è soprattutto l’effetto di un articolo pubblicato sulla Stampa.it a far da traino all’argomento. Il pezzo a firma di Paolo Baroni “Tfr in busta paga, rischiamo di trasformarci in un Paese di cicale”, critica la proposta del governo Renzi chiedendosi se è il l caso di mettere a rischio le pensioni per avere 40-80 euro in più in busta paga. Infine possiamo rilevare come su Google la parola più correlata alle ricerche sul Tfr sia “destinazione”, segno che gli italiani utilizzano il web soprattutto per avere suggerimenti e consigli su dove investire il proprio trattamento di fine rapporto.
Quotidiani Online e Blog
Su Google abbiamo potuto misurare la grande curiosità della rete nei confronti della proposta del governo tradotta in centinaia di migliaia di ricerche sull’argomento. Come abbiamo visto nel caso dell’articolo della Stampa, molto spesso sono stati gli editoriali online ad aumentare il livello di attenzione sul web rispetto al tema in questione. Come nel caso del giornalista della Stampa molte delle voci di autorevoli giornalisti, blogger ed esperti del settore si sono espresse in maniera poco favorevole rispetto alla possibilità di ricevere mensilmente il tfr in busta paga. Tra queste voci vanno sicuramente annoverate quelle che animano il blog LaVoce.info, think thak italiano che pubblica i lavori di illustri docenti universitari ed esperti in materie economiche. La voce.info ha raccolto una serie di articoli sull’argomento all’interno di un paper denominato “Tfr in busta paga proc-.contro”. Su nove articoli di prestigiose firme come Tito Boeri e Pietro Reichlin, la maggior parte sottolineano dei “contro” molto importanti che sembrano oscurare i benefici della manovra. In particolare si evidenzia come il Tfr in busta paga possa essere un aiuto per i lavoratori in difficoltà economiche al costo però di aggravare l’incertezza sul loro futuro pensionistico.?Molto duro anche un articolo pubblicato sul Sole 24 ore che parla addirittura di “tempesta perfetta sulle pensioni” causata dal tfr in busta paga.?Ovviamente tra i blogger non potevamo non prendere il considerazione Beppe Grillo, autore del Blog più seguito nel nostro Paese. Anche l’ex comico Genovese bastona l’idea di Renzi, imputandogli degli effetti negativi. Sul sito di Beppe Grillo sono riportate le dichiarazioni del vice direttore generale di Bankitalia che parla di “aggravio per i lavoratori del rischio di ricevere pensioni non adeguate”.
Social Media
Twitter è uno dei luoghi dove negli anni si è sviluppata una nuova opinione pubblica digitale in grado di orientare il dibattimento sulle questioni di stretta attualità. La discussione sulla liquidazione subito o in busta paga ha raggiunto in suo apice il primo ottobre, quando l’hashtag #tfr è salito al quarto posto tra gli argomenti politici più discussi in Italia. Matteo Renzi il 19 ottobre durante un passaggio televisivo alla trasmissione Domenica Live di Canale 5 è risultato il politico che ha ricevuto più menzioni sull’argomento #tfr. Il personaggio politico più attivo nel contrastare le affermazioni del premier, nella giornata del 19, è risultato Corrado Passera che ha rilasciato 10 tweet sul topic #tfr agganciandolo all’hashtag #manovrasbagliata. Il commento della twittersfera più virale e condiviso sull’argomento #tfr (52 retweet) è stato rilanciato dall’Ansa e contiene il monito di Bankitalia sull’impoverimento delle pensioni a fronte della manovra.
Su Facebook ci siamo invece focalizzati sui singoli influencer del settore: su questo social la popolarità delle esternazioni degli opinion leader rappresentano il termometro del dibattito. Ovviamente sono entrati nel dibattito anche i principali sindacati italiani. Sulla fan page della Cisl sono state riportate due dichiarazione della Furlan fortemente contrarie all’idea di mettere in busta paga il tfr. Questi due post della Cisl sono arrivati al seguente livello di coinvolgimento degli utenti: 124 like, 20 commenti e 90 condivisioni. La Cgil sembra invece identificare l’argomento tfr come un problema strettamente connesso al premier Matteo Renzi. Molti dei suoi post sul tema sono infatti corredati da un attacco al premier. Quello che si registra insomma sui social network presi in considerazione è un fronte trasversale costituito dagli influencer del settore molto scettici rispetto alla bontà di elargire il tfr nelle buste paga dei lavoratori.