Il settore

ilprincipenudo. Tv locali nel limbo, fra caos frequenze e contributi a pioggia

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

L’Aeranti-Corallo celebra i 40 anni dell’emittenza privata in Italia e punta il dito contro il Governo. Il Sottosegretario Giacomelli rivendica l’importanza della quota del canone Rai per finanziare il settore.

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Era impossibile, questa mattina a Roma, per l’analista critico del sistema culturale italiano, non partecipare all’edizione dell’annuale “RadioTv Forum” promosso da una delle maggiori associazioni rappresentative dell’imprenditoria radiotelevisiva locale, ovvero l’Aeranti-Corallo.

Evento imperdibile, sia perché si tratta comunque di un’occasione interessante per comprendere gli umori di questo “piccolo mondo” (che in qualche modo si contrappone a quello dell’altra principale associazione, Confindustria Radio Tv, formata dalle emittenti nazionali e da buona parte delle radio e tv locali più grosse), sia perché il 2016 coincide con il quarantennale della “nascita” delle radio e tv private in Italia (considerando come data-simbolo la storica sentenza della Corte Costituzionale del 28 luglio 1976, che sancì in qualche modo la cosiddetta “libertà d’antenna”).

La sala della sede nazionale della Confcommercio (cui Aeranti-Corallo aderisce) s’è presto riempita, e si notava – tra gli altri – la presenza in prima fila dell’ex Sottosegretario alle Comunicazioni (Governo Prodi) Vincenzo Vita attualmente Presidente dell’Aamod (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico) ed editorialista del quotidiano “il Manifesto”, del massimo esperto italiano in materia di frequenze radiotelevisive l’ingegner Antonio Sassano, di Franco Siddi Consigliere di Amministrazione Rai (ma al contempo Presidente di Confindustria Radio Tv), di Davide Rossi, Direttore Generale dell’Aires (Associazione Italiana Retailer Elettrodomestici Specializzati)… Gran parte dei partecipanti erano, ovviamente, esponenti delle realtà locali dell’emittenza, imprenditori e giornalisti.

Nella cartella distribuita ai partecipanti, un documento soltanto: la “Relazione 2016 sullo stato dell’emittenza radiotelevisiva locale”, curata dal Coordinatore dell’Aeranti-Corallo, l’avvocato Marco Rossignoli (che è anche Presidente dell’Aeranti). Rossignoli ha letto la relazione, molto pacata nei toni sebbene piuttosto critica nella sostanza, non esattamente benevolente nei confronti dell’Esecutivo Renzi: “Nulla è stato fatto, e, addirittura, sono state assunte, su iniziative del Governo, una serie di scelte legislative che hanno più volte rimesso completamente in discussione il ruolo dell’emittenza locale, generando una situazione di incertezza permanente, che ha impedito e sta impedendo qualsiasi programmazione aziendale da parte delle imprese”.

Il “nulla” cui si è riferito il Presidente dell’Aeranti sono le “scelte governative strutturali”, indispensabili per far uscire il comparto fuori dalla crisi che l’attanaglia ormai da anni.

Non una cifra, non un dato, non un numero è stato speso da Rossignoli per descrivere la deriva in cui si trova questo settore minore del sistema mediale e culturale nazionale.

Al di là di questo evidente quanto grave (e incomprensibile: autocensura per pudore da dimensioni troppo piccole?!) deficit “informativo-documentativo”, nell’ascoltare attentamente la relazione del Presidente di Aeranti-Corallo ci ha preso una sensazione di ripetizione rituale ovvero di “déjà vu”: al di là dell’accuratezza e della pacatezza dell’impostazione, la stessa relazione poteva essere stata redatta per fotografare la situazione di… 10 o forse anche 20 anni fa!

Insomma, una sorta di intervento-fotocopia, giustamente critico-lamentativo, ma che abbiamo ascoltato tante volte nel corso dei decenni. Con quale coraggio reale (ovvero intimo convincimento) Rossignoli invoca un “immediato cambiamento di rotta”, allorquando la “rotta”, da decenni, ha portato alle attuali sabbie mobili?!

Di grazia, possibile che la situazione dell’emittenza radiotelevisiva italiana sia così… congelata?!

L’aggettivo “congelata” è proprio e ficcante. Sulle colonne della più diffusa testata del settore, il mensile “Millecanali”, abbiamo studiato le economie e le politiche del sistema mediale italico per oltre 15 anni, curando l’“Osservatorio IsICult Millecanali” dall’anno 2000 all’anno 2015: spesso abbiamo utilizzato la formula “statico-stagnante”, per definire la (non) evoluzione del settore. Questa dinamica di “stagnazione” riguarda in particolare proprio le radio e le televisioni locali.

Le ragioni di questo deprimente immobilismo e di questa deriva inerziale sono da attribuire anzitutto al “non governo” del sistema da parte degli esecutivi che si sono avvicendati alla guida del Paese.

Una qualche responsabilità va però comunque attribuita anche alle associazioni di settore, che evidentemente non sono mai riuscite ad affermare con adeguata forza le proprie ragioni.

Il ruolo dell’emittenza radiotelevisiva locale non è mai stato oggetto di un’attenzione seria strategica ed organica da parte dei Governi italiani, che hanno sempre concentrato lo sguardo quasi esclusivamente verso l’emittenza nazionale, e – di fatto – hanno consentito il mantenimento di un assetto duopolistico e poi triopolistico.

Rai, Mediaset e Sky controllano la quasi totalità delle risorse del sistema televisivo, e alle emittenti locali – da anni ed anni – vanno le briciole del banchetto triopolistico.

Due le questioni critiche essenziali: il perdurante infinito “caos delle frequenze” (una barzelletta italiana che si protrae tristemente da decenni) ed i perduranti “sovvenzionamenti pubblici” (che continuano ad essere erogati sostanzialmente “a pioggia”).

Le potenzialità, enormi, di un sistema vitale di media “di prossimità”, non sono mai state oggetto di interesse reale e di una “politica mediale” di lungo respiro.

Le emittenti locali italiane sono sopravvissute a se stesse, spesso con coraggio imprenditoriale estremo, e talvolta approfittando di rendite parassitarie.

Le emittenti radiotelevisive locali italiane sopravvivono da decenni con fatica in un habitat avverso, caratterizzato da una continua incertezza normativa e regolamentativa.

La situazione attuale può essere sintetizzata con una parola soltanto: disastro.

Nella grande maggioranza, queste emittenti non sono ancora riuscite ad attrezzarsi al meglio rispetto alla trasformazione multimediale ed alle potenzialità del web.

Le emittenti radiotelevisive locali italiane sono peraltro anche “isolate”, rispetto al sistema dell’emittenza radiotelevisiva pubblica, allorquando un “buon legislatore” avrebbe potuto prevedere forme di interazione tra le emittenti locali e le sedi regionali della Rai, in una prospettiva sinergica di tipo “glocal”.

Le dimensioni quantitative del settore, in termini socio-economici, non sono mai state oggetto di studi approfonditi (e nulla c’è a livello di analisi qualitative aggiornate): dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), nella sua “Relazione annuale”, soltanto pochissimi cenni all’emittenza locale. E sappiamo che l’Autorità non è nemmeno in grado di quantificare con precisione quante siano le radio e le tv locali italiane.

Per acquisire una qualche indicazione di massima, l’unico strumento utile è lo “Studio economico del settore televisivo privato italiano”, la cui XXI edizione è stata presentata nel settembre 2015 da Confindustria Radio Televisioni. Lo studio, di approccio esclusivamente economicistico, si basa soltanto sui bilanci delle società, ovvero su un “campione” di 305 imprese, e rivela, di anno in anno, dati sconfortanti: i ricavi totali delle società prese in esame nell’anno 2013 ammontavano a 408,5 milioni di euro, di cui 287,5 milioni provenienti dalla pubblicità, 121 milioni di euro costituiti da altri introiti, in primis i contributi statali. Rispetto al 2012, l’esercizio 2013 registrava un calo in termini assoluti di 72 milioni di euro pari al -15%. Abbiamo ragione di ritenere che i dati relativi agli esercizi 2014 e 2015 andranno ad evidenziare nuove dinamiche di de-crescita. Confindustria Radio Tv stimava circa 3.800 addetti nel 2013, a fronte dei 4.400 dell’anno 2012…

Dopo l’intervento dell’avvocato Rossignoli, è stato il turno di Luigi Bardelli, componente dell’esecutivo di Aeranti-Corallo e Presidente dell’Associazione Corallo, che rappresenta le emittenti – soprattutto radiofoniche – di matrice culturale cattolica: a fronte della diplomazia cortese del suo collega, Bardelli ha assunto toni franchi, diretti, polemici.

Con ironia, ha segnalato come fosse “la terza volta” che il Sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico Antonello Giacomelli onorasse il “Forum”: la prima volta, grande entusiasmo e fiducia; alla seconda, qualche scetticismo; alla terza, discreta perplessità, tra il dire ed il fare!

Bardelli ha accusato scherzosamente Giacomelli di essere mosso dalla “mozione degli affetti” (si ricordi che peraltro il Sottosegretario è stato anch’egli imprenditore televisivo locale, in anni ormai lontani), ma di aver fatto assai poco, nella sostanza, per il rinnovamento del settore, che continua a lamentare – da decenni appunto – sempre le stesse criticità.

Il Sottosegretario con delega alle Comunicazioni non l’ha presa granché bene, seppur con toscana ironia: “Mai e poi mai… mi si può accusare di far leva sulla… mozione degli affetti!” ha ribadito più volte, con veemenza, rivolgendosi piccato al Presidente di Corallo. Giacomelli ha sostenuto che il Governo Renzi ha fatto invece molto, pur nella coscienza che molto ancora c’è da fare. In particolare, ha rivendicato come assolutamente “innovativa”, nella sostanza materiale e nella valenza politica, la decisione del Governo grazie alla quale una quota dei proventi del canone Rai verrà assegnata al fondo per le emittenti radiotelevisive locali: si tratta di un “riconoscimento politico e istituzionale della funzione pubblica” delle emittenti locali, che il Sottosegretario ritiene venga “… prima dei soldi”.

Si ricordi peraltro che la Corte dei Conti rilevò il rischio che la mancanza di una finalizzazione precisa dei contributi pubblici alle radio e tv locali finisca per far apparire gli stessi “un mero sostegno economico alla gestione delle emittenti”.

Giacomelli ha puntato il dito sulla dicotomia “privato” vs “pubblico”: le emittenti locali vanno sostenute come aziende soltanto o come soggetti imprenditoriali che svolgono anche una funzione pubblica?! “Si può puntare sul fatto che siano sul mercato e sull’autonomia industriale che hanno, oppure puntare sul riconoscimento della funzione pubblica che svolgono. Ci sono rischi e pro in entrambi i casi”.

Il Sottosegretario ha invocato “più innovazione e più concorrenza”.

Ha ricordato che è in gestazione un nuovo sistema per l’assegnazione dei contributi pubblici, che “non debbono essere la regalia del potente di turno”, ma il risultato di una selezione tecnico (tecnocratico-meritocratica): s’è chiusa da poco una specifica consultazione pubblica promossa dal Mise in materia, e dovrebbero presto essere definite nuove linee-guida per regolare l’intervento di sostegno da parte dello Stato.

Non una parola, da parte del Sottosegretario, invece sullo stato di avanzamento della “consultazione pubblica” sulla Rai, e nemmeno un cenno alla possibile interazione tra sistema delle emittenti locali radiotelevisive e servizio pubblico radiotelevisivo nazionale (se non appunto, per la quota del canone Rai destinato al loro sovvenzionamento).

Sono intervenuti anche Felice Blasi, Presidente del Coordinamento Nazionale dei Corecom (Comitati Regionali per le Comunicazioni), e Daniela Scano, componente della Segreteria e Responsabile Informazione Emittenza Radiotelevisiva locale della Fnsi. Blasi ha ricordato come nel lontano 1980 i ricavi pubblicitari delle televisioni locali italiane fossero superiori ai ricavi pubblicitari della Rai, ed ha lamentato che un fenomeno sociologicamente “rivoluzionario” come l’emittenza locale italiana non sia mai stato oggetto di adeguata attenzione da parte del legislatore.

Il coordinatore dei Corecom ha anche manifestato preoccupazione rispetto al rischio che il nuovo sistema di regole per l’assegnazione dei contributi pubblici vada a produrre più problemi che soluzioni, ed ha previsto un incremento dei ricorsi al Tar ed al Consiglio di Stato.

La rappresentante della Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha segnalato come, a fronte di casi di imprenditoria di eccellenza, si registrino nel settore molte emittenti che utilizzano la forza-lavoro giornalistica come “scudo umano” per accedere ai contributi pubblici, come “foglia di fico” per nascondere comportamenti imprenditoriali parassitari…

Complessivamente, una “celebrazione” di 40 anni non esattamente gloriosi, soprattutto per colpa di uno Stato che continua a dimostrarsi disattento e miope, non in grado di cogliere le potenzialità enormi che potrebbero derivare da un fecondo sistema di interazione tra web e “media di prossimità” come le radio e le tv locali… Giacomelli ha invocato retoricamente una “visione sistemica” ed ha auspicato logiche da “sistema-Paese”: ecco, si tratta appunto di quelle dinamiche che ci sembra manchino all’attuale “decision making” del Governo Renzi. Ancora una volta, la direzione è forse giusta, ma la strumentazione carente.

Clicca qui per leggere la “Relazione 2016 sullo stato dell’emittenza radiotelevisiva locale”, a cura di Marco Rossignoli, Coordinatore Aeranti-Corallo e Presidente Aeranti, in occasione del RadioTv Forum “40 anni di emittenza locale”, Roma, 21 giugno 2016.

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