Grande effervescenza nel rutilante mondo “cinematografaro” italico, con iniziative stravaganti, decisioni curiose, ed annunci ad effetto.
“Cambia tutto, finalmente…”, potrebbe sostenere qualcuno, positivo ed ottimista, ricordando che la precedente “legge cinema” nazionale risale a cinquanta anni fa ovvero al 1965 (la famosa “legge Corona” alias n. 1213 del 1965), e che finora le modificazioni all’architettura normativa erano state parziali (basti pensare alla “legge Urbani” del 2004).
Immediata sorge, dal nostro punto di vista (scettico e pessimista), l’eco del monito “gattopardesco”, ovvero la famosa teoria di Tancredi Falconeri (nipote del Principe Fabrizio), dell’immarcescibile Giuseppe Tomasi di Lampedusa: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi…”. Se “Il Gattopardo” resta un testo sacro per la comprensione dell’antropologia dell’italiano come tipo umano (e della politica nazionale del Bel Paese), quel che sta accadendo in questi giorni a Roma, fuori e dentro il Palazzo, mostra caratteristiche che – un tempo – avremmo definito… sconcertanti, se non inquietanti.
Venerdì scorso 21 ottobre, nell’economia di una kermesse di dubbia utilità (ma di concreto budget, circa 2 milioni di euro di sovvenzioni pubbliche), qual è il Mia, acronimo per Mercato Internazionale dell’Audiovisivo (iniziativa collaterale alla Festa del Cinema di Roma, conclusasi ieri senza che nessuno si sogni di valutarne l’impatto reale sul sistema audiovisivo nazionale: vedi “Key4biz” del 12 ottobre: “Il Mia è funzionale a promuovere l’audiovisivo ‘made in Italy’?”), è stato allestita una “presentazione” alla comunità professionale della nuova “legge cinema e audiovisivo”, iniziativa che ha avuto tratti un po’ surreali. Di fatto, l’iniziativa di venerdì scorso si è posta come riproposizione romana di quel che Franceschini e Matteo Renzi avevano proposto nella conferenza stampa tenuta a Firenze sabato 8 ottobre (vedi “Key4biz” del 14 ottobre: “Legge Cinema: la direzione è giusta ma il percorso resta incerto”).
Anzitutto, in effetti, si tratta di una proposta di legge, approvata dal Senato, che deve ancora iniziare l’iter presso la Camera dei Deputati. Ricordiamo che il 6 ottobre 2106 l’Assemblea del Senato ha approvato, con modifiche, l’Atto Senato A. S. 2287, divenuto, nel passaggio alla Camera, A. C. 4080 (clicca qui, per le informazioni essenziali; clicca qui, per i lavori preparatori). La VII Commissione della Camera ha avviato l’esame il 13 ottobre 2016.
Insomma, almeno sulla carta, la legge potrebbe registrare modificazioni anche radicali, anche se alcuni sostengono che il testo sia stato sostanzialmente “blindato” da Franceschini, e che la maggioranza di cui gode il Governo in Parlamento non dovrebbe consentire significative variazioni di rotta (e di testo). Vedremo.
Franceschini ha dichiarato: “puntiamo ad approvare la legge entro la fine dell’anno, e contemporaneamente lavoriamo ai decreti attuativi, l’obiettivo è essere operativi dal 1° gennaio 2017”.
Temiamo l’obiettivo temporale sia molto ambizioso: un qualche funzionario parlamentare, alla luce di consolidate esperienze storiche, ci segnala che sia più verosimile pensare che la proposta possa divenire effettivamente legge entro l’estate del 2017, e non esattamente ad inizio anno.
E soprattutto siamo preoccupati – come molti osservatori ed operatori del settore – rispetto a quel che si leggerà nei decreti attuativi. Un esempio, delicato: il Ministro annuncia “procedure più stringenti per la programmazione del cinema in tv e per gli investimenti delle televisioni”, chiarendo che “il Governo è delegato a adottare uno o più decreti legislativi, per introdurre procedure più trasparenti ed efficaci in materia di obblighi di investimento e programmazione di opere audiovisive europee e nazionali da parte dei fornitori dei servizi media audiovisivi”. Da decenni, questa vicenda degli “obblighi” dei broadcaster nazionali – tra canali generalisti e tematici – è divenuta una barzelletta tipicamente italiana, con la sostanziale connivenza della sonnolenta Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (un conato di risveglio in materia, qualche mese fa, sembra essere subito stato seguito da un rinnovato letargo).
È comunque un po’ curioso che un Ministro annunci – e peraltro con toni entusiasti – come “fatta” una legge che è ancora “in fieri”.
Non meno curioso che alla sua sinistra, sul tavolo di presidenza, sieda una parlamentare del Partito Democratico, Lorenza Bonaccorsi, che è senza dubbio “titolata”, in quanto relatrice del provvedimento nell’iter a Montecitorio, ma che resta pur sempre Responsabile Cultura della Segreteria Nazionale del Pd (nonché Presidente del Pd del Lazio). Un osservatore straniero (e crediamo che, venerdì a Palazzo Massimo – Mia o non Mia… – non ve ne fossero molti in sala) potrebbe malignare che il partito che guida la coalizione di governo abbia voluto apporre una sorta di… ceralacca notarile sulla paternità/maternità della nuova legge. Inelegante comportamento – riteniamo – se non inopportuno, in prospettiva politico-istituzionale, ma forse la nostra interpretazione è eccessiva.
Rispetto alla nuova “legge” (o quasi-legge), abbiamo già espresso su queste colonne argomentate perplessità, e qui semplicemente richiamiamo telegraficamente: ben venga che, grazie alla sensibilità di Matteo Renzi e Dario Franceschini, lo Stato decida di ri-allargare i cordoni della borsa, e finalmente stabilizzare le risorse pubbliche allocate a favore del sistema cinematografico a quota 400 milioni di euro l’anno (tetto minimo di risorse: + 60 % rispetto all’anno precedente), sganciandole di fatto dall’andamento critico del Fondo Unico dello Spettacolo (il famigerato Fus), e collegando il finanziamento del fondo anche ad una alimentazione innovativa di “autofinanziamento” (quota dei proventi da attività di programmazione di cinema e tv da parte delle imprese telefoniche e di tlc, con tutti i dubbi del caso sul meccanismo); ben vengano meccanismi di semplificazione delle procedure e finanche gli automatismi selettivi… Senza dubbio interessante è che il complessivo livello di finanziamento degli interventi sia parametrato annualmente all’11% delle entrate effettivamente incassate dal bilancio dello Stato nell’anno precedente, comunque in misura non inferiore a 400 milioni annui, derivanti dal versamento delle imposte ai fini dell’imposta sul reddito delle società (Ires) e dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) da parte dei soggetti che operano nei settori di attività relativi a: distribuzione cinematografica di video e programmi televisivi, proiezione cinematografica, programmazioni e trasmissioni televisive, erogazione di servizi di accesso ad internet, telecomunicazioni fisse e mobili…
Le novità positive introdotte dalla (quasi) nuova legge sono varie, ed andremo presto ad analizzarle approfonditamente in dettaglio su queste pagine. Si segnala peraltro che la lettura dell’utilissimo dossier elaborato dal Servizio Studi della Camera, pubblicato il 12 ottobre 2016, evidenzia alcuni rilievi critici significativi, rispetto al testo giunto a Montecitorio.
Qui riportiamo quel che ha enfatizzato venerdì scorso il Ministro stesso: l’82% dei 400 milioni di euro viene destinato ai 6 tipi di “tax credit”, a fronte di un 18% ad “opere prime” e “seconde”, “start up”, piccole sale cinematografiche ed istituzioni varie. Le istituzioni storiche del settore (dal Centro Sperimentale di Cinematografia alla Biennale all’Istituto Luce) assorbono però una buona quota di questo futuro 18 %, e lo stesso Franceschini ha dichiarato “vorrei che queste avessero un capitolo di bilancio a parte”: ottimo intendimento, attendiamo gli emendamenti necessari al testo attuale. Gli argomenti affrontati durante la presentazione sono tanti: dal piano straordinario per le sale (120 milioni di euro) al 3% del nuovo fondo destinato alle scuole; dalla promozione all’estero destinata ad essere affidata soltanto all’Istituto Luce (“stiamo lavorando con Calenda”, ha precisato il Ministro) al “portale nazionale unico” per offrire ai produttori stranieri il quadro di tutto quello che possono trovare in Italia a livello di “location” e agevolazioni fiscali e sul territorio (superando la frammentazione delle ormai tante “film commission” regionali e locali attive in Italia).
Quel che manca alla legge è una strategia organica e lungimirante che sia realmente innovativa e radicale: riteniamo che lo Stato debba farsi anzitutto promotore di una estensione del pluralismo espressivo, stimolando lo sviluppo delle imprese indipendenti e della creatività dei giovani autori, provocando visioni sempre più plurali e diverse della realtà, contribuendo all’incremento dell’offerta di opere che hanno difficoltà ad essere veicolate nei canali commerciali, destinando risorse adeguate alla promozione sul mercato interno e sui mercati internazionali…
Traccia di questo intendimenti nel testo di legge c’è, senza dubbio, e non sarebbe corretto disconoscere le buone intenzioni: nei fatti, però, la (quasi) nuova legge appare complessivamente timida, debole, confusa, molto subordinata ai “poteri forti” (così intendendo i soggetti – anzitutto quelli confindustriali, Anica ed Apt in primis – che hanno interesse a non veder granché modificati gli assetti esistenti da anni e decenni). Molta parte della (quasi) nuova legge è demandata ai decreti attuativi, e quindi l’incertezza sui futuri di breve-medio periodo resta assolutamente evidente.
Crediamo in uno Stato che promuova diversità, non che assecondi il mercato. Uno Stato che si faccia carico dei “fallimenti del mercato”, non del rafforzamento del mercato… così com’è: i “market failure”, nelle industrie culturali, non sono assimilabili a quelli di altri settori economici, ma sono spesso il terreno ove nascono e crescono feconde sperimentazioni (l’innovazione espressiva), che cozzano con le leggi rigide della domanda e dell’offerta… La legge Franceschini-Giacomelli ci sembra assecondare troppo “il mercato” (entità metafisica di allocazione perfetta delle risorse), al punto da divenirne schiavo. Come abbiamo già scritto su “Key4biz” (vedi “Rapporto Federculture: trend positivo, ma troppo entusiasmo”, il 20 ottobre scorso), soltanto un soggetto come l’Agis (che rappresenta una parte dell’anima imprenditoriale ed industriale del settore) può gioire di strumenti “asettici” (sulla carta), come il “tax credit”, l’“art bonus” ed il “bonus cultura”, che spostano parte del “decision making” del sostegno pubblico dal “pubblico” al “privato” (di fatto, in ottica totalmente neo-liberista): riteniamo che lo Stato debba, con strumentazione tecnica accurata trasparente e democratica, “orientare” sia l’offerta sia la domanda, stimolare la diversità (ovvero le infinite diversità, inesauribile ricchezza socioculturale del nostro Paese), non rinunciare al proprio ruolo mettendosi al servizio dell’economia. Ahinoi, crediamo ancora in una Politica con la “p” maiuscola, che sappia interpretare il Paese come “comunità sociale” e non soltanto come “libero mercato”.
Se venerdì scorso la (nuova) legge cinema e audiovisivo veniva presentata di fronte ad una platea di operatori, oggi lunedì un’altra iniziativa è stata oggetto di presentazione alla stessa “community” del cinema italiano: la Direzione Cinema del Mibact e l’Istituto Luce Cinecittà ed il Mia (in questo caso, ci domandiamo cosa c’entrasse quest’ultimo…) hanno promosso, presso il Cinema Moderno di Roma (circuito multiplex The Space) un “incontro informativo” dedicato alle “modalità di attuazione dell’affidamento a Istituto Luce Cinecittà della gestione Fondi Cinema per il periodo 1° novembre 2016 al 31 dicembre 2016”.
Stesso buono affollamento dell’iniziativa di venerdì, stessa fauna… sociologica, ovvero parte dei “postulanti”, ovvero delle centinaia di soggetti (imprenditori più che autori) che da sempre bussano alla porta del Ministero.
Assente il Ministro, questa volta, la scena è stata occupata anzitutto da Nicola Borrelli, Dg Cinema, e da Roberto Cicutto, Presidente ed Amministratore Delegato di Istituto Luce Cinecittà (da cui l’acronimo ILC), affiancati dai dirigenti che dovranno gestire le nuove procedure: il Direttore Amministrazione Finanza & Controllo Claudio Ranocchi e la Coordinatrice dell’Area Gestione Fondi Cinema (Gfc) Francesca Alesi (la quale ha illustrato una serie di slide, che però, curiosamente, non sono state distribuite ai presenti, e non son state ancora rese disponibili né sul sito web Mibact né su quello di Luce Cinecittà; dovrebbero esserlo da domani mattina martedì 25 ottobre, dato che sono in corso alcune “correzioni”, ci è stato informalmente precisato…).
Anche in questo caso, come venerdì scorso, presidenza sorridente e autocompiaciuta, platea complessivamente attenta ma silente, e nessuna domanda irriverente.
Molti, in sala, si domandavano però quale fosse “il senso” (strategico) del passaggio di consegne tra ArtigianCassa – Bnl a Luce Cinecittà, ma il quesito resta senza concrete risposte logiche ed organiche.
La gestione ArtigianCassa è stata forse inefficace o, peggio, fallimentare?! Non è dato sapere.
Perché quindi questo avvicendamento, a fronte dell’ultima proroga dell’affidamento a Bnl nella gestione del fondo per la produzione, la distribuzione, l’esercizio e le industrie tecniche cinematografiche?!
Qual è la strategia di medio-lungo periodo del Mibact, nel trasferire la gestione da un soggetto bancario storico ad una società “in-house” del Ministero, che, per quanto ben attrezzata (sono state assunte 12 nuove risorse, con buona esperienza professionale; en passant, per la quasi totalità di gender femminile, ben venga!), non è certo assimilabile certo ad una banca (anche se è stato precisato che Luce Cinecittà sarà l’interlocutore di Banca d’Italia)?!
Lo stesso Cicutto ha precisato “noi non siamo una banca, e quindi non potremo accedere, per esempio, alla Centrale Rischi di Bankitalia”: e, quindi, di grazia, a chi sarà affidata questa funzione di verifica e controllo?!
La decisione è stata assunta dal Ministro Franceschini, che, soprattutto con l’“atto di indirizzo” ministeriale del 17 maggio 2016, ha previsto che questa delicata funzione di gestione tecnica dell’intervento pubblico passasse da Bnl al Mibact stesso (dato che Luce Cinecittà è giustappunto una società “in-house” del Ministero).
Qualcuno sostiene malignamente che questa “internalizzazione” risponde ad una esigenza di maggior controllo ministeriale sulla miglior allocazione delle proprie risorse, e ipotizza che l’apparente “efficientamento” annunciato (e finanche una economia nei costi tecnici di gestione del Fondo: si stima da circa 2 milioni di euro l’anno ad 850.000 euro) sia in verità la schermatura di una volontà di maggior controllo politico (discrezionalità), ma, dall’altro canto, il Ministero sostiene che queste novelle procedure sono sintoniche con la logica della nuova (quasi) legge, ovvero con semplificazione, con meccanicismi, con automatismi… “tecnocratici”, che vanno giustappunto nella direzione opposta (riduzione della discrezionalità a favor di meccaniche logiche di mercato).
In verità, proprio la parola “controllo” è emersa più volte (lapsus freudiano?!) nell’intervento del Dg Nicola Borrelli, che ha dichiarato: “si tratta di un semplice passaggio di consegne della gestione dei Fondi Cinema a Istituto Luce Cinecittà da parte di un istituto bancario che fin dagli anni ’30 se ne occupava. Questo avviene sulla base di tre considerazioni: lo prevede la norma istitutiva di Cinecittà; l’attività propriamente bancaria di questi Fondi è venuta meno; l’esigenza di ottimizzare i costi e di internalizzare un processo che finora sfuggiva al controllo pieno della Dg Cinema. Con favore ho appreso che Luce Cinecittà ha realizzato un software per gestire questa contabilità speciale. Tutto ciò consentirà un maggior controllo sui procedimenti successivi alle delibere e soprattutto sull’attività di monitoraggio”. Sia consentito nutrire un qualche dubbio sulla tesi “semplice passaggio di consegne”.
Altri ancora sostengono che era necessario “rivitalizzare” una “società-zombie” qual è Cinecittà Luce, e che questa sarebbe stata la terapia d’urto, con tutti i dubbi del caso…
Roberto Cicutto, durante la presentazione odierna, ha peraltro sostenuto la propria contrarietà rispetto a questa decisione di Franceschini: sarà… eppure il Presidente ed Amministratore Delegato ci sembra resti ben in sella a Via Tuscolana, con tanto di discreto compenso (120mila euro l’anno, certo lontani dal tetto dei 240mila euro dei dirigenti apicali della pubblica amministrazione), rispetto al novello incarico affidato a questa curiosa… “start-up”.
Le domande dalla platea, discrete e cortesi, sono state tutte concentrate sul rischio che il passaggio di testimone determini ritardi nelle pratiche burocratiche già incardinate presso Bnl, a causa delle ovvie esigenze di “riconciliazione” ed allineamento dei rispettivi database. Un timore concreto e profondo aleggiava in sala, ovvero che, in sostanza, “il sistema” tecnico-amministrativo dei sostegni pubblici alla cinematografia nazionale vada a paralizzarsi per alcuni mesi, anche perché più volte è stato evocato “inizio gennaio” (2017) come termine temporale per la messa a regime del nuovo assetto, ma le preoccupazioni sono tante.
Una volta ancora, ahinoi, come per il “tax credit” (incrementato ed esteso, dalla nuova legge in gestazione, con incomprensibili ed ingiustificati entusiasmi), un “decision making” che forse andrà anche nella direzione giusta (in verità… chi può dirlo?!), ma deficitario di adeguato tecnicismo, data l’assenza (totale) di analisi di efficienza e di efficacia, di indagini preventivo-predittive, di valutazioni d’impatto…
Ancora una volta, la dimostrazione di un governo approssimativo e discrezionale della “res publica” in materia di cultura e media. D’altronde, questo è ormai l’andamento diffuso, come sta avvenendo rispetto alla Rai, il cui futuro strategico resta nascosto tra le nebbie della misteriosa “convenzione” decennale in gestazione… “Convenzione” il cui testo resta ancora chiuso nelle segrete stanze ministeriali, dopo mesi di roboanti annunci sulla consultazione pubblica… “Consultazione” il cui miserevole esito, nella sua emersa assoluta inutilità, è ormai evidente in atti…
- Clicca qui, per la presentazione della “nuova legge del cinema”, illustrata dal Ministro Dario Franceschini e dal Dg Cinema Nicola Borrelli il 21 ottobre 2016 a Roma, Palazzo Massimo (Museo Nazionale Romano), nell’economia del Mia – Mercato Internazionale Audiovisivo
- Clicca qui, per leggere il testo del “ddl cinema”, approvato dal Senato della Repubblica il 6 ottobre 2016
- Clicca qui, per leggere il dossier “Schede di lettura” dell’Atto Camera 4080 “Disciplina del cinema e dell’audiovisivo”, curato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati, in data 12 ottobre 2016