Quel che è avvenuto sabato 2 luglio è sintomatico delle dinamiche discontinue ed ondivaghe del “governo della cultura” in Italia, con interventi spesso frammentari e miopi, dettati dalla contingenza e dall’emergenza, con interazioni confuse di più livelli decisionali: il Consiglio di Stato ha sospeso la sentenza del Tar del Lazio depositata martedì 28 giugno, con cui la magistratura contabile ha bocciato in modo netto e duro il famoso “regolamento Nastasi” (da alcuni denominato anche “decreto Franceschini” perché il Ministro Dario Franceschini ha sostenuto con convinzione il testo elaborato dall’allora Direttore Generale Salvo Nastasi), ovvero il regolamento – quasi assurto a rango di legge – che dal luglio 2014 determina le sovvenzioni dello Stato a favore dello spettacolo dal vivo.
La notizia della sonora bocciatura aveva assunto notorietà nazionale giovedì 30 giugno, e “Key4biz” ha dedicato alla delicata questione un approfondito articolo (“Terremoto Fus: il Tar blocca i finanziamenti allo spettacolo”), che ha molto girato sui social, un aggiornamento accurato appare quindi necessario quanto opportuno, anzitutto per la comunità dei lettori affezionati.
In sintesi, scherzosamente: dal “terremoto” alla “tarantella”, dalla paralisi alla rianimazione…
Nell’arco di poche ore… un “coup de théâtre” degno della migliore commedia dell’arte!
La magistratura contabile continua in Italia ad intervenire – spesso ad altissimi livelli – nella vita economico-politica del Paese.
Non si tratta di uno “U-turn” annunciato (la sentenza del Tar non è stata capovolta, ma – almeno per ora – semplicemente sospesa), e sorprende la tempestività con cui il “2° grado” – per così dire – della magistratura contabile ha deciso di intervenire: una sensibilità istituzionale più unica che rara, certamente influenzata da dinamiche politiche e mediali.
Sabato 2 luglio un tweet del ministro Dario Franceschini (ore 12.57) e – successivamente, a distanza di quasi un’ora (questa è la “comunicazione pubblica 2.0”!) – un comunicato ufficiale del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (ore 13.53) hanno annunciato che il Consiglio di Stato aveva sospeso con provvedimento d’urgenza la sentenza del Tar del Lazio che annullava il decreto ministeriale riguardante i contributi del Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus).
Le reazioni sono controverse: chi aveva contestato quel regolamento, ed era stato lieto della sua bocciatura, si domanda ora se questa pur provvisoria decisione del Consiglio di Stato non preannunci piuttosto una inversione ad U, appunto; chi s’era preoccupato per le conseguenze immediate del decreto, ovvero il blocco dei finanziamenti erogati sulla base del regolamento bocciato, trae un respiro di sollievo.
La decisione non entra nel merito, ma si pone semplicemente come manovra tecnica che possa consentire, nelle prossime settimane e mesi, di rispettare lo spirito della sentenza del Tar, ma al tempo stesso di non paralizzare completamente il sistema italiano dello spettacolo dal vivo, nelle more di una sentenza del Consiglio di Stato che richiederà sicuramente qualche mese, se non un anno (questi i tempi standard). Da ricordare anche che, nel mentre, potrebbe concretizzarsi l’esito del referendum sulla riforma costituzionale, e potrebbe di fatto essere cancellato il Titolo V della Costituzione, venendosi tra l’altro a rideterminare le competenze della giustizia amministrativa.
La sospensiva-record: si tratta di un nobile compromesso o di una discutibile mediazione?! Dipende ovviamente dai punti di vista.
Per giovedì 21 luglio, è stata convocata una riunione tra le parti, ovvero tra gli avvocati dei ricorrenti (il milanese Teatro dell’Elfo-Puccini e la parmense Fondazione Teatro Due) e l’Avvocatura dello Stato (che difende le ragioni del Ministero, e quindi l’ormai famigerato regolamento): in quell’occasione, verosimilmente potrebbero essere definite delle misure “provvisorie”, in attesa dell’iter del procedimento pendente di fronte al Consiglio di Stato.
Interessanti le prese di posizione di due soggetti ben attivi nel settore: la lobby storica dello spettacolo italiano, la confindustriale Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) ed una vivace associazione di realtà emergenti ed indipendenti, il Cresco (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea), entrambe liete per la “sospensiva” ma comunque (diversamente) critiche rispetto alla situazione complessiva che il decreto Nastasi/Franceschini ha determinato.
Carlo Fontana, Presidente dell’Agis (recentemente confermato per un triennio alla guida dell’associazione, fino al 2019), ha dichiarato “Se non fosse arrivata la sospensiva, ci sarebbero state conseguenze drammatiche per l’intero spettacolo italiano”, ed ha difeso il decreto ministeriale, considerandolo uno strumento di “cambiamento dai presupposti largamente condivisibili e dai meccanismi ulteriormente migliorabili, come per altro è stato fatto, nei limiti del possibile, su iniziativa dell’Agis. Il risultato dei ricorsi rappresenta, invece, lo sfascio del settore. Tra lo sfascio ed un sistema migliorato, e ancora migliorabile, scelgo il secondo, senza se e senza ma. Adesso si vada avanti con decisione verso l’elaborazione di un testo legislativo che consentirà di rinnovare radicalmente lo spettacolo italiano”. In sostanza, Fontana sostiene che è bene lasciarlo a mollo nell’acqua un po’ sporca, se il rischio è di buttare, insieme all’acqua sporca, anche il metaforico bambino. La posizione è netta “senza se e senza ma”. Fontana teme “lo sfascio”. Ma qualcuno ritiene che il sistema fosse “sfasciato” prima, e resti “sfasciato” anche dopo il decreto.
Laura Valli, Presidente di Cresco, spiega la più articolata posizione del Coordinamento, che “intende gettare lo sguardo oltre questo momento complesso per lo spettacolo dal vivo italiano, per capire cosa ci lasciamo alle spalle e cosa si può intravedere nel nostro futuro: si prepari immediatamente una soluzione tampone nel caso il Consiglio di Stato confermi l’annullamento del Dm e, nel frattempo, si velocizzi il percorso di discussione e approvazione di una legge per il settore. Le ragioni della decadenza del Dm a opera del Tar sono tecniche e inappuntabili: esse denotano, come minimo, una serie di leggerezze da parte degli uffici del Mibact. Questo Dm, però, è il frutto di una stagione gestionale ormai conclusa, e di una direzione generale che non è più la stessa da un anno (nell’autunno del 2015 c’è stato l’avvicendamento alla Dg Spettacolo dal Vivo del Mibact tra Salvo Nastasi e Ninni Cutaia, ndr): non conviene dunque perdersi in troppe recriminazioni, ma solo auspicare che errori così gravi non accadano mai più, perché pregiudicano il lavoro di migliaia di operatori e di centinaia di imprese e determinano un’emergenza gravissima, come mai prima d’ora”.
Valli conclude: “Chiediamo dunque al Ministro Franceschini di non arretrare nella spinta riformatrice che il Dm porta con sé, ma di orientarla verso una proposta di legge quadro: si abbia il coraggio di rinnovare di più, di guardare al futuro, di fare una vera selezione dei migliori progetti, di immaginare un sistema dello spettacolo dinamico come quello italiano non è mai stato”.
Sia consentito osservare che le critiche del Tar del Lazio al decreto Nastasi-Franceschini non sono di natura esclusivamente tecnica, ma anche squisitamente politica, soprattutto rispetto alla contrapposizione tra “qualità” e “quantità” nella identificazione dei criteri selettivi. Non si tratta di un dettaglio.
In sintonia con Fontana, Filippo Fonsatti, Presidente di Federvivo (Federazione dello Spettacolo dal Vivo, costituitasi il 26 maggio scorso in seno all’Agis): “quel decreto ha avuto il merito di azzerare le rendite storiche e di innovare il sistema di attribuzione del Fus, ma, come spesso accade di fronte alle novità, vi sono state resistenze al cambiamento anche radicali…
Alcune decine di ricorsi contro il decreto sono una minoranza, seppure legittima e significativa, rispetto alle centinaia di soggetti premiati dalle nuove regole di assegnazione; perciò si riceve con sollievo la sospensiva del Consiglio di Stato che accoglie il tempestivo ricorso del Mibact. Federvivo, insieme all’Agis, ribadisce la disponibilità ad un confronto con il Parlamento, il Ministero e la Direzione generale, affinché la competenza e l’esperienza degli operatori possano indirizzare, nell’interesse comune, la visione politica e tecnica di un nuovo e necessario Codice dello spettacolo dal vivo”. Anche Fonsatti gioca con le metafore: “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”, ma minimizza la dimensione quantitativa (a parte quella qualitativa, e finanche politica) dei ricorsi: non sono “alcune decine”, ma oltre 120, e – si converrà – non è esattamente lo stesso.
Una delle più qualificate esperte di politica teatrale, Mimma Gallina, ha sostenuto che “le organizzazioni di categoria, l’Agis ma anche Cresco, hanno condotto patteggiamenti, invece di chiedere – per esempio – una fase sperimentale: ragionare sui principi, sulle competenze, e magari chiedere di sperimentare qualche novità sul multidisciplinare, sulla promozione, sui giovani. Era necessario simulare, programmare…”. Musica per le nostre orecchie, dato che questa contraddittoria vicenda conferma quel “governare” la cultura italiana senza adeguata analisi, valutazione, simulazione, programmazione. Una fase sperimentale di un anno era un’esigenza logica essenziale, che è stata invece incredibilmente trascurata, lanciando subito ad alta velocità una vettura che non era stata rodata…
Critica, naturalmente, la posizione del Comitato Movimento Difesa Spettacolo dal Vivo, che rappresenta una parte di coloro che hanno a suo tempo presentato i ricorsi al Tar così come alcune in/sofferenti anime dello spettacolo dal vivo che non si riconoscono nell’Agis o in Cresco (che hanno riempito il Teatro Quirino in occasione di un’affollata manifestazione nazionale, il 26 ottobre 2015): “Ma il Ministro Franceschini ha una coscienza? Si è reso conto che ci sono cittadini del suo Paese che non hanno più un lavoro? Questi Cittadini sono forse Cittadini di Serie B? Come può affermare che quanto sta succedendo al Mibact/Fus è colpa di chi sta difendendo la propria professionalità e il proprio lavoro? Le supposte verbali innovazioni si sono attuate sulla pelle di tanta gente… e ricordiamo a tutti che i ricorsi al Tar sono 120 e non una decina… E cosa dire infine dei tanti che salgono sul carro del Ministro per marciare contro chi sta legittimamente tutelando il proprio lavoro e la propria professionalità? Hanno una coscienza… loro?”.
In effetti, il Ministro Franceschini ha più volte sostenuto che coloro che hanno presentato ricorso si sarebbero dovuti assumere la piena responsabilità politica delle eventuali conseguenze delle loro azioni (vedi alla voce “rischio di paralisi” del settore). Sulla stessa linea d’onda, Emanuela Bizi, Segretaria Nazionale Slc-Cgil (Sindacato Lavoratori della Conoscenza): “Il Ministro Franceschini gioca a scaricabarile. Cerca di esimersi dalle proprie responsabilità riversando su chi ha presentato e vinto i ricorsi la colpa dell’annullamento del decreto per la ripartizione del Fus. Se il Tar ha annullato il decreto, la responsabilità è di chi lo ha scritto e non di quanti, penalizzati da criteri irragionevoli, provano a far valere i propri diritti. Così facendo, il Ministro, invece di trovare soluzioni adeguate, continua a perseverare nella logica diabolica di dividere i lavoratori dello spettacolo in buoni e cattivi, e alimentare fratture tra essi”.
Piuttosto critica ed aspra anche la posizione assunta dal Movimento Cinque Stelle, che, attraverso la portavoce al Senato Michela Montevecchi (clicca qui, per la registrazione video dell’intervento, al termine della seduta di giovedì 30 giugno), ha annunciato una nuova interrogazione parlamentare, ricordando la scortesia e scorrettezza di un Ministro che, a suo tempo, a fronte delle critiche del Movimento rispetto al “decreto Nastasi” al suo terribile algoritmo, avrebbe risposto “vi piaccia o non vi piaccia, così è”. Montevecchi ha auspicato “un passaggio parlamentare che coinvolga le commissioni competenti”.
La Senatrice del Pd Elena Montecchi (Commissione Cultura di Palazzo Madama) si è espressa con prudenza, ma con approccio critico anche lei (e va segnalato che è stata la prima parlamentare a diramare alle agenzie stampa un proprio parere): “La notizia della sentenza del Tar del Lazio riflette le tante perplessità espresse dalle realtà escluse o declassate dal bando in questione nella scorsa estate, a programmazione sostanzialmente in gran parte realizzata. Va detto che il Fus 2015 non ha subito tagli, anzi le risorse sono state incrementate, e che alcuni elementi di rinnovamento sono stati accolti positivamente anche dal mondo dello spettacolo dal vivo. Già dalle prime risultanze del nuovo metodo di erogazioni dei fondi, nel luglio 2015, però, appariva evidente una discutibile suddivisione delle risorse pubbliche, con forti squilibri territoriali e incongruenze tra realtà simili, per non parlare dell’esclusione di realtà che devono essere considerate pilastri della nostra tradizione musicale, come festival, bande e cori attivi su tutto il territorio nazionale. Criticità e osservazioni confluite in due interrogazioni che ho immediatamente rivolto al Ministro Franceschini”.
Continua la Senatrice Montecchi: “La necessità di dare un nuovo impulso alla cultura di qualità impone il superamento di contributi che guardano allo ‘storico’ come criterio spesso abusato a discapito dell’innovazione, ma sia le tempistiche in cui è intervenuto il provvedimento che l’adozione di algoritmi penalizzanti la qualità dell’offerta culturale hanno creato le condizioni per la chiusura di realtà che da decenni offrivano importanti esperienze di innovazione, promozione e ricerca”. Conclude Montecchi: “Siamo alla vigilia di un importante passaggio, con il nuovo Codice dello Spettacolo. L’ascolto dei portatori di interesse che vede il Ministro impegnato in prima persona con il collegato il cui iter parte dal Senato, sarà un elemento fondamentale, ma non di meno sarà importante individuare funzionari in grado di contribuire al rinnovamento del settore. Il lavoro di sinergia con le commissioni parlamentari competenti potrà dare i risultati sperati”.
Ce lo auguriamo tutti: è condivisa universalmente l’esigenza di una discussione ampia, plurale, dialettica, tecnica non meno che politica, più di quanto non sia stato fatto – a suo tempo – durante la gestazione del “decreto Nastasi”.
In conclusione, parafrasando il Grande Timoniere (Mao), “grande è la confusione sotto il cielo”, lo scenario è certamente confuso, ma non appare esattamente sotto controllo: potrebbe essere però paradossalmente favorevole ad una profonda riflessione (auto)critica da parte del Ministro e del Ministero.
Su queste colonne, evocavamo l’eventualità di un decreto legge del Governo, per salvare il salvabile, ovvero per evitare la paralisi totale del sistema, nelle more di una riflessione di ampio respiro sul sostegno pubblico al settore, ma quel che emerge indubbio, in questa curiosa dinamica, è l’esigenza di una rinnovata analisi seria della “domanda” e dell’“offerta” nel mercato culturale italiano, così come di un rinnovato serio ragionamento critico sul senso dell’intervento dello Stato nel settore, una politica culturale elaborata finalmente sulla base di una strumentazione di dati ed analisi che sia minimamente all’altezza di un “policy making” moderno.
Ci si augura che il Ministro Franceschini voglia cogliere la palla al balzo, e finalmente dotarsi della “cassetta degli attrezzi” che possa consentirgli un governo più lungimirante (e meno nasometrico) del sistema culturale nazionale.
Clicca qui per leggere il comunicato stampa “Il coraggio, dopo l’emergenza”, diramato dal Cresco (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea) dopo la bocciatura del Dm Franceschini da parte del Tar e la sospensione del Consiglio di Stato, Catania, 2 luglio 2016.