Ieri giovedì 14 luglio, “Key4biz” ha pubblicato un lungo articolo di analisi critica di alcuni recenti accadimenti nel “piccolo mondo” del cinema e dell’audiovisivo italiano (vedi “Tra cinema e televisione, tutte le crepe della governance”), partendo da una netta (e finanche dura) presa di posizione assunta da un manipolo di riconosciute associazioni del settore nei confronti di una dichiarazione attribuita al Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, in occasione della conferenza stampa della terza edizione del Mia – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo, tenutasi a Roma lunedì 10 luglio.
L’articolo pubblicato da “Key4biz” ha provocato reazioni contrastanti, ed alcuni operatori ci hanno chiesto se avessimo effettuato, prima di rilanciare e commentare la notizia, un adeguato “fact checking”: premesso che siamo teorici e cultori di questa buona pratica (come andiamo sostenendo anche su queste colonne), vogliamo proporre la vicenda, perché, nel suo piccolo, è un esempio di metodica accurata, e di contrasto alle “fake news” (che pure sono sempre in agguato).
In sintesi: il Ministro Carlo Calenda, secondo le sette associazioni del settore cinematografico (si ricordi che si tratta di soggetti “minori”, rispetto alla grande “lobby” confindustriale Anica ed Apt ovvero ai produttori di cinema e fiction, va subito precisato), avrebbe sostenuto che i decreti attuativi della legge cinema e audiovisivo voluta dal collega Dario Franceschini, d’intesa con il Sottosegretario al Mise Antonello Giacomelli (che pure evidentemente risponde al Ministro Calenda) tenderebbero ad accontentare un po’ tutti, grandi e piccoli, mentre lo Stato dovrebbe concentrare la propria attenzione sui “grandi”, ovvero sulle imprese grosse e forti, che sono le uniche che possono svilupparsi in uno scenario globale internazionale.
In sostanza, le sette associazioni hanno evidenziato una critica di Calenda nei confronti di Franceschini.
Se il “mondo cinematografaro” italico non fosse così piccolo, e se questo luglio non fosse così torrido, probabilmente si potrebbe classificare la questione come una tempesta in un bicchier d’acqua…
In verità, la questione è – ancora una volta – sintomatica di alcune dinamiche anomale del sistema culturale e mediale italiano.
I fatti separati dalle opinioni, come recitano i maestri di giornalismo. Procediamo, quindi.
I fatti
Lunedì scorso, il Ministro Antonio Calenda è intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del “Mia – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo”.
Sul tavolo di presidenza era affiancato, tra gli altri, dal Capo di Gabinetto del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Giampaolo D’Andrea, oltre che dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. Non è stato diramato un comunicato stampa dai Ministeri, ovvero né dal Mise né dal Mibact.
L’agenzia Ansa ha scritto, riportando le parole di Calenda (virgolettate):
“Con il Mia (Mercato Internazione dell’Audiovisivo) e la legge sul cinema ”per la quale so che ci sono discussioni sui decreti attuativi, dobbiamo puntare al consolidamento del settore. Siamo rilevanti se abbiamo player importanti che trascinano il resto, sennò si rischia la frammentazione, la polverizzazione. Questo è un pericolo che l’Italia corre in tutto, nel tentativo di non voler scontentare nessuno”” (dispaccio delle ore 16.31 di lunedì 10 luglio 2017).
Questa è l’unica agenzia stampa che propone traccia di una presa di posizione del Ministro. Si rimarca la critica al pericolo che l’Italia “corre in tutto”, ovvero “nel tentativo di non voler scontentare nessuno”. Vi si può leggere – ma tra le righe – un: e che i piccoli produttori si mettano l’anima in pace.
Chi ha assistito alla conferenza stampa ha memoria non univoca di quanto sostenuto dal Ministro: indubbio il riferimento alle grandi imprese ovvero ai “player importanti” da sostenere, e l’opinione che su esse vada concentrata l’attenzione dello Stato è evidente.
Si ha memoria certa che il Ministro ha sostenuto:
“Aggiungo che questa iniziativa del Mia non è disgiunta dalla politica settoriale fatta sul settore dell’audiovisivo: ovvero potenziare e consolidare un settore. Dobbiamo puntare al consolidamento del settore… Siamo importanti se abbiamo players importanti. Se non hai masse critiche, diventa tutto una marginalizzazione. C’è il rischio di non fare scelte per accontentare un po’ tutti”.
Ieri pomeriggio (si noti: a tre giorni di distanza dalla conferenza stampa), le sette associazioni (Agici – Associazione Generale Industrie Cine-Audiovisive Indipendenti, Cna Cinema, Anac – Associazione Nazionale Autori Cinematografici, Wgi – Writers Guild Italia, Sncci – Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani, Afic – Associazione Festival Italiani di Cinema, Cnc – Centro Nazionale del Cortometraggio) diramano, alle ore 13.17, un comunicato stampa sostenendo che:
“il Ministro allo Sviluppo Economico, Carlo Calenda, ha dichiarato che i decreti attuativi della nuova Legge Cinema non andrebbero nella direzione da lui auspicata di sostegno alle poche società leader del settore (fra cui Cattleya, Wildside, Lux, Palomar, Iif), secondo quanto disposto dalla stessa legge. In linea con la missione del suo dicastero, Calenda ritiene che il sostegno mediante risorse pubbliche alle prime dieci società di produzione più capitalizzate (cui andrebbero aggiunte Rai e Mediaset) farebbe da traino a tutte le piccole e medie, trascurando però che tali risorse provengono dal Ministero della Cultura, sono disciplinate dalla normativa europea e si basano sull’“eccezione culturale’”.
Alle ore 13.34, una riconosciuta agenzia stampa nazionale, 9colonne (inserita tra l’altro nel menù di Telpress), riprende integralmente il comunicato.
Comunicato che, ad oggi, non è stato oggetto di smentita di sorta da parte del Ministro.
Le opinioni
Alcuni esponenti di associazioni altre rispetto alle sette firmatarie sostengono che si sia trattato di una spiacevole (e finanche scorretta) “distorsione” del pensiero del Ministro, che non avrebbe fatto alcun riferimento “alle prime dieci società di produzione più capitalizzate”, cui andrebbero aggiunte anche Rai e Mediaset (e peraltro – ci si domanda – perché non anche Sky Italia, che da qualche mese è entrata direttamente anche nel business “theatrical”, attraverso la joint-venture Vision Distribution, co-fondata con Cattleya, Wildside, Lucisano Group, Palomar e Indiana Production?!).
Quel che è sicuro è che il Ministro ha fatto riferimento ai “big player”. Ed oggettivamente l’elenco tracciato dalle sette associazioni non è sostanzialmente errato, che siano cinque o dieci i maggiori operatori del settore…
Per scrupolo ulteriore, chi redige queste noterelle (autore giustappunto dell’articolo in questione), ha messo in atto una ulteriore procedura di “fact checking”, chiedendo per iscritto chiarimenti alla Portavoce e Capo Ufficio Stampa del Ministro Calenda. Alle ore 16 dell’indomani (cioè alla “chiusura in tipografia” di quest’articolo), nessun feedback dal Mise.
Il modesto cronista ha anche cercato di verificare se su web vi fosse traccia dell’intervento del Ministro alla conferenza del Mia.
Incredibilmente (soprattutto per una kermesse che beneficia di una generosa sovvenzione pubblica di 2 milioni di euro, di cui 1,5 milioni dal Mise), sul sito web del Mia non è disponibile la videoregistrazione della conferenza stampa, e non è stato possibile rintracciare l’addetta stampa del Mia (peraltro sul sito non vi sono nemmeno i recapiti telefonici della stessa, dato che si viene rimandati all’Anica, che, con Apt, è co-produttore dell’evento “Mia”; le due associazioni sono peraltro co-titolari del marchio) ovvero dell’Anica, il sempre disponibilissimo Paolo Di Reda.
Su web, esiste un estratto dell’intervento del Ministro Calenda, pubblicato online su YouTube: fonte TvZoomChannel (clicca qui, per visionarlo). Ma si tratta, appunto, di un estratto.
A questo punto, il giornalista accurato non può che fermarsi, perché andare oltre significherebbe sconfinare con l’attività di… “intelligence”.
Se il Ministro non ritiene necessario smentire… potrebbe significare che il senso delle dichiarazioni attribuitegli non lo infastidisce, oppure… potrebbe considerare le sette associazioni non degne di attenzione o comunque irrilevante la querelle. In verità, proprio irrilevante non è, se un Ministro manifesta una critica alle politiche di un proprio collega dell’Esecutivo.
Gli estensori del comunicato stampa delle sette associazioni ribadiscono che quei concetti il Ministro li ha espressi, anche se precisano che il dispaccio non riporta testualmente le parole di Calenda, dato che non c’è un “virgolettato”.
Per ora, in effetti, il virgolettato è soltanto quello dell’Ansa, che sostanzialmente riporta lo stesso concetto, ma in modo più generico.
Al di là delle parole testuali, riteniamo che il concetto essenziale sia stato espresso ed è netto, chiaro, univoco. Velata o meno, si tratta di una critica all’operato del collega Franceschini.
Coloro che accusano le sette associazioni di un’operazione comunicazionale distorcente (e strumentalizzante), di provocazione politica auto-accreditante, non sono stati in grado, almeno finora, di produrre documentazione probante la propria interpretazione.
La vicenda è comunque sintomatica di una tensione estrema che sta vivendo in questi giorni il settore cinematografico ed audiovisivo italiano.
Come abbiamo già spiegato, la legge cinema e audiovisivo potrà essere apprezzata nella sua concretezza soltanto quando vedranno la luce tutti i decreti attuativi. E ribadiamo: quel che stanno vivendo in queste settimane e giorni il Direttore Generale del Cinema Nicola Borrelli ed il suo staff di collaboratori e consulenti è veramente complicato e faticoso, schiacciati tra incudine e martello, anzi… tra più incudini e più martelli.
Se la legge (che è una legge “contenitore”, per molti aspetti) fosse stata più chiara nella sua architettura, non si sarebbe arrivati a questa situazione complessa e confusa. D’altronde è impossibile “correggere” con dei decreti alcune “storture” della legge, ma semmai si può cercare di fare chiarezza nelle aree grigie: ma andando in quale direzione, dati i tanti contrastanti interessi in gioco?!
In questa fase, la… “coperta” può essere tirata da un lato o dall’altro, ed è evidente che gli interessi in gioco sono contrapposti: “produttori” contro “autori”, “piccoli produttori” contro “grossi produttori”, “società di produzione” contro “broadcaster televisivi”, “associazioni culturali” contro “associazioni imprenditoriali”… Eccetera.
Un bel pasticciaccio, parafrasando Gadda.
Lo scontro è quello di sempre: “indipendenti” contro “major” (in senso lato).
“Sostenere i big” o “piccolo è bello”?!
È anche naturale che il Ministro “dell’economia” la pensi in modo differente rispetto al Ministro “della cultura”: è comprensibile che Calenda ritenga che, per stimolare l’internazionalizzazione, si debbano rafforzare le grandi imprese; è comprensibile che Franceschini abbia una visione più plurale, coniugando economia e cultura (anche se abbiamo più volte segnalato quanta attenzione il titolare del Mibact assegni alla componente economica del sistema culturale).
Ed il problema reale è, ancora una volta, in questo Paese, il policentrismo delle “policy” pubbliche, e l’assenza – anche rispetto alla promozione internazionale del “made in Italy” materiale ed immateriale – di una “cabina di regia”, ovvero di una strategia organica lungimirante (tra l’“economico” ed il “culturale”)…
Si resta in attesa di chiarimenti, da una parte o dall’altra.