È stato presentato a Roma il 19 maggio 2015, in consesso assolutamente istituzionale, un interessante libro intitolato La tempesta perfetta?, che intenderebbe rispondere (come recita il sottotitolo) ad un quesito epocale: “Il possibile naufragio del servizio sanitario nazionale: come evitarlo?”. Scritto da Walter Ricciardi, Vincenzo Latella, Claudio Cricelli, Federico Serra, edito nella collana Ricerche Economia della casa editrice Vp ovvero Vita e Pensiero (Università Cattolica di Milano).
La presentazione in un consesso istituzionale ci ha provocato un qualche dubbio pregiudiziale (l’autoreferenzialità del potere…), ma va dato atto alla Ministra Beatrice Lorenzin di mostrare una capacità comunicazionale discretamente spiazzante.
#ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz.
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Basti pensare ad “Alcol Snaturato”, eterodossa campagna contro l’abuso di alcol da parte dei giovani, orchestrata con la collaborazione degli eccentrici Elio e le Storie Tese, e lanciata in questi giorni.
Ci ha convinto meno l’iniziativa promossa ad aprile, “Falsi Miti e Vere Eccellenze”, che intendeva combattere alcuni luoghi comuni (e ciò è corretto), ma correndo il rischio di determinare una logica da “tutto va ben, Signora la Marchesa”.
Senza dubbio, comunque, la Lorenzin è una attivissima “Ministra comunicatrice”, forse la n° 2 dopo Super Matteo.
Il nostro mestiere di ricercatori e giornalisti ci consente ormai di comprendere la qualità delle pubbliche iniziative, anche soltanto da pochi dati ed in pochi attimi, talvolta da coreografie e prossemiche: l’apertura dell’incontro non ci è piaciuta, perché, per giustificare la metafora che dà giustappunto il titolo al saggio, siamo stati costretti a vedere un trailer (versione lunga) del film – giustappunto – “La tempesta perfetta”: una sorta di “disaster movie” del 2000, diretto da Wolfgang Petersen, tratto da una storia realmente accaduta, con l’intraprendente George Clooney, salvatore della patria, anzi – nel caso in ispecie – comandante del peschereccio in tempesta (nello slang dei meteorologi, la “tempesta perfetta” è determinata dallo scontro tra due aree di bassa pressione, evento che si verifica assai raramente, che produce un uragano che colpisce esattamente l’area più vulnerabile di una regione). Frase cult del film: “Questo è il momento della verità, signori: qui si distinguono gli uomini dai buffoni”.
Quando la moderatrice, la gentile Maria Emilia Bonaccorso (giornalista Ansa) ha dato la parola a Renato Botti, Direttore Generale della Programmazione Economica del dicastero, succeduto nell’autunno scorso a Francesco Bevere (divenuto Direttore Generale dell’Agenas, l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali), non abbiamo registrato una crescita di entusiasmo: Botti, pacato economista, è intervenuto in rappresentanza del Ministro (che notoriamente è in attesa di partorire due gemelli), e si è limitato ad un saluto dal sapore piuttosto rituale, anche se gli va dato atto di aver onestamente messo il dito sulla piaga della ormai decrescente competitività del settore della sanità pubblica, rispetto alle aspettative dei manager, sempre più attratti dal settore privato e da altri comparti più appetibili dal punto di vista della remunerazione dirigenziale. E, se la tecnostruttura del sistema sanitario nazionale (manager e medici) si indebolisce, stiamo tutti… messi male!
Ci ha particolarmente impressionato, per sintesi e chiarezza e efficacia, la presentazione di Walter Ricciardi, ordinario di Igiene presso la Cattolica, Direttore del Dipartimento di Salute Pubblica del Gemelli nonché Commissario dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss). È anche Presidente della Società Italiana Medici Manager (Simm) e Direttore dell’Osservatorio Italiano sulla Salute nelle Regioni Italiane. Ricciardi è pure il curatore del rapporto “Osserva Salute” della Cattolica (la cui ultima edizione è stata presentata a fine marzo 2015).
Politicamente è stato co-fondatore di Italia Futura con Luca di Montezemolo, e Responsabile del Dipartimento Salute e Sanità, nonché candidato della lista Scelta Civica di Mario Monti.
Con una ventina di slide tratte dal volume, Ricciardi – con eccellente capacità affabulatoria (d’altronde, può vantare anche una qualche esperienza come attore, fin da bambino nella serie “I ragazzi di Padre Tobia”) – ha proposto una radiografia inquietante del nostro sistema sanitario, contestualizzata nello scenario della socio-economia nazionale.
Quel che emerge è anzitutto l’impressionante tasso di invecchiamento della popolazione italiana, che determinerà conseguenze drammatiche nell’arco dei prossimi 10 o 20 anni, sulla economia complessiva del sistema sanitario nazionale. Se è vero che negli ultimi 60 anni la quantità degli “over 65” è aumentata addirittura di 30 volte, attualmente sono ben 13 milioni. Le patologie più diffuse sono ipertensione, diabete, cardiopatie e tumori.
Ricciardi ci è parso uomo di numeri ed al contempo di strategie, e vogliamo sperare che il suo monito venga ascoltato dal Ministro. D’altronde, la sua nomina a Commissario dell’Iss, nel luglio del 2014, è avvenuta d’intesa tra i Ministri della Salute e dell’Economia. Si segnala peraltro che il commissariamento dell’Istituto è stato determinato dalla situazione di disavanzo finanziario per due esercizi consecutivi.
Che il sistema sanitario nazionale versi in gravissime condizioni è sotto gli occhi di tutti coloro che, non potendosi permettere il lusso di assistenza sanitaria integrativa, sono costretti a ricorrere alle strutture pubbliche: qualità dei servizi spesso scadente ed attese bibliche per visite specialistiche… Le previsioni statistiche sulla quantità di anziani che nei prossimi anni dovranno affrontare, dai 65 anni in su, una media di almeno 3 patologie in contemporanea sono allarmanti.
Le risorse sono già insufficienti attualmente, e le prospettive – in assenza di un nuovo “boom economico” (che nessun futurologo prevede per i prossimi decenni) – sono veramente drammatiche.
Come ha correttamente sostenuto Ricciardi, se è vero che l’età media dell’italiano continua a crescere (attualmente è 83 anni l’aspettativa di vita alla nascita), si prospetta un “Paese di vecchi”, peraltro malati assai e mal assistiti.
La spesa sanitaria è già al limite: non può essere ridotta ulteriormente, a rischio è la sostenibilità.
Nel 2011, in Italia la spesa sanitaria rappresentava il 9,2 % del Prodotto Interno Lordo, una quota leggermente inferiore alla media dei Paesi dell’Ocse (9,3 % del Pil), ma decisamente più bassa rispetto a quella di Paesi come i Paesi Bassi (11,9 %), la Francia (11,6 %), la Germania (11,3 %).
Ha sostenuto Ricciardi che “è necessario evitare che il Sistema Sanitario Nazionale sia l’espressione, a volte schizofrenica, delle volontà di 21 Regioni e Province Autonome che, in nome della riforma federalista, interpretano il dettato costituzionale come possibilità di operare senza vincoli, salvo poi trovare un salvatore di ultima istanza nello Stato. Questo non significa voler tornare indietro al dirigismo centralista precedente agli anni Duemila. I vantaggi di una gestione locale più vicina al paziente sono a tutti noti, e quindi vanno preservati”.
Se la diagnosi così come l’anamnesi appaiono chiare, incerte sono la cura e le prescrizioni: in questo, le teorizzazioni di Ricciardi ci son parse meno convincenti.
In effetti, i differenti livelli qualitativi delle prestazioni effettuate da alcune Regioni del Nord rispetto ai disastri della gran parte delle Regioni del Sud, evidenziano che uno dei problemi principali (forse il principale) è determinato dalla debolezza dello Stato centrale, dato che l’assetto istituzionale attuale assegna alle Regioni una grande autonomia gestionale, che non contribuisce alla razionalizzazione della spesa pubblica nazionale.
Non è una ipotetica ri-centralizzazione della spesa pubblica sanitaria a rappresentare la meccanica panacea, ma sicuramente ben poco può fare la direzione generale di Botti (la indispensabile “programmazione economica” del dicastero, giustappunto), a fronte del policentrismo delle variegate realtà regionali. Studia, ricerca, analizza e propone (come l’Agenas), ma poi?!
Ricciardi ha sostenuto che le informazioni sulla indispensabile ed urgente correzione della “rotta” ci sono (ed in effetti, ascoltandolo, si matura l’impressione di un tecnico preparato), il problema è che il “capitano” continua ad ignorarle, non assumendo le indispensabili decisioni radicali, che rappresenterebbero un sacrificio finanche crudele nel breve periodo, ma potrebbero determinare effetti benefici nel medio lungo periodo.
L’alternativa terribile è rappresentata dal concetto sintetico di “privatizzazione” ovvero il rischio concreto che lo Stato sia costretto ad eliminare l’assistenza sanitaria universale obbligatoria: una deriva pericolosa, che sta per affrontare la Spagna.
Un altro indicatore preoccupante dell’impoverimento della struttura del sistema sanitario italiano è dato dalla osservazione che ormai dei 10mila medici sfornati ogni anno dalle nostre università, ben 2.000 (duemila!) emigrano per cercare lavoro all’estero.
Passando dalle strategie alla quotidianità, Claudio Cricelli, Presidente della Società Italiana di Medicina Generale (Simg), ha con simpatia ed ironia rimarcato come la “ciurma” (ovvero i medici) possa fare ben poco, se il capitano continua a condurre il vascello in mari perigliosi, non curante del pericolo, ovvero il rischio di crash economico-finanziario del sistema.
Dall’incontro, pur in assenza dell’iperattiva Ministra, abbiamo tratto un’impressione contraddittoria: la presentazione di un libro di questo tipo (un saggio serio e documentato, che pure, inevitabilmente, finisce per assumere i toni di un pamphlet polemico) nel cuore del Ministero lascia sperare che la titolare “pro tempore” del dicastero abbia piena coscienza della necessità di intervenire radicalmente e rapidamente, perché altrimenti, se non si modifica la rotta, la “tempesta” sarà veramente “perfetta”, e tutti noi saremo costretti ad affrontare una penosa dinamica da “cronaca di una morte annunciata”. Siamo destinati a morire, vecchi ma poveri e malati??? Vorremmo proprio evitarlo.
Dalle colonne di un quotidiano attento al digitale quale è “Key4biz”, non possiamo non rimarcare l’utilità estrema che potrebbe determinare la cartella medica digitale di tutti i pazienti del sistema sanitario italiano (cartella clinica elettronica e fascicolo sanitario elettronico): se ne parla da decenni, ma finora è rimasta una chimera. In verità, nelle linee di azione del Governo, la “Sanità Digitale” c’è: dal Fascicolo Sanitario Elettronico (il cosiddetto “Fse”) appunto al Patto Sanità Digitale. Ma, ancora una volta, si registra lo iato tra belle intenzioni (ed i proclami roboanti tipici del Governo Renzi) e la triste realtà fattuale, con processi lenti, confusi, controversi, e talvolta… un passo avanti e due indietro. Non siamo noi a schierarci nelle fila dei “gufi”: che vi siano tante criticità e ritardi è infatti certificato da un soggetto indipendente qual è l’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, che una settimana fa ha presentato i risultati della ricerca 2015.
Secondo i risultati di questo studio, la completa diffusione della cartella clinica elettronica in Italia consentirebbe risparmi per 1,6 miliardi di euro (azzerando i costi di stampa e gestione del cartaceo), un’offerta piena di servizi digitali agli utenti (come il download dei referti via web, la prenotazione online di esami/visite e degli accessi al centro prelievi, anche tramite “app” e “totem self service”) determinerebbe risparmi fino a 350 milioni di euro all’anno alle strutture sanitarie, ed addirittura 4,9 miliardi di euro l’anno ai cittadini (in termini di risparmio di tempo per recarsi alle strutture e di attesa agli sportelli)… Cifre impressionanti. Perché non si procede allora con… “barra dritta e avanti tutta”?!
La Ministra Lorenzin è convinta – come ha dichiarato pubblicamente in più occasioni – che l’“ehealth” sia un fattore fondamentale di sviluppo socio-economico, ma la comunità professionale (i medici) e gli “stakeholder” tutti (i pazienti ed i cittadini tutti) attendono risultati concreti, e nel breve periodo.
Per esempio, era stata stabilita la scadenza del 30 giugno 2015 per il Fascicolo Sanitario Elettronico, ma il termine sembra slittare di sei mesi con la benedizione dell’Agid- Agenzia per l’Italia Digitale, a fine 2015, e peraltro il decreto attuativo del Fascicolo giace a Palazzo Chigi da quasi due anni…
Senza questo decreto, le Regioni stesse non hanno cognizione esatta del lavoro che debbono fare: tipico caso di ‘contraddizione interna’ italica. Alcune Regioni ritardatarie plaudono all’ennesimo rinvio, dato che loro stesse (Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria, Liguria, Sicilia), lo avevano richiesto, data la propria impreparazione.
In sostanza, alcuni semplici strumenti della “rivoluzione digitale” possibile (si pensi a quel che potrebbe provocare la comunicazione elettronica e multimediale anche soltanto in termini di prevenzione) potrebbero facilmente determinare significativi risparmi della spesa pubblica, e quindi possibili riallocazioni finalizzate alla emulazione dei casi di eccellenza (che pure esistono) ed alla riduzione della tendenziale crescente in/sofferenza che saranno costrette ad affrontare le fasce più deboli della popolazione nei prossimi decenni.
“Barra dritta ed avanti tutta!”, allora, Ministro Lorenzin, per evitare la “tempesta perfetta”.