La Giunta retta da Virginia Raggi sta per celebrare i suoi due primi anni di governo di Roma (il suo mandato è iniziato il 22 giugno 2016), e questa mattina, nella Casa dell’Architettura a Piazza Fanti, è stato presentato un documento che è parso ai più un tentativo di “resoconto” dell’amministrazione capitolina: “Roma Strategia di Resilienza”, un corposo dossier di 158 pagine, con bella infografica in quadricromia (ma – “of course” – non stampato su cartaceo, e disponibile soltanto in formato .pdf: clicca qui per il download).
Perché l’iniziativa merita l’attenzione di “Key4biz”?! Perché è rara un’occasione di pubblico incontro alla quale partecipano cinque o sei assessori di una Giunta comunale di una città come Roma, e perché i due protagonisti principali della kermesse hanno affrontato tematiche care a questa testata: la cultura ed il digitale. In effetti, gli interventi di maggiore respiro sono stati quelli di Luca Bergamo (Assessore alla Crescita Culturale, nonché Vice Sindaco, e – secondo molti – vero e proprio “alter ego” della Sindaca Virginia Raggi) e Flavia Marzano (Assessore Roma Semplice).
Il concetto di “resilienza” è ormai assai in voga, nel dibattito urbanistico e sociologico, ma si tratta di qualcosa che rischia di essere assai polisemico ed evanescente: un altro termine… modaiolo, nello slang dell’imperante tecnicismo post-moderno. Come “digitale”, come “globalizzazione”, come “smart”: un lessico ed una semantica la cui vacuità è sempre in agguato.
Per “resilienza”, si intende – in generale – la capacità di un sistema di adattarsi ai cambiamenti: nel caso delle città, si prendono in considerazione gli eventi climatici, le trasformazioni sociali, l’impatto di eventi esterni sui diversi gruppi sociali e sull’insieme del tessuto urbano. Per “resilienza urbana”, si intende – più esattamente – una strategia che favorisca la capacità della città ovvero della sua comunità di sopravvivere, adattarsi e prosperare, indipendentemente dagli stress cronici e dagli shock improvvisi determinati per effetto dei cambiamenti climatici e dei cambiamenti socio-economici. Una “città resiliente” è una città che garantisce qualità della vita ai suoi cittadini, che può fare leva su una cittadinanza attiva e coesa, in grado di raccogliere la sfida di una pianificazione di lungo periodo delle sue scelte e delle sue politiche: una città capace di rispondere efficacemente agli shock e agli stress esterni – dal cambiamento climatico alle trasformazioni dell’economia – di cui può essere oggetto in un mondo sempre più turbolento. Una efficace strategia di resilienza è la risposta più idonea in termini urbanistici e socio-economici, anche per promuovere adeguati investimenti nelle infrastrutture (il nuovo… Stadio della Roma, forse???). Una città che intende essere “resiliente” dovrà anzitutto essere fondata su una idea precisa di quali sono gli shock e gli stress che maggiormente l’affliggono tenendo altresì conto delle iniziative già avviate per farvi fronte.
Bene, bene, bene: ma… concretamente?!
Abbiamo ascoltato Luca Bergamo, con il suo abituale eloquio pacato, che ha proposto una lettura colta ed alta di concetti come “storico” e “contemporaneo” (il Colosseo – ha sostenuto – “noi oggi lo vediamo come elemento della storia, ma a suo tempo era un oggetto della contemporaneità… per troppi anni, questa città ha smesso di ragionare sulla propria contemporaneità attuale…”), ed ha evocato rischi non di breve ma di medio-lungo periodo (con lo scioglimento dei ghiacciai, cosa accadrà a città come Ostia, gran parte della cui popolazione vive a poche decine o centinaia di metri dal mare?!). Bergamo ha rivendicato l’esigenza di affiancare (far interagire), nelle strategie di resilienza, la dimensione “umana” (sociale) alla dimensione “fisica” (urbanistica): la città vive di relazioni, e quindi di cultura. Bergamo, proprio per esemplificare il tentativo di stimolare una maggiore interazione tra “cose” e “persone”, ha annunciato il lancio di una “card” per i cittadini romani che, quasi gratis (al costo di 5 euro all’anno) consentirà l’accesso alla rete museale capitolina (in effetti, il sistema culturale della Capitale è affollato di turisti, ma paradossalmente assai poco frequentato dai romani stessi). Ha annunciato una progettualità di rigenerazione del Tevere, pur segnalando la complessità di una simile operazione, data la enorme frammentazione di competenze istituzionali…
Abbiamo ascoltato Flavia Marzano evidenziare quel che il suo assessorato ha fatto in questi due anni: dallo “streaming” delle riunioni della Giunta e del Consiglio Comunale e finanche dei 15 Municipi romani, al progetto “Open Bilanci” (cui abbiamo dedicato attenzione critica anche su queste colonne, vedi “Key4biz” del 21 ottobre 2016, “Open Government del Comune di Roma: la montagna ha partorito il topolino” e del 23 novembre 2017, “Virginia Raggi e il bilancio di previsione. La retorica della trasparenza e la realtà dei fatti”), al progetto di “sistema unico di segnalazioni”, al primo rapporto di impostazione “Bes” – acronimo di “Benessere Equo e Sostenibile” – presentato il 29 maggio scorso, all’imminente nuovo portale internet “Open Data”… Commendevoli iniziative, ma non bastano. Noi ci limitiamo a segnalare che, da semplici utenti (cittadini normali, anzi attivisti del Comitato di Quartiere Tuscolano-Villa Fiorelli), il nuovo portale web di Roma Capitale ci sembra non esattamente all’altezza del salto di qualità annunciato, e talvolta ci viene addirittura nostalgia per il pre-esistente (peraltro ancora non ben incorporato nel nuovo).
La “strategia di resilienza” di Roma si basa su 4 “pilastri” fondamentali e 9 “azioni prioritarie”, con l’obiettivo di creare:
Pilastro 1: Una città efficiente al servizio dei propri cittadini
- “Azione prioritaria” 1: Mettere a sistema una Centrale Operativa Unica per l’amministrazione ordinaria e delle emergenze nella città;
- “Azione prioritaria 2”: Istituire l’Ufficio di Resilienza permanente all’interno del Comune.
Pilastro 2: Una città forte, dinamica e unica
- “Azione prioritaria” 3: Rilanciare e riqualificare il Tevere tramite progetti specifici coordinati dall’Ufficio Speciale del Tevere;
- “Azione prioritaria” 4: Valutare il potenziale di resilienza della rigenerazione del distretto dell’area Ostiense Marconi;
- “Azione prioritaria” 5: Riorganizzare la fruizione dei siti archeologici per integrarli nella vita quotidiana degli abitanti di Roma;
Pilastro 3: Una città inclusiva, aperta e solidale con tutti
- “Azione Prioritaria” 6: Attuare il programma di promozione delle attività sportive per tutti per avviare un percorso di accoglienza ed inclusione delle diversità;
- “Azione Prioritaria” 7: Attuare il nuovo programma di accoglienza integrata ai richiedenti asilo e ai titolari di protezione internazionale;
Pilastro 4: Una città capace di salvaguardare e valorizzare le proprie risorse naturali
- “Azione Prioritaria” 8: Rinnovare il parco automezzi pubblici con l’introduzione di bus ecosostenibili;
- “Azione Prioritaria” 9: Ottimizzare la raccolta differenziata di rifiuti.
Abbiamo ascoltato anche altri assessori (Giuseppina Montanari, Assessore alla Sostenibilità Ambientale, intervenuta in tandem con Linda Meleo, Assessore alla Città in Movimento): molte belle parole, molti concetti alti…
Più un programma di governo futuro, alla fin fine, che un rendiconto di governo attuato.
Per capirci, ma chi diavolo non può condividere una “azione prioritaria” come “ottimizzare la raccolta differenziata di rifiuti”? Crediamo che finanche sia Potere al Popolo che Casa Pound sottoscriverebbero assieme, ma… concretamente?! I cassonetti, quasi sempre stracolmi e nauseanti, della città di Roma sono uno scandalo esposto alla comunità internazionale.
Retorica a parte, l’’impressione complessiva è comunque deludente: crediamo che, problemi genetico-strutturali a parte (non basta essere onesti per governare una città come Roma, servono doti di competenza tecnica e di esperienza storica, ed un management qualificato ed affidabile), la Giunta Raggi non abbia una adeguata capacità di rappresentare e comunicare quel che ha fatto e sta cercando di fare. Esiste senza dubbio un forte deficit di comunicazione, anzi – per dirla à la Beppe Grillo – una grande incapacità di “narrazione”. Insomma, manca tecnocrazia e manca affabulazione.
La rendicontazione viene auspicata, e spesso evocata a gran voce, ma essa diviene retorica, appunto, se non ci si dota della strumentazione tecnica adeguata: non ci risulta che esista ancora un “bilancio sociale” di Roma Capitale (dopo due anni di Giunta), e già questo la dice tutta, rispetto al “gap” tra belle intenzioni e realtà fattuale.
La Giunta Raggi ha presentato oggi una sorta di pre-“bilancio” e, al contempo, di pre-“programma”.
Bello, nelle intenzioni.
Grazioso, nel layout grafico.
Debole, se si riflette sul fatto che questa Giunta amministra Roma da due anni.
Governare Roma è impresa titanica per chiunque, ma sia consentito osservare – da cittadini, in primis – che i risultati finora raggiunti appaiono deboli e frammentari. E certamente mal rappresentati.
In effetti, il documento “Strategia di Resilienza” si porrebbe nell’ottica di una rendicontazione di quel che Roma Capitale ha realizzato negli anni della giunta a guida grillina ed al tempo stesso come base progettuale per le prospettive future.
L’iniziativa è stata annunciata come la prima mai realizzata in Italia. Il progetto di “Roma Resiliente” è stato comunque avviato dalla Giunta guidata da Ignazio Marino (che ha governato la città dal 12 giugno 2013 al 31 ottobre 2015), e si ricorda che il primo workshop dell’iniziativa si è tenuto nel giugno del 2014.
Si tratta di un piano sviluppato in collaborazione con “100 Resilient Cities” (da cui l’acronimo “100 Rc”), un progetto ideato nel 2013 dalla Rockefeller Foundation (e già qualche “purista” potrebbe storcere la bocca, rispetto a queste “alleanze” tra pubblico e privato…), in occasione del suo centenario. Con il lancio di questo progetto, Roma si unisce ad altre metropoli come New York, Parigi e Città del Messico nel fare fronte alle sfide sociali, economiche e fisiche, caratteristiche del XXI secolo.
Il “piano di resilienza” intende mettere al centro il benessere dei cittadini e, allo stesso tempo, preparare al meglio la città – come abbiamo già segnalato – ad affrontare diversi problemi, come il cambiamento climatico, l’immigrazione, l’invecchiamento della popolazione, l’inquinamento, il trasporto pubblico, lo smaltimento dei rifiuti e l’aumento della povertà.
Roma è stata scelta per fare parte del network “100 Rc”, tra oltre 1.000 città candidate in tutto il mondo: è stata selezionata nel dicembre del 2013 tra il primo gruppo di 32 città per far parte della rete di “100Rc”.
Dopo un incontro nel settembre 2017 presso la sede di Risorse per Roma (società “in-house” di Roma Capitale), che ha di fatto dato nuovo slancio al laboratorio del progetto avviato nel giugno 2014, a fine ottobre in Campidoglio si è tenuto il primo tavolo interassessorile, alla presenza della Giunta Capitolina, del Direttore Generale di Roma Capitale e facente funzioni anche di “Chief Resilient Officier” Franco Giampaoletti, del “Resilient Team”, e dei rappresentanti del “partner strategico” Arup (gruppo britannico che presta servizi professionali di ingegneria, urbanistica).
In conclusione, una domanda sorge spontanea, e retoricamente provocatoria: è sufficiente la creazione di nientepopodimeno che un “Chief Resilient Officier” (ovvero un “Cro”, la cui nomina è stata annunciata per imminente) per rendere una città realmente resiliente?! E Roma è effettivamente resiliente o semplicemente sopravvive a sé stessa, da decenni, secoli, millenni?!