Ddl Franceschini

ilprincipenudo. Rivoluzione Cinema: ma come saranno allocate le risorse?

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

Il ministro Franceschini lancia la nuova legge sul cinema e l’audiovisivo: 400 milioni l’anno di sostegno pubblico (+60 %), regole più semplici, radicale inversione di tendenza. Ecco il provvedimento integrale

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

La notizia è oggettivamente esplosiva: il duo Franceschini-Giacomelli ha fatto approvare dal Consiglio dei Ministri di giovedì 28 gennaio 2016 un disegno di legge (un “collegato” alla manovra di finanza pubblica 2015-2017) che possiamo definire “rivoluzionario”, senza eccesso di retorica, perché, per la prima volta dopo decenni di contrazione della spesa pubblica nella cultura, si propone di stabilizzare nell’ordine di almeno 400 milioni di euro all’anno – in modo permanente – la dotazione delle risorse destinate al settore cinematografico e audiovisivo.

La decisione è radicale ed importante, e potremmo addirittura sostenere che “poco importa” come verranno assegnate queste risorse: ovviamente, questa è sì un’affermazione retorica, perché il “come” conta non meno del “quanto”.

Di fatto, il Governo intende regolare il settore cinematografico in modo organico, superando una normativa che risale al 1949 (la famosa “legge Andreotti”), soltanto in parte modificata dalla cosiddetta “legge Urbani” del 2004 (decreto legislativo n. 28 del 22 gennaio 2004, divenuta la legge n. 128 del 21 maggio 2004, e successive modificazioni, inclusi decreti attuativi che hanno apportato svariate modificazioni nell’ultimo decennio, spesso con interventi contingenti e frammentari).

La notizia non è certo inattesa (ne scrivevamo in dettaglio anche su queste colonne, quattro mesi fa: vedi “Riforma del cinema e dell’audiovisivo: tra quote obbligatorie e nuove tasse agli ott”, su “Key4biz” del 15 settembre 2015), ma l’accelerazione della tempistica ha spiazzato molti.

 

Il disegno di legge

“Key4biz” pubblica in anteprima assoluta il disegno di legge.

Il disegno di legge – intitolato “Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo” – è frutto di un anno di elaborazioni, avviate nei cosiddetti “tavoli interministeriali” promossi dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact) e dal Ministero dello Sviluppo Economico (Mise), con saggia decisione, dopo anni di isolamento tra competenze istituzionali in materia di “cinema” e di “audiovisivo”.

Tavoli coordinati dal Direttore Generale del Cinema del Mibact Nicola Borrelli, nei quali sono stati coinvolti molti dei “player” del settore, soprattutto nella componente economica ovvero imprenditoriale: dall’Anica all’Apt ai maggiori broadcaster televisivi…

Due dinamiche sono comunque discretamente stupefacenti: la grande riservatezza dei lavori (eppure non stiamo trattando di una materia degna del segreto di Stato…) e l’assenza di dibattito pubblico durante la gestazione del provvedimento (i tecnici dei due dicasteri hanno sostanzialmente avocato a sé la stesura del testo, dopo aver metabolizzato i contributi dei partecipanti ai “tavoli”…).

Una nuova legge sul cinema e lo spettacolo non meriterebbe un dibattito ampio, approfondito, plurale, partecipato, anche rispetto alle tecnicalità della sua architettura testuale?!

Stupisce, in verità, soprattutto perché al governo c’è un esecutivo di centro-sinistra, che non siano state attivamente coinvolte le associazioni del versante creativo dell’audiovisivo, dai 100autori, all’Anac, all’Anart, alla Wgi, né le associazioni dei professionisti come scenografi e autori della fotografia ed altre categorie professionali riunite nella Fidac, nei sindacati dei lavoratori e quelli professionali come il Sncci ed il Sngci, né le associazioni dei fruitori come l’Aiart, né soggetti importanti nell’economia complessiva del sistema come la Siae…

E nemmeno risulta sia stata coinvolta l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.

Perché?!

Forse, trattandosi anzitutto di un flusso rafforzato di numismatica, i due dicasteri hanno pensato bene che fosse prioritario coinvolgere gli “imprenditori”, piuttosto che i “creativi”.

Sono state peraltro coinvolte soltanto le associazioni imprenditoriali maggiori, come Anica ed Apt, ma incredibilmente non la storica Agis (cui ha aderito recentemente l’Apgci, associazione dei giovani produttori) e nemmeno Doc/it (l’associazione documentaristi).

Perché?!

Riteniamo sia stato comunque un grave errore di metodo, ovvero la dimostrazione di un’asimmetria attenzionale tra le due anime delle industrie culturali (“arte” e “mercato”), ma certamente vi si potrà porre rimedio durante l’iter del provvedimento.

Crediamo che provvedimenti di questa rilevanza strategica dovrebbero nascere con logiche “bottom-up”, con ampio coinvolgimento di tutti gli “stakeholder”, con consultazioni pubbliche serie, dialettiche, autentiche.

Pubbliche e trasparenti.

Le metodiche renziane appaiono spesso eccessivamente decisioniste ed autocratiche: basti pensare a come è stata sviluppata la “mini” riforma della Rai.

È anche piuttosto curioso che il Governo abbia in qualche modo “bypassato” il Parlamento, dato che il provvedimento determina – di fatto – un inevitabile accantonamento della proposta di legge presentata a suo tempo dalla senatrice del Pd Rosa Maria Di Giorgi (renziana doc), che paradossalmente ha invece dato grande ascolto alle associazioni degli autori (da osservare che sul sito web della Di Giorgi, che pure pubblica due commenti in data 28 gennaio 2016, non v’è curiosamente alcun cenno al ddl Franceschini).

Qualcuno malignamente sostiene che si potrebbe essere trattato di una abile operazione “a tavolino”, ovvero di un perverso… “depistaggio” politico: alla Di Giorgi è stato affidato il giocattolo “dialettico”, a Renzi ovvero Franceschini-Giacomelli il “decision making” vero.

Alla prima, l’interlocuzione con i “creativi”; ai secondi, l’interlocuzione con i “businessmen”.

Se così fosse, bello non sarebbe, perché evidenzierebbe una qual certa criticità in termini di pluralismo e democrazia, anche perché di fatto son state coinvolte soltanto le lobby più influenti (Anica ed Apt) ed i poteri forti (Rai, Mediaset, Sky…).

È certamente un bene eliminare i rischi di “consociativismo” (tipico delle politiche cinematografiche degli ultimi decenni del secolo scorso), ma qui si passa all’estremo opposto: “decisionismo elitario ed autocratico”.

Va comunque notato che, nel comunicato stampa diramato da Franceschini, c’è un passaggio squisitamente diplomatico: dichiara il Ministro che il “disegno di legge è frutto del tavolo di lavoro con tutte le parti interessate gestito insieme al Sottosegretario Giacomelli. Il suo percorso in Parlamento si inserirà adesso nell’ottimo lavoro fatto finora al Senato sulla proposta di legge Di Giorgi”.

Due precisazioni: non corrisponde esattamente a verità che nel tavolo di lavoro siano state coinvolte “tutte le parti interessate” (si pensi ai succitati assenti ovvero ai tanti non consultati, tra cui giustappunto le associazioni di autori, e la Siae e l’Agcom, ecc.), e poi – ci si domanda – se la proposta Di Giorgi ha provocato un “ottimo lavoro” in Senato, perché il Governo ha ritenuto di dover intervenire… “ex abrupto”?!

Quali le novità significative del provvedimento?!

Le novità

Sono numerose, e sarà necessario un dossier tecnico di approfondimento, che IsICult sta elaborando per “Key4biz”: qui ci limitiamo a segnalare alcune caratteristiche della prospettata novella legge.

Anzitutto, va rimarcato che le risorse pubbliche vengono incrementate di ben il 60%: si tratta di 400 milioni di euro, a fronte dei 250 milioni di euro che si stima lo Stato abbia allocato nel 2015, tra quota cinema del Fondo Unico dello Spettacolo e impegni per il “tax credit”.

Una super-sintesi può essere tratta da quanto risulta dal comunicato stampa n. 102 diramato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri: “Il provvedimento prevede forti innovazioni negli strumenti di sostegno pubblico all’industria del cinema e dell’audiovisivo e aumenta le risorse messe annualmente a disposizione dallo Stato. In particolare, viene creato il “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e l’audiovisivo”, per sostenere gli interventi per il cinema e l’audiovisivo attraverso incentivi fiscali e contributi automatici che unificano le attuali risorse del Fus Cinema e del Tax Credit. Con questo meccanismo le risorse disponibili aumentano di 150 milioni di euro e nasce un meccanismo virtuoso di autofinanziamento. Inoltre viene introdotto un sistema di incentivi automatici per le opere di nazionalità italiana che incentiva il reinvestimento in nuove produzioni. Si prevede anche un aiuto concreto per le promesse del nostro cinema, si potenziano i sei tax credit per la produzione e la distribuzione cinematografica e audiovisiva, si estende il fondo di garanzie per le piccole e medie imprese anche al settore audiovisivo, si vara un piano straordinario fino a 100 milioni di euro in tre anni per riattivare le sale cinematografiche chiuse e aprirne di nuove e viene agevolato il riconoscimento di interesse culturale per cinema, teatri e librerie storiche, viene istituito il Consiglio superiore per il cinema e l’audiovisivo. Infine, il Governo è delegato a adottare i provvedimenti necessari a introdurre procedure più efficaci e trasparenti per la programmazione del cinema in tv e a realizzare il “Codice dello spettacolo” con la riforma delle fondazioni lirico-sinfoniche e il riassetto di tutti gli ambiti dello spettacolo”.

In altre parole, viene creato un nuovo “fondo unico” ovvero un “Fondo per gli Investimenti nello Sviluppo Cinematografico e Audiovisivo” (l’acronimo sarebbe un infelice “Fisca”…), che sembra si affianchi al “Fondo Unico per lo Spettacolo” (il famoso “Fus”).

Il nuovo fondo ovviamente assorbirebbe la quota “cinema” del Fus.

Il nuovo fondo viene alimentato dal 12 per cento del gettito Ires e Iva di chi utilizza i contenuti televisivi, i “provider” telefonici ed i distributori, e la dotazione non potrà comunque essere inferiore a 400 milioni di euro l’anno.

La modalità è interessante ed innovativa, e supera quella “tassa di scopo” ipotizzata da alcuni: in sostanza, i finanziamenti per il settore saranno alimentati dagli introiti erariali delle attività televisive e dall’erogazione di servizi di accesso ad internet…

Di fatto, non si prevede nessun aggravio di costi (come sarebbe stato invece con una tassa di scopo), e lo Stato decide di attingere a risorse proprie, che derivano dai flussi che riceve da alcuni “player” del settore, vincolandone la destinazione.

Viene definito un “autofinanziamento da parte della filiera del settore”, ma in realtà così non è: semplicemente lo Stato decide di vincolare la destinazione di flussi erariali di cui dispone. Il meccanismo sembra effettivamente efficace e virtuoso.

Un 15% del nuovo fondo è destinato a opere prime e seconde, giovani autori, “start-up”, piccole sale cinematografiche. Questa quota non si caratterizza per automatismi di assegnazione, come invece per il resto del fondo.

Viene rafforzato il meccanismo del “tax credit” (quello per le opere cinematografiche, passa dall’attuale 15% al 30%; per la ristrutturazione di sale cinematografiche, si arriva al 40%), in particolare, con sensibilità verso le esigenze di internazionalizzazione.

Vengono eliminate le commissioni ministeriali di censura attraverso una delega al Governo per definire un nuovo sistema di classificazione, sostanzialmente di “autoregolazione”, che vada a responsabilizzare i produttori e i distributori cinematografici.

Vengono abolite anche le commissioni ministeriali per l’attribuzione dei finanziamenti in base al cosiddetto “interesse culturale”, e viene introdotto un sistema di incentivi automatici per le opere di nazionalità italiana, con quantificazione dei contributi secondo parametri oggettivi che tengono conto dei risultati economici, artistici e di diffusione (dai premi ricevuti al successo in sala).

ll ddl sul cinema contiene anche una ampia delega per un inedito “Codice dello Spettacolo”, che dovrà riordinare l’intera materia del sostegno pubblico allo spettacolo dal vivo (superando verosimilmente anche il controverso “regolamento Nastasi”), e – come ha spiegato il Ministro Franceschini – “una seconda delega di grande importanza”, che prevede di regolamentare in modo stringente l’obbligo trasmissione del cinema italiano in tv, ed introduce “sanzioni per chi non lo fa”.

Il Ministro ha precisato che delle norme “già ci sono, ma non vengono rispettate, per questo si vede poco cinema italiano in prima serata. Prevediamo che vadano scritte norme stringenti e sanzioni concrete per gli obblighi di trasmissione del sistema radiotelevisivo”.

Un ruolo centrale viene assegnato al Consiglio Superiore Cinema e Audiovisivo (“Csca”?!), organo di consulenza e supporto tecnico del Ministero, formato da 10 esperti per la gran parte di nomina ministeriale (Mibact, ma anche Mise, Miur e Maeci), fatto salvo 1 (uno!) “scelto dal Ministro nell’ambito di una rosa di nomi proposta dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore cinematografico e audiovisivo”.

Anche in questo la legge appare assai “autocratica” e ministerialmente autoreferenziale.

Ampia delega al Governo e grande discrezionalità dell’Amministrazione.

Modello francese

Il ddl Franceschini ha senza dubbio guardato alla Francia, come “benchmark”, ma il Ministro ha sostenuto in conferenza stampa che la soluzione italiana sarebbe più “evoluta”.

Le questioni interessanti sono tante: per esempio, viene previsto un intervento di razionalizzazione rispetto alle “film commission” ed alla loro gestione dei fondi – anche comunitari – prevedendosi indirizzi e parametri generali da definire con un decreto del Ministro, d’intesa con la Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome.

Si rimanda alla lettura del corposo testo (38 articoli, 26 pagine), nella versione che è stata trasmessa al Consiglio dei Ministri, insieme alla relazione di accompagno, che “Key4biz” fornisce ai propri lettori.

Si consiglia di leggere soprattutto la “relazione illustrativa”, ben scritta, per comprendere lo spirito del provvedimento.

Si segnala che, ad oggi, sul sito della Presidenza il testo definitivo approvato dal Consiglio non è comunque ancora disponibile.

Nodi da sciogliere

Alcune considerazioni critiche sono doverose, insieme al plauso convinto per la decisione radicale di Franceschini e Renzi:

  • non viene prevista l’istituzione di una Direzione Generale Mibact per il Cinema e l’Audiovisivo, nella quale sarebbe opportuno far convergere alcune delle competenza che fanno ancora capo al Mise: soltanto in questo modo, superando la divisione (frammentazione), sarebbe possibile superare la schizofrenia sempre latente tra “politiche per il cinema” e “politiche per l’audiovisivo”;
  • non viene prestata alcuna attenzione al ruolo centrale che potrebbe (dovrebbe) avere il “public service broadcaster” nazionale, ovvero la Rai, nell’economia complessiva del sistema audiovisivo nazionale, e non si comprende la ragione di questa disattenzione, anche alla luce del deficit di profilo identitario del “psb” che permane ad oggi, nonostante la legge di riforma di Viale Mazzini, come abbiamo spiegato ieri l’altro su queste stesse colonne (vedi “La nuova Rai di Campo Dall’Orto: un uomo solo al comando?” su “Key4biz” del 27 gennaio 2016);
  • non viene mostrata alcuna sensibilità rispetto ad una delle criticità maggiori del sistema audiovisivo nazionale: la totale assenza di politiche di promozione e comunicazione; ancora una volta ricordiamo la assoluta inesistenza di campagne istituzionali per stimolare la fruizione di cinema nelle sale, o anche soltanto iniziative che stimolino un orgoglio nazionale rispetto alla produzione del “made in Italy” audiovisivo, e, ancora, la incredibile assenza, in Rai, di una dignitosa rubrica televisiva dedicata al cinema ed all’audiovisivo;
  • non viene assegnata adeguata gerarchia, tra le priorità di intervento, all’internazionalizzazione, ovvero alla promozione del “made in Italy” audiovisivo all’estero: sarebbe stata questa l’occasione giusta per istituire una Agenzia nazionale per la Promozione Internazionale dell’Audiovisivo, o – meglio ancora – per la Promozione Internazionale delle Industrie Culturali e Creative (non solo cinema ed audiovisivo, ma anche editoria, musica, spettacolo dal vivo, moda, design…); ed invece si registra semplicemente un rimando rituale all’Enit – Agenzia Nazionale del Turismo, struttura peraltro ancora in fase di incerta rigenerazione;
  • non viene introdotta alcuna novità in termini di ricerca e studio, di analisi preventiva e consuntiva dell’intervento dello Stato, se non un cenno, discretamente generico e sfuggente, alle “valutazioni di impatto”, ultima tra le attività che dovrebbe andare a svolgere il Ministero (art. 9, intitolato “Funzioni statali”, al comma 1 lettera “i.”): ci si domanda come possa il Mibact aver elaborato questo disegno di legge, non disponendo di adeguata strumentazione cognitiva; per esempio, come ha potuto intensificare ed implementare lo strumento del tanto decantato tax credit, se non dispone di alcuna accurata ed aggiornata “valutazione di impatto” del tax credit stesso?! Il deficit di “evidence-based decision making” e di “fact checking” sembra evidente. Nella proposta di legge, non è citato nemmeno l’Osservatorio dello Spettacolo, che pure dovrebbe essere lo strumento cognitivo primario del Ministero su queste tematiche…

Cinecittà Istituto Luce

Tra le tante incomprensibili “rimozioni”, la pressoché totale assenza di riferimenti a quel che resta di Cinecittà Istituto Luce (se non un articolo dedicato alla Cineteca Nazionale).

Come mai?!

Cinecittà Luce è stata sciolta, senza che nessuno ne avesse notizia?!

Un maligno potrebbe commentare che, tanto, nessuno se ne sarebbe comunque accorto, data l’inutilità cui questa società “in house” del Ministero è stata ormai costretta.

Ma è incredibile osservare che, nella nuova legge, non c’è nemmeno un cenno al Centro Sperimentale di Cinematografia (Csc), che pure dovrebbe essere il cuore della formazione professionale ed artistica del settore.

Verrà tutto affrontato nella grande “delega”?!

Da segnalare anche che, nella relazione illustrativa del ddl Franceschini-Giacomelli, c’è un riferimento alla “Indagine conoscitiva sul settore della produzione audiovisiva”, promossa dall’Agcom, rispetto alla quale si rimarca “i cui esiti non sono ancora stati resi noti”.

Una domanda sorge spontanea: non sarebbe stato opportuno che Mibact e Mise attendessero i risultati (annunciati come imminenti) di questa inedita ricognizione, che forse avrebbe potuto ed ancora potrebbe fornire stimoli interessanti, anche rispetto alla gestazione della normativa “di sistema”?!

E’ pur vero che non si comprende il ritardo nella pubblicazione dei risultati della indagine conoscitiva avviata dall’Agcom, ma è comunque spiacevole dover osservare – ancora una volta – l’assenza di interazione e comunicazione tra le varie “anime” dello Stato (in questo caso tra Mibact/Mise ed Agcom).

Le reazioni

 

Le reazioni “a caldo” sono positive: buona la rassegna stampa odierna, e comunicato congiunto di Anica ed Apt (ma rispetto a questi due soggetti associativi, dato il loro coinvolgimento attivo nella stesura del testo, non poteva essere altrimenti) ed Anec (gli esercenti cinematografici) ed Anem (esercenti dei multiplex). I 100autori hanno diramato un comunicato, che manifesta plauso pur con riserva.

Per concludere, l’intervento di Franceschini dimostra che il Governo Renzi assegna alla materia culturale un’importanza innovativa, e non soltanto a parole: mette sul tavolo bei concreti danari, apre i cordoni della borsa con generosità, scardina le procedure precedenti riducendo notevolmente i margini di discrezionalità.

Quel che provoca perplessità è comunque il disegno strategico complessivo, che appare ancora discretamente confuso e deficitario rispetto ad alcuni nodi (Rai, in primis), e la grande ampiezza della delega – forse eccessiva – che il Governo richiede (soprattutto per quanto riguarda lo spettacolo dal vivo).

Infine, un cenno sulla coreografia, ovvero sulla “comunicazione” pubblica: comprendiamo il piacere di Renzi e Franceschini nell’annunciare al settore questo nuovo sostegno pubblico al cinema, ma era proprio necessario convocare a Palazzo Chigi, per una “foto di gruppo”, alcuni eccellenti autori del cinema italiano, ovvero dei vincitori di Premi Oscar?

E, i convocati, dovevano proprio andare ad omaggiare il Principe munifico, senza nemmeno conoscere la legge annunciata?!

Sia consentito: una caduta di stile. Si son prestati al simpatico gioco iconico (vedi qui un estratto su YouTube, curato da Palazzo Chigi stesso) Bernardo Bertolucci, Giuseppe Tornatore, Roberto Benigni, Paolo Sorrentino

  • Clicca qui, per il testo dello schema di disegno di legge “Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo”, sottoposto al Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2016.
  • Clicca qui, per vedere la conferenza stampa al termine del Consiglio dei Ministri n. 102 del 28 gennaio 2016 (l’intervento di Franceschini è al minuto 17:40, da notare… nessuna domanda da parte dei giornalisti intervenuti in conferenza).
  • Clicca qui, per il testo del disegno di legge “Legge quadro in materia di riassetto e valorizzazione delle attività cinematografiche e audiovisive, finanziamento e regime fiscale. Istituzione del Centro nazionale del cinema e delle espressioni audiovisive”, comunicato alla Presidenza del Senato il 24 marzo 2015, primo firmatario Di Giorgi.

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