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ilprincipenudo. Regione Lazio: 2 milioni per lo spettacolo dal vivo, ma la mappa della cultura non c’è

Angelo Zaccone Teodosi

La Regione Lazio, sotto la guida del Presidente Nicola Zingaretti, ha senza dubbio mostrato e continua a mostrare una sensibilità particolare verso le politiche (e le economie) culturali, e d’altronde questa attenzione è in linea con la precedente esperienza amministrativa del fratello del noto protagonista di “Montalbano” (Luca), allorquando ha retto la ormai evaporata Provincia di Roma (dall’aprile del 2008 al dicembre del 2012).

Se in Provincia le risorse erano modeste, in Regione il budget è certamente consistente, anche grazie all’utilizzazione dei fondi europei.

Si ricorda che comunque sotto la sua presidenza “provinciale”, Zingaretti aveva sostenuto con convinzione lo sviluppo delle imprese culturali, in particolare attraverso il progetto “Roma Provincia Creativa”, ideato da Gian Paolo Manzella, a suo tempo dirigente della Provincia, e poi eletto come Consigliere Regionale del Lazio (Gruppo Pd) nonché Vice Presidente della “Commissione Affari Comunitari e Internazionali, Cooperazione tra i Popoli e Tutela dei Consumatori” (si ricorda che Gian Paolo è il figlio del noto costituzionalista Andrea Manzella).

Manzella ha sviluppato l’esperienza maturata in Provincia e l’ha trasferita nell’ambito regionale, attraverso il progetto denominato “Lazio Creativo”, che ha beneficiato nel 2015 di un fondo di 1,5 milioni di euro e nel 2016 di 1,2 milioni di euro.

Il nostro mestiere – da oltre un quarto di secolo – di consulenti specializzati ed analisti critici delle politiche culturali e mediali ci consente di maturare un parere sui primi due anni del “governo della cultura” del Presidente Zingaretti, che ha voluto, non appena insediato, nel marzo 2013, la nota romanziera Lidia Ravera come Assessore alla Cultura ed allo Sport.

La prima domanda che sorge spontanea è: c’è stato un cambio di indirizzo e di gestione, rispetto alla precedente giunta (retta dalla destrorsa Renata Polverini, costretta nel settembre 2012 alle dimissioni a causa dello scandalo della impropria utilizzazione personale di fondi destinati ai partiti da parte di molti esponenti di quella consiliatura…) e rispetto alla giunta precedente ancora (retta dal sinistrorso Piero Marrazzo dal 2005 al 2009, che decise di dimettersi a seguito dello scandalo delle sue frequentazioni con un trans, accusato dalle opposizioni di aver utilizzato impropriamente l’auto blu regionale; va ricordato che la Corte di Cassazione nell’aprile del 2010 ha escluso ogni addebito nei suoi confronti ed ha dichiarato che era stato vittima di un complotto organizzato da carabinieri corrotti…)?!

La risposta è netta: c’è stato un cambio, ma non radicale. In effetti, Marrazzo (e la sua assessora alla cultura Giulia Rodano) così come Polverini (e la sua assessora Fabiana Santini) così come Zingaretti (e la sua assessora Lidia Ravera) hanno governato comunque in assenza di adeguata strumentazione cognitiva.

Non esiste (se non sulla carta, come ufficio dell’assessorato) un Osservatorio Culturale della Regione Lazio in grado di emulare l’esperienza eccellente della Regione Piemonte e del suo Osservatorio.

Il livello delle conoscenze sulle caratteristiche strutturali del sistema culturale del Lazio è assolutamente modesto ed insufficiente: non esiste una mappatura dei soggetti e delle attività, gli studi di approccio sociologico ed economico sono pressoché inesistenti.

Come può un “policy maker”… ben governare, se non dispone di una minima “cassetta degli attrezzi”, ovvero di un “dataset” adeguato?

E non è casuale che né Rodano né Santini né Ravera abbiano mai prodotto un “bilancio sociale” del proprio operato. La capacità di “rendicontazione” di Zingaretti e della sua Giunta non sembra migliore di quella dei predecessori, in termini di chiarezza: l’“accountability” è ancora assolutamente deficitaria. Non escludiamo che la Giunta disponga dei dati, ma certamente non li comunica, o comunque non li sa comunicare.

E se abbiamo a suo tempo maturato dubbi sulla “legge cinema” voluta dalla Giunta Polverini (la Legge Regionale n° 2 del 13 aprile 2012, “Interventi regionali per lo sviluppo del cinema e dell’audiovisivo”), dubbi non dissimili li abbiamo maturati nei confronti della legge sullo “spettacolo dal vivo” voluta dalla Giunta Zingaretti (la Legge Regionale n° 15 del 29 dicembre 2014, “Sistema cultura Lazio: Disposizioni in materia di spettacolo dal vivo e di promozione culturale”). Se entrambe le giunte hanno infatti sì promosso “consultazioni” con gli “stakeholder” (con modalità non sempre trasparenti né pubbliche, e con coinvolgimenti erratici dei rappresentati del settore), quel che manca ad entrambi gli interventi normativi è una preventiva fase di analisi di scenario, una metodica che prevedesse interventi strategici, sistemici, organici: entrambe le leggi – al di là della buona volontà del legislatore di turno – sono deficitarie di preliminari studi e ricerche, e finiscono per essere inevitabilmente approssimative, talvolta velleitarie, tecnicamente fragili.

Queste problematiche sono emerse anche in relazione alle dinamiche del bando “Lazio Creativo”: l’iniziativa, in sé, è certo commendevole, ma qualcuno s’è preso la briga di studiare in modo minimamente serio gli effetti reali dei 3 milioni di euro allocati dalla Regione Lazio nel 2015 e 2016?! Che risultati di mercato hanno registrato e stanno registrato le “start-up” avviate e sostenute???

Nessuno lo sa.

Si rimanda a quanto “Key4biz” ha pubblicato l’8 febbraio scorso, “Regione Lazio: 1,2 milioni per la creatività. A quando la mappa delle startup?”.

E che dire delle modalità con cui si stanno impostando i bandi per le risorse europee gestite dalla Regione Lazio? Le domande “metodologiche” che abbiamo posto su queste colonne qualche settimana fa (vedi “Key4biz” del 24 febbraio 2016, “Regione Lazio e ‘Stati Generali dell’Industria’: buone intenzioni, ma idee confuse”), in relazione a 170 milioni di euro di imminenti fondi europei rispetto ai quali sono in gestazione i bandi regionali, non hanno mai ricevuto alcuna risposta, né dagli Assessori competenti né dai loro uffici stampa né dagli uffici dell’Amministrazione.

Il “principe” è talvolta così… nudo, da vergognarsi addirittura di riconoscere la propria nudità, ed argomentare una qualche giustificazione rispetto al proprio disarmante status???

La seconda domanda che sorge naturale è: come diavolo fanno gli assessori competenti a decidere di allocare “X” milioni di euro a quel settore del sistema culturale (che so, il cinema), piuttosto che “Y” milioni a quell’altro (che so, il teatro)?!

E qui casca l’asino: tendenzialmente, in Italia s’usa procedere con criteri inerziali e conservativi (se la Giunta precedente concedeva “X”, si tenderà a non assegnare meno di “X”, per non far arrabbiare la comunità di riferimento, ovvero i beneficiari storici e potenziali), ed assai rare sono le vere inversioni di tendenza, prevalendo quasi sempre dei piccoli aggiustamenti in itinere (correzioni di rotta che non modificano il modo di pilotare la barca).

Le piccole correzioni di rotta sono frutto di sensibilità soggettive del presidente della giunta o dell’assessore di turno, ma generalmente non mettono in discussione sostanziale le “policy” precedenti, e quasi mai si registrano modificazioni radicali. Anche perché in verità non ci sono “dati” sufficienti per capire il senso delle modificazioni di rotta!

È quel che abbiamo osservato nei primi due anni della Giunta Zingaretti, rispetto all’esperienza della precedente Giunta Polverini (o anche rispetto alla Giunta Marrazzo).

Le aspettative rispetto ad un “new deal” di Zingaretti erano tante e diffuse: temiamo siano state disattese.

Il budget complessivamente allocato alla cultura dalla Regione Lazio non è aumentato in modo significativo (anche se non esiste un dato ben chiaro, in termini di quota percentuale sul totale delle risorse regionali, ed anche quest’assenza di numeri eloquenti è preoccupante), e questa è la prima oggettiva constatazione (non proprio esaltante): in questo, Zingaretti non si mostra proprio in sintonia con le decisioni del Ministro Dario Franceschini, che può essere criticato rispetto all’allocazione delle risorse, ma certamente merita grande apprezzamento per aver avuto la capacità di incrementare in modo significativo il budget cultura del Governo nazionale.

Il disegno strategico della Giunta in materia di politica culturale appare come innovativo e comunque chiaro, rispetto al passato? No.

L’allocazione delle risorse e le modalità di gestione sono significativamente mutate rispetto alla precedente giunta?! No.

Si è avuto la riprova di ciò con la presentazione del nuovo “regolamento” della Regione Lazio per lo “spettacolo dal vivo” (teatro, musica, danza, circhi, artisti di strada…), avvenuta nella sera di mercoledì 4 maggio 2016 in termini “politico-spettacolari” (con Zingaretti e Ravera e parterre di esponenti del settore) e nel pomeriggio di giovedì 5 maggio in termini operativi (di fronte ad una platea di operatori). Il regolamento è stato approvato a fine marzo 2016, e va a regolare – giustappunto – la novella legge approvata nel dicembre 2014.

Accantoniamo la kermesse promozionale (elettoralistica, sosterebbe qualche maligno), e manifestiamo una qualche impressione sulla seconda iniziativa.

Ci attendevamo una platea ben affollata, ed invece hanno assistito circa duecento persone soltanto (un terzo dei posti in platea era incredibilmente vuoto), ovvero una quantità di partecipanti certamente inferiore a tutti coloro (alcune migliaia almeno) che pure sono sicuramente interessati – almeno potenzialmente – ad un simile intervento della Regione Lazio. Errori di comunicazione dell’evento, forse, chissà… Oppure molti, conoscendo la modestia delle risorse allocate, hanno pensato che non vi fosse chance di vincere i bandi, ed hanno quindi rinunciato a partecipare (così come ad assistere alla presentazione del regolamento)?!

In effetti, sono stati allocati soltanto 2 milioni di euro per l’anno 2016, un budget assolutamente modesto rispetto alla quantità di operatori ed iniziative che caratterizzano il settore nel Lazio, e certamente insufficiente rispetto alle ricche potenzialità del tessuto artistico della regione.

E poi… perché 2 milioni (due), e non 20 milioni (venti)?! Sull’argomento, rimandiamo inevitabilmente a quanto scrivevamo ieri l’altro su queste stesse colonne: “Dal Cipe un miliardo alla cultura, ma qual è la ratio degli interventi?”. Non ci si risponda poi, per favore, “esigenze complessive di bilancio” o “obblighi da spending review”, perché sappiamo per certo che si tratta di risposte elusive e vacue.

La domanda vera resta: sulla base di quale logica razionale e ragionevole, fatto 100 il “budget cultura” della Regione (quant’è, a proposito?! e come s’è evoluto diacronicamente?!), si allocano “X” milioni a favore del settore cinematografico ed audiovisivo e “Y” milioni di euro al settore dello spettacolo dal vivo?!

Sappiamo che né Zingaretti né Ravera potrebbero fornire una risposta minimamente logica (se non facendo riferimento alle dinamiche inerziali e soggettive cui supra).

Il problema – come suol dirsi – è ancora una volta… politico, ovvero strategico e sistemico. Manca la cassetta degli attrezzi, e quindi nasometricamente ci si arrangia, basandosi sull’esperienza storica dei dirigenti apicali dell’Amministrazione, e sulle sensibilità individuali del “policy maker”.

Approssimazione e soggettivismo.

Giovedì pomeriggio, la Regione ha presentato agli operatori le “linee guida” del “Regolamento dello Spettacolo dal Vivo” 2016 e 2017. Basti osservare che il bando per l’anno 2016 scade a fine maggio 2016, ed il bando per il 2017 scade a fine giugno 2016, per evidenziare la contraddizione: in effetti, è apprezzabile l’idea di fornire agli operatori una indicazione sulle chance di intervento pubblico anche per l’anno prossimo (per consentire un minimo respiro di programmazione pluriennale appunto), ma provoca ilarità osservare come… non siano note le risorse di cui il bando disporrà nel 2017!

Le dichiarazioni ufficiali sono enfatiche: “La Regione Lazio stanzia 2 milioni di euro per il Fondo unico 2016, istituito grazie alla nuova legge sullo spettacolo dal vivo. Operatori del settore, manager della cultura, impresari di rassegne di danza, festival circensi e musicali, artisti, creativi e appassionati hanno finalmente a disposizione, dopo 38 anni, uno strumento innovativo ed efficace che sostiene lo spettacolo dal vivo in tutte le sue forme ed espressioni: festival e rassegne, produzioni, ensemble e circuiti, educazione. L’obiettivo del regolamento è riequilibrare i parametri per l’erogazione delle risorse e per l’accesso ai fondi su tutto il territorio regionale, riducendo il gap esistente tra grandi e piccoli centri, riconoscere la centralità di tutta la filiera dello spettacolo dal vivo e dei suoi diversi protagonisti come attività economica e di impresa, assicurare risposte sugli stanziamenti pubblici in tempi utili agli operatori”.

Bello, molto bello.

Ci si domanda in verità come abbia potuto la Regione misurare addirittura il… “gap”, in assenza di un sistema informativo minimo e di dati essenziali in materia, in assenza di un osservatorio e di una mappatura…

La presentazione è stata interessante anche perché – anch’essa – si pone quasi a mo’ di “case study”: da notare la curiosa (incomprensibile) assenza dell’Assessore Ravera, che non si è affacciata nemmeno per un saluto di cortesia (le era bastata la kermesse della sera prima evidentemente, e forse, dall’alto della sua guida politica, si disinteressa della “bassa cucina”, ovvero delle tecnicalità dell’amministrazione); dopo una breve introduzione del Direttore Generale Cristina Crisari (Dg Cultura, Politiche Giovani e Sport), è salita in cattedra la dirigente competente, Rita Turchetti (che regge la struttura regionale “Spettacolo dal vivo e promozione della cultura del cinema, dell’audiovisivo e della multimedialità”), che ha illustrato in modo accurato il novello regolamento.

È stato dato ampio spazio alle domande dei presenti (nessuna censura), e le risposte sono state accurate (sia in termini amministrativi sia tecnici).

Quel che ci è spiaciuto – e come a noi crediamo a molti dei presenti – è stato il tono un po’ autoreferenziale e saccente del tutto, ed in particolare della dirigente: non abbiamo dubbi che Turchetti e lo staff regionale abbiano lavorato al meglio nella redazione del regolamento, anche se è evidente che è stato preso come “testo di riferimento” il controverso “regolamento Nastasi” – ovvero il testo che regola le sovvenzioni del Mibact a livello nazionale – adottato a metà 2014 e che tante perplessità (e ricorsi al Tar) ha provocato nella sua prima applicazione nell’estate del 2015 (in argomento, si rimanda a “Key4biz” del 16 dicembre 2015, “Fus: nuove iniziative e progetti speciali, ma il decreto Nastasi può migliorare”)… Anche se in questo caso, non ci si è inventati alcun “algoritmo”!

Quel che ci ha lasciato sconcertati era il tono complessivo della kermesse, come se si stesse presentando qualcosa di realmente innovativo anzi “rivoluzionario” (questo infatti l’aggettivo utilizzato più volte da Turchetti).

Il che non era e non è.

Né rispetto all’entità del budget allocato (che non sembra abbia registrato incrementi impressionanti, anzi…). Né rispetto alle modalità gestionali, pur certamente “ammodernate” (la legge del 2014 sostituisce una vecchia normativa risalente al 1978, e si pensi alle istanze presentate digitalmente così come all’intervento “tecnocratico” del “service” Lazio Innova).

Insomma, si tratta di correzioni di rotta, in parte apprezzabili, ma nessuna rivoluzione, politica o digitale che sia. Si è fatto finalmente un po’ di ordine rispetto ad una situazione amministrativamente e burocraticamente confusa (frammentazione normativa ed incertezza regolamentativa), ma… nessuna rivoluzione, di grazia!

Quel che ci ha colpito di più è stata poi la reazione, piccata, del Capo della Segreteria dell’Assessore Ravera, ovvero Pier Luigi Regoli che, a fronte di una semplice ed ironica battuta di uno dei partecipanti (“dottoressa Turchetti, suvvia, non si senta interrogata…”), ha reagito con un’incomprensibilmente assai veemente difesa… “d’ufficio”, sostenendo – quasi offeso – che non “tollerava” critiche di questo tipo, a fronte del grandissimo impegno mostrato dai dirigenti e funzionari regionali (sia durante l’iter della novella legge così come nella stesura del regolamento) anche “oltre” il naturale orario lavorativo.

Una reazione veramente sproporzionata, a fronte di un’osservazione critica lieve quanto simpatica.

E che dire della composizione delle “commissioni” di selezione dei progetti?! Saranno formate da 2 esponenti dell’Amministrazione e da 3 esperti indipendenti esterni all’Amministrazione. Buona idea, ma, anche qui, casca l’asino: gli esperti dovranno prestare la loro opera “senza oneri” per l’Amministrazione. Cioè “a gratis”, come s’usa dire a Roma. Esattamente come avviene per gli esperti del Mibact nella gestione del Fus – Fondo Unico per lo Spettacolo. A noi sembra incredibile – ed inconcepibile – questa prassi, che riguarda ormai molte amministrazioni pubbliche italiane, perché si corre il rischio che – per quanto selezionati con pubbliche procedure, come nel caso in ispecie della Regione Lazio – finiscano per candidarsi persone che non sono, alla fin fine, così indipendenti ed aliene da sensibilizzazioni di sorta…

E che dire della parte più “tecnica”?!

La Regione Lazio ha deciso di affidare ad una propria società “in house”, Lazio Innova spa, la gestione tecnica del bando, e quindi è stato aperto anche alle “associazioni culturali” l’accesso a Gecoweb, il sistema integrato di assegnazione di una parte degli interventi regionali a favore delle imprese.

La relazione e le risposte di Fabio Panci, Responsabile Gestione Aiuti di Lazio Innova, sono state chiare ed esaurienti. Il sistema GecoWeb mostra – a nostro parere – alcune rigidità, soprattutto se deve essere gestito da “gente di spettacolo”, che ha evidentemente una cultura altra rispetto al know-how richiesto da queste procedure, ma Lazio Innova si è dichiarata disponibile a fornire assistenza tecnica a tutti i postulanti.

Ha provocato una risata l’obbligo di comunque di inoltrare la domanda di sovvenzione anche con… marca da bollo! Tutto “digitale”, quindi, ma ci vuole comunque una… marca da bollo da 16 euro! Panci ha spiegato che questa assurdità non dipende da Lazio Innova o dalla Regione Lazio, bensì dalla normativa nazionale, ed ha spiegato che l’escamotage che si sono inventati, per non paralizzare la procedura digitale, consiste… nell’acquistare la marca da bollo, autoannullarla con una firma e timbro, e poi effettuare una scansione del foglio cartaceo su cui è affissa, e quindi inviare per via telematica il documento. Surreale. Chissà cosa ne pensa l’Agid ovvero l’Agenzia per l’Italia Digitale. Vogliamo sperare che questa criticità sia oggetto di uno specifico dossier.

Rispetto all’esigenza di maggiore trasparenza, di opportuni controlli, di adeguate valutazioni “ex post”, ci limitiamo a segnalare quel che ironicamente scrive Dario Aggioli nel post “Spulciando i bandi. Il troll ed i finanziamenti della Regione Lazio” (sul sito “Krapp’s Last Post”, il 7 aprile 2016).

In assenza di un “bilancio sociale” e di strumenti informativo-documentativi resi di pubblico dominio, come possiamo – da cittadini, da operatori del settore, da giornalisti – capire se ha ragione Aggioli (che pone questioni discretamente inquietanti) ovvero Turchetti (la dirigente regionale assai convinta di star costruendo “il migliore dei mondi possibili”)?!

Clicca qui, per leggere la sintesi dei due bandi della Regione Lazio per lo “spettacolo dal vivo” 2016-2017.

Clicca qui per leggere il nuovo Regolamento della Regione Lazio per il sostegno allo “Spettacolo dal Vivo”.

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