L'analisi

ilprincipenudo. Rai, a vele spiegate la ‘controriforma’ di Renzi: resistenze irrisorie e mal orientate

di Angelo Zaccone Teodosi (Presidente Istituto italiano per l’Industria Culturale - IsICult) |

La società civile non riesce a reagire nel dibattito sulla riforma del servizio pubblico e non suscita consensi risultando così ininfluente. La rassegnazione sembra prevalere

ilprincipenudo ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it) per Key4biz. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.

Entro la fine dell’anno, la riforma della Rai dovrebbe divenire legge dello Stato: potremmo qui dedicare attenzione analitica e critica agli emendamenti che son stati presentati nella fase finale dell’iter legislativo, ma non lo faremo. Perché?! Perché sarebbe un esercizio intellettual-mediologico-politico per molti aspetti fine a se stesso.

E’ pacifico che questo Parlamento andrà a ratificare le decisioni del Governo.

E’ evidente che esiste un diktat imposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi, e nutriamo dubbi che un qualche emendamento significativo possa essere approvato (se non per un incidente di percorso parlamentare): certamente nessun emendamento che vada a disturbare l’impianto complessivo dell’intervento normativo, rispetto al quale molti nutrono profonde perplessità, perché essenzialmente la “riforma Renzi” va a toccare la “governance” aziendale (concentrando nella figura dell’Amministratore Delegato enormi poteri), ma ben poco si va a ridefinire della “mission” del servizio pubblico radiotelevisivo, allorquando la seconda questione dovrebbe assumere ben maggiore priorità strategica rispetto alla prima.

Forse qualche concessione ad esigenze naturali e sane della società civile ci sarà, questioni marginali ma comunque rilevanti: riterremmo civilmente auspicabile, per esempio, l’approvazione degli emendamenti del senatore Jonny Crosio (Lega Nord) e di Loredana De Petris e Massimo Cervellini (entrambi iscritti al Gruppo Misto), che chiedono il divieto assoluto di trasmissione di spot a favore del gioco d’azzardo, uno scandalo tutto italiano (sul quale da anni conduce un’inascoltata battaglia – tra gli altri – la pugnace associazione dei telespettatori cattolici, Aiart).

Qualcuno, oltre a noi, avrà osservato che il Pd, da quando il Governo Renzi è in carica, non sembra aver stimolato iniziative convegnistiche sulla riforma Rai, né occasioni di pubblico dibattito: non è casuale, allorquando si ritiene che la logica di “un sol uomo al comando” debba prevalere, e non possiamo non ricordare il penoso esito della annunciata e mai realizzata grande “consultazione nazionale” (anzi popolare) promessa a suo tempo dal Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli.

L’unica occasione di pubblico dibattito politico, negli ultimi mesi, è stata rappresentata dal convegno promosso dall’alleato di governo, ovvero Area Popolare alias Ncd-Udc (cui abbiamo dedicato adeguata attenzione sulle colonne di “Key4biz” del 14 ottobre 2015, “Area Popolare vuole rivoluzionare la Rai, Campo Dall’Orto digitalizzarla e Giacomelli esalta la riforma”). Per il resto, silenzio assordante e desertificazione di idee, con qualche rarissima eccezione (i dibattiti promossi nell’ambito nel laboratorio mediologico del festival Eurovisioni, che pure ha prodotto una rassegna stampa tendente a zero)…

A ieri, mercoledì 2 dicembre, risultavano presentati 129 emendamenti in Commissione Lavori Pubblici al Senato sul disegno di legge di riforma della Rai e 2 ordini del giorno. La Commissione VIII del Senato sta esaminando il disegno di legge n. 1880-B in terza lettura, essendo stato già approvato dal Senato e modificato dalla Camera. Il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto martedì 1° dicembre alle ore 16. Delle proposte di emendamento, 57 sono state dichiarate inammissibili dal Presidente Lorenzo Mattioli, mentre altre 23 sono state ritirate… Insomma, si procede speditamente, com’era prevedibile. “Questa riforma s’ha da fare!”, è il diktat del Conducator.

Ieri si è chiusa la discussione generale sul provvedimento, che è tornato oggi all’attenzione dell’organismo parlamentare. La riforma è calendarizzata all’esame dell’Aula dal 15 al 17 dicembre: così ha deciso, nei giorni scorsi, la Conferenza dei Capigruppo del Senato, che ha scelto le date anche tenendo in considerazione gli impegni relativi alla discussione della Legge di Stabilità. Giovedì 17 dicembre, quindi, dovrebbe essere la data storica, per il via libera definitivo.

Sotto l’albero di Natale, gli italiani troveranno anche uno strano regalo: una nuova legge di governo della tv pubblica.

Troppa attenzione riteniamo sia stata assegnata alla questione della modifica alle storiche modalità di pagamento del canone: è questione importante, ma non essenziale, anche perché alcuni temono che – al di là delle problematiche che il nuovo meccanismo andrà a provocare – questa novella modalità non determinerà per Rai né un incremento né una stabilità delle risorse, di cui pure il “public service broadcaster” italiano ha necessità assoluta.

Ieri sera, nel Teatro Verde a Gianicolense, è stata “messa in scena” una curiosa kermesse, opportunamente segnalata in un articolo di ieri su “Key4biz” (“Canone in bolletta: quale Rai avremo nelle nostre case?”): un incontro politico sulla Rai sotto forma di spettacolo, con la regia e conduzione di Ernesto Bassignano, cantautore e conduttore radiofonico.

L’iniziativa è stata promossa da un discreto numero di associazioni della società civile, e ci si aspettava una sala piena: invece, alla fin fine, ci si è ritrovati con una cinquantina di partecipanti (un decimo di quelli che il teatro avrebbe potuto accogliere), con molti anziani (pensionati e “reduci”?!) e ben pochi giovani.

E proprio dalla deprimente osservazione di questa bassa “audience”, vorremmo avviare una riflessione: possibile che la questione Rai non susciti più interesse, nemmeno nei più diretti interessati, quali sono (dovrebbero essere) i dipendenti della nostra radiotelevisione pubblica (oltre 12mila dipendenti, oltre 300 dirigenti, quasi 1.900 giornalisti…)?!

Possibile che la sfiducia (la noia?!) nei confronti del sistema tradizionale della rappresentanza (partiti in primis, ma anche sindacati) sia così estrema da determinare una diffusa rassegnazione, anche rispetto ai soggetti altri, come giustappunto le associazioni della società civile?! Siamo tutti destinati a “morire renziani”, piuttosto che – come s’usava dire un tempo – “democristiani” (ma forse i due aggettivi finiscono per coincidere)???

La serata romana, promossa anzitutto da MoveOn Italia (La Rai ai cittadini, associazione di attivisti coordinata da Marco Quaranta), ha visto l’adesione di realtà associative come Articolo 21, Associazione Rai Bene Comune – IndigneRai, Net Left, Arci, e molte altre: Adusbef, Anglat, Appello Donne e Media, Associazione Stampa Romana, Assoprovider, Cittadinanzattiva, Confronti, Fand, Federconsumatori, Fials, Fish, Giuristi Democratici, Libera, Liberainformazione, Libertà e Giustizia, Nuovi occhi per i Media, Unione Artisti Unams

Si leggeva nel comunicato di convocazione: “Sono i cittadini i veri azionisti del servizio pubblico, e il soggetto centrale della sua missione. Per questo diciamo che la riforma della Rai è stata un’occasione persa, sia per la mancanza di un dibattito politico ampio, sia perché ha sostituito alla lottizzazione dei partiti il dirigismo del Governo. Ma la questione di un servizio pubblico abitato dal pluralismo delle idee e dalla rappresentazione di tutte le realtà sociali deve rimanere sul tavolo e coinvolgere tutti e tutte”.

Sante parole. Ma inascoltate. Capacità di mobilitazione? Tendente a zero. Ricaduta mediale? Zero.

La serata ha visto interventi stimolanti (intellettualmente), con punti di vista differenziati, pur a fronte di una conduzione non organica e troppo narcisistica (Bassignano ha condotto con simpatica ma eccessiva autoreferenzialità): ci limitiamo a ricordare (in ordine alfabetico) Daniela Brancati, Mario Castelnuovo, Gabriella Cims, Edoardo De Angelis, Enrico Ghezzi, Loris Mazzetti, David Riondino, Vincenzo Vita, Roberto Zaccaria, Lorella Zanardo, Giorgio Zanchini

Era annunciato anche Carlo Freccero, ma non è intervenuto, e la delusione è stata grande, perché era certamente l’unico che avrebbe potuto fornire una visione (critica) dall’interno, nella sua attuale veste di consigliere di amministrazione – immaginiamo – dissidente (temiamo farà la fine dei dimenticati consiglieri Roberta Tobagi e Gherardo Colombo…).

Ci concentriamo però su tre interventi in particolare: l’ex Presidente della Rai Roberto Zaccaria ha sostenuto che Antonio Campo Dall’Orto si muove – nei fatti e nelle forme – come se fosse un “dipendente” di Renzi, e questo evidenzia la attuale assoluta non autonomia della Rai rispetto a Palazzo Chigi; l’ex Sottosegretario alle Comunicazioni Vincenzo Vita ha spronato tutti verso l’esigenza di una nuova “resistenza” rispetto al pseudo “nuovo corso”, definendo la legge in gestazione “non una ‘riforma’, ma una ‘controriforma’, in stile Gasparri”; l’ex Responsabile Comunicazione e Cultura di Rifondazione Comunista ed attuale Portavoce di Net Left Sergio Bellucci ha ricordato i tanti errori commessi dal centro-sinistra nelle politiche mediali italiane (inclusa la privatizzazione Telecom Italia), ed ha segnalato come le logiche multinazionali del capitalismo digitale siano anni-luce oltre la piccola (eppur importante) questione provinciale Rai, lamentando il ritardo (anche della sinistra) nella lettura critica delle fenomenologie della rivoluzione digitale in atto…

La riunione dei “dissidenti” e dei “reduci” (sconcerta dover ascoltare un Roberto Zaccaria – che pure è stato Presidente della Rai ed è stato uomo di potere – nella veste attuale di “barricadero” anti-sistema…) ha prodotto una complessiva sensazione di sconforto, anche in chi vorrebbe una Rai veramente nuova e vicina alla società civile.

La quasi totalità delle tesi esposte è condivisibile, ma l’incontro ha evidenziato anche un complessivo deficit di lettura critica e di strategia organica, tanta confusione (“cosa è” il servizio pubblico???), e finanche un grande deficit di cognizioni tecniche (per esempio, ancora una volta, si è fatto banale riferimento al “modello Bbc” senza adeguati approfondimenti).

Il dibattito insomma è parso arretrato assai. Sconforta ascoltare la rappresentante della Fish (la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) che evidenzia il disprezzo della Rai rispetto alle tematiche della disabilità, così come – più in generale – della diversità, delle infinite diversità della realtà sociale italiana (che dire, per esempio, del pluralismo religioso?!). Le sue tesi dovrebbero essere accolte da Rai e da Agcom, ed invece si ritrova costretta a ribadirle in un consesso qualificato, ma lontano dai luoghi del “decision making”.

Rassegna stampa odierna della kermesse promossa da MoveOn?! Inesistente, se non forse per questa eccezione su “Key4biz”. E ciò conferma – ahinoi – la assoluta debolezza di queste pur eccellenti soggettività.

Nel mentre, il Direttore Generale ed Amministratore Delegato “in pectore” della nuova Rai continua per la sua via, di fatto bypassando il Consiglio di Amministrazione, che pure sembra reagire in modo pacato (passivo?!) allo strapotere in atto (e maggiore questo potere diverrà tra qualche settimana), con la sola eccezione del “destrorso” Arturo Diaconale, unico a votare contro l’ultima nomina di Campo Dall’Orto.

Si ricorda che Antonio Campo Dall’Orto ha nominato alcuni uomini-chiave, da ultimo (il 27 novembre scorso) Carlo Verdelli a capo dell’informazione Rai, ovvero a “Direttore Editoriale” (funzione finora assente nell’organigramma di Viale Mazzini). Verdelli è un qualificato professionista che ha diretto testate come “Sette”, “Gazzetta dello Sport” e “Vanity Fair”. Diaconale ha dichiarato a chiare lettere che “la nomina di Verdelli è frutto della lobby dei renziani”, sostenendo che questa scelta si innesta “in una sorta di privatizzazione surrettizia della Rai”.

Il Capo Ufficio Stampa Fabrizio Casinelli (in carica dal marzo 2010, a suo tempo scelto dall’ex Dg Mauro Masi) è stato sostituito da Luigi Coldagelli (già Portavoce del Ministro della Giustizia Andrea Orlando), così come il Direttore degli Affari Legali Salvatore Lo Giudice (dimissionario) è stato sostituito da Pierpaolo Cotone (già in Bnl, Telecom Italia e Alitalia).

In particolare, la nomina di Verdelli sembra determinare – tra l’altro – l’archiviazione del controverso progetto dell’ex Dg Luigi Gubitosi di aggregare le redazioni giornalistiche in due grandi “newroom”. Progetto alla fin fine approvato dalla Commissione di Vigilanza, ma, a questo punto, si è trattato di un dibattito perfettamente inutile: fiumi di parole scritte sull’acqua. E che dire della vicenda del “contratto di servizio” Rai.

Nelle settimane precedenti, Campo Dall’Orto aveva assunto decisioni forse meno “visibili” per l’attenzione dei media “mainstream”, ma strategiche, con la cooptazione di tre dirigenti di sua fiducia, tutti sostanzialmente maturati nello stesso habitat culturale (il gruppo Mtv): Cinzia Squadrone, Direttrice Marketing, Gian Paolo Tagliavia, Responsabile della Strategia del Digitale Non Lineare, e Guido Rossi, Direttore dello Staff del Dg… Il nuovo corso è in atto, e ne vedremo presto i primi risultati.

Abbiamo certezza che Campo Dall’Orto, alla luce della sua esperienza manageriale assai “marketing oriented” (come non può che essere per una multinazionale dell’immaginario qual è Mtv), saprà condurre la Rai nelle lande dei telespettatori giovanili, riseducendoli anche nella prospettiva di una fruizione sempre più multimediale, ma siamo molto preoccupati rispetto alle funzioni “altre” (non meno importanti) del servizio pubblico: l’attenzione al sociale, il pluralismo di lettura della realtà, una visione del mondo che non sia omologa a quella della televisione commerciale…

Osiamo teorizzare la necessità di una Rai che sappia rappresentare anche la tensione alla spiritualità oppure verso la cultura dell’ecologia oppure della solidarietà (sono soltanto tre esempi di macro-tematiche), valori-guida che pure animano una parte del nostro Paese, e che non vengono nemmeno “visualizzati” nei palinsesti Rai.

Una parte importante del Paese è ancora invisibile agli occhi della Rai.

Ci auguriamo che il nuovo corso evidenzi presto rinnovate sensibilità su questo delicatissimo fronte, a partire dalla rivitalizzazione e rafforzamento del criminalmente killerato Segretariato Sociale Rai (rimandiamo all’edizione del 29 luglio 2015 di “Key4biz”,Il numero zero del bilancio sociale Rai: più ombre che luci”).

Confidiamo in una Rai che sappia rispettare il “sociale”, rappresentandolo al meglio, non subordinandolo al “commerciale”.

Clicca qui, per leggere il “Dossier” del Servizio Studi del Senato sulla riforma Rai.

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