Questa edizione della rubrica “ilprincipenudo” (clicca qui per l’archivio storico) è nata in origine come nota di update rispetto all’articolo pubblicato ieri primo marzo “ilprincipenudo. Anica sposa Cartoon Italia, ma al settore animazione serve una politica industriale”, ma abbiamo poi maturato il convincimento che vi fossero elementi essenziali adeguati ad un’edizione autonoma.
Infatti, la vicenda che andiamo a segnalare evidenzia un’altra criticità ancora delle politiche culturali e mediali italiani, ovvero la delicata questione della “rappresentatività” delle associazioni che intendono tutelare gli interessi dell’anima “commerciale” piuttosto che dell’anima “artistica” delle industrie culturali e creative nazionali.
La misurazione del “peso” di questa rappresentatività è attività complessa e complicata (nessuno l’ha mai tentata!), ma certamente non può essere basata soltanto sulla quantità degli associati: per esempio, per le realtà imprenditoriali appare opportuno anche considerare le dimensioni di impresa (dal fatturato al numero degli addetti…), mentre per le realtà artistiche è ancora più arduo (dato che – almeno in linea teorica – un premio Oscar non dovrebbe poter contare più di uno sceneggiatore alle prime armi…).
La questione riguarda, per esempio, soggetti come Confindustria Radio Televisione (Crtv) nel settore radio-televisivo, e quindi AerAnti-Corallo, e quindi ancora Rea… Nel caso in ispecie, peraltro, la vicenda assume tratti surreali, perché nessuno in Italia sa esattamente quante siano le emittenti televisive locali: può sembrare (anche questo) incredibile, ma è vero, come abbiamo tante volte segnalato (denunciato) nell’economia della rubrica Osservatorio IsICult Millecanali che abbiamo curato dal 2000 al 2015 sul più diffuso mensile italiano del business televisivo, “Millecanali”.
Non soltanto il Ministero, ma nemmeno l’Agcom sa – incredibilmente – quante siano le tv locali italiane…
Nell’ambito degli autori del settore cine-audiovisivo, potremmo citare la contrapposizione tra la storica Anac – Associazione Nazionale Autori Cinematografici e la più giovane 100autori e l’ancor più giovane Writers Guild Italy (Wgi)…Senza dimenticare Anart – Associazione Nazionale Autori Radiotelevisivi, e forse qualche altra ancora.
La questione merita approfondimenti, perché è intimamente correlata sia con gli strumenti di esercizio della democrazia nel settore culturale, sia con l’attenzione che i ministeri competenti debbono (dovrebbero) mostrare nei confronti di un’associazione (talvolta “lobby”) piuttosto che l’altra.
Si ricordi che negli ormai famosi “tavoli” Mibact-Mise per la riforma del settore cinematografico-audiovisivo, intercorsi dal gennaio al settembre 2015 – insieme a Rai e Mediaset e Sky ed altre primarie imprese – sono state coinvolte le due maggiori associazioni del settore imprenditoriale (Anica ed Apt), ma non le associazioni “minori” (da Cartoon Italia a Doc/It), e nemmeno le associazioni degli autori (Anac, 100autori, Wgi) ed altre ancora (per esempio, i doppiatori non contano nulla nell’economia politica della nuova legge in gestazione?! nemmeno l’associazione più rappresentativa, Aidac, è stata convocata…).
Forse, in questo specifico caso, il Ministro Dario Franceschini ed il Sottosegretario Antonello Giacomelli hanno operato una scelta selettiva “decisionista”, per esigenze di semplificazione operativa, con buona pace di quelle che – un tempo – si chiamavano esigenze “democratiche”…
Eppure riteniamo che i “mercanti” e gli “artisti” debbano avere pari dignità a corte, ed il principe debba ascoltare sia gli uni sia gli altri. Non si deve essere necessariamente molto… “comunisti”, come Stefania Brai, per sostenere questa tesi (per una analisi ipercritica delle politiche di Franceschini, si rimanda all’intervento di ieri di Stefania Brai, Responsabile nazionale Cultura del Partito della Rifondazione Comunista – Prc, intitolato “Nuovo Cinema Franceschini”).
Ciò premesso, tardivamente, è emersa memoria nel redattore (che se ne scusa con i lettori e finanche con l’interessata) che, in verità, la Presidente di Cartoon Italia, la giovane e gentile Anne-Sophie Van Hollebeke, Presidente di Cartoon Italia (produttrice di Studio Campedelli), un cortese cenno alla neo-costituita associazione Animation Italia, ieri mattina in Anica l’ha fatto, durante il suo intervento, e s’è registrato anche un applauso, che è parso tiepido e di circostanza, come non poteva essere altrimenti, trattandosi evidentemente di un’associazione comunque concorrente. Nell’edizione della rubrica ilprincipenudo di ieri (“Anica sposa Cartoon Italia, ma al settore animazione serve una politica industriale”), avevamo in verità inteso rimarcare che la notizia della costituzione di Animation Italia è stata comunque completamente ignorata dalla totalità delle decine di relatori ed intervenienti (a parte, appunto il cenno di cortesia di Van Hollebeke).
Proprio ieri, peraltro, giustappunto Animation Italia, forse non a caso in contemporanea all’iniziativa Anica-Cartoons, diramava un comunicato stampa col quale ricordava la nascita della nuova associazione, di cui sono Presidente e Vice Presidente rispettivamente Giorgio Scorza (titolare della Movimenti Production) e Riccardo Trigona (Ceo di Trion Pictures e Presidente Associazione Cartoon Lombardia): “Animation Italia nasce proprio per contribuire a promuovere e rafforzare il sistema italiano del prodotto audiovisivo di animazione e accoglie con grande favore il recentissimo disegno di legge del Governo in materia di cinema audiovisivo che fa sue le istanze dei produttori indipendenti: il consolidamento dell’industria audiovisiva, politiche incentivanti delle coproduzioni internazionali, regole chiare per tutti, l’ottimizzazione nella gestione dei diritti e nella distribuzione multimediale e internazionale, la formazione professionale sempre aggiornata, la definizione di un mercato efficacemente concorrenziale e la centralità del merito (…) Il disegno di legge è una grande opportunità e necessita di dialogo tra le parti per la creazione di una piattaforma comune. Per questo – Animation Italia costruisce un calendario di attività che coinvolgono a vari livelli istituzioni politiche e culturali e sigla un accordo con Asseprim-Confcommercio Imprese per l’Italia: a partire da oggi Animation Italia e Asseprim lavoreranno insieme per sviluppare il sistema italiano del prodotto audiovisivo e multimediale di animazione. La collaborazione tra le due realtà trova la sua formalizzazione nella firma di una Convenzione biennale (2016/2017) che ha come principale finalità quella di rafforzare la promozione, nazionale e internazionale e la tutela degli interessi del settore, in generale, e delle imprese, nello specifico”.
Si osserva che Animation Italia dichiara di associare 18 imprese di animazione (in verità, sul sito web dell’associazione neonata se ne contano 17), ovvero addirittura una quantità superiore a quella che vanta Cartoons Italia (in verità, sul sito web dell’associazione ne risultano 13, ma son 16 nella brochure distribuita ieri in Anica). Se è vero che le imprese attive in Italia sarebbero 80 (secondo dati di fonte non precisata, ma più volte richiamati durante l’iniziativa in sede Anica), significherebbe che oltre la metà delle imprese italiane non sono associate né a Cartoon Italia né ad Animation Italia.
Quel che appare evidente che, in taluni casi, le dimensioni di un settore sono inversamente proporzionali alle soggettività – anche associative – che il settore esprime: oggettivamente, in Italia il “business” dell’animazione è proprio piccolo, enormemente sottodimensionato rispetto alle potenzialità che potrebbe esprimere a livello interno ed internazionale (se lo Stato intervenisse in modo più accurato, mirato, strategico), eppure le imprese sono tante ed oggi si assiste alla compresenza di ben due associazioni di imprese (Cartoon Italia ed Animation Italia) e di un’associazione di autori (Asifa Italia), cui si affiancano anche gli artisti dell’animazione associati ad un’altra associazione di autori cine-televisivi (100autori, appunto)…
E che dire del settore cinematografico, nel quale l’Anica rappresenta la gran parte dei produttori e distributori, mentre gli esercenti cinematografici sono rappresentati dall’Agis?!
Il senso “logico” sfugge ai più, e la situazione è frutto di soggettivissime dinamiche storiche. E che dire dell’Associazione dei Giovani Produttori Cinematografici Indipendenti (Agpci), che ha deciso di aderire all’Agis (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo, anch’essa confindustriale), piuttosto che all’Anica, e che proprio oggi ha presentato – ovviamente nella sede romana dell’Agis a Villa Patrizi – il “V Meeting del Cinema Indipendente”, che si terrà a Matera dal 9 al 13 marzo?!
Elogio del policentrismo democratico, per alcuni aspetti, ma anche qualche perplessità sul rischio latente di dispersione di energie, anche nella rappresentazione delle istanze associative alle istituzioni ed alla politica…
D’altronde, resta un dato di fatto: né Cartoon Italia né Animation Italia (né Anica, né Confindustria Cultura né Confcommercio…), né Agcom né Rai (ed altresì dicasi per Mediaset e Sky…), dispongono di una ricerca scenaristica, accurata ed aggiornata, che consenta di comprendere non soltanto le dimensioni e la struttura del mercato dell’animazione italiana (e quindi anche la forza e la debolezza delle tante imprese attive nel settore, le problematiche delle varie fasi della filiera), ma anche le potenzialità e criticità di questo delicato settore del sistema culturale nazionale…
Prevale, ancora una volta, la nasometria e l’approssimazione. Che fanno gioco alla politica di chi vuole mantenere lo stato di cose attuali.
La conservazione regna laddove prevale la confusione.