#ilprincipenudo è una rubrica settimanale di ragionamenti eterodossi di politica culturale e economia mediale, promossa da Key4biz a cura di Angelo Zaccone Teodosi, Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult.
Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
Ieri mattina, la cattolicissima Aiart (Associazione Italiana Ascoltatori Radiotelevisivi), unica associazione italiana che si pone come rappresentativa degli utenti radiotelevisivi, ha presentato a Roma un corposo tomo intitolato “Internet-patia. Un rapporto sulla dipendenza dal web”, iniziativa promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana (Cei), realizzata con il contributo della Fondazione Comunicazione e Cultura (un braccio operativo della Cei stessa). La sindrome “IAD” ovvero “Internet Addiction Disorder” è un fenomeno psicopatologico determinato da un uso eccessivo della rete, ed il volume propone una delle prime esplorazioni della questione in Italia.
Non ci interessa qui entrare nel merito della qualità metodologica della ricerca (che non ci è parsa entusiasmante, prevalendo l’approccio “qualitativo” su quello “quantitativo”, sebbene i casi di studio propositi siano stimolanti), ma ci piace rimarcare come, in un sistema mediale italico spesso assuefatto a se stesso, ovvero stramaledettamente conservativo, sia un’associazione come l’Aiart a porsi come voce “fuori dal coro” ed a lanciare un qualche sasso nello stagno, per evidenziare come spesso – sia consentita un’autocitazione – “il principe sia nudo”.
In sostanza, l’iniziativa della Cei è lodevole, perché pochi altri sembrano prestare attenzione ad un problema socio-culturale essenziale, qual è il rischio di “dipendenza da internet”, ovvero di alienazione psichica determinata da un uso eccessivo del web.
Ci chiediamo se ci siano delle competenze che riguardino Agcom, ad esempio, perché qualcuno nella pubblica amministrazione dovrebbe pur occuparsi di argomenti così scottanti.
Le agenzie stampa ieri ed alcuni quotidiani oggi hanno rilanciato in particolare una delle affermazioni del dinamico Segretario Generale della Cei, Monsignor Nunzio Galantino (classe 1948, è stato scelto da Papa Francesco nel dicembre 2013 per imprimere un nuovo corso alla Cei), che ha fatto riferimento, rispetto al problema della violazione della privacy, a “…questi enti inutili”.
Con espressione tutt’altro che diplomatica, l’alto prelato ha inteso riferirsi all’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali – e così i giornalisti hanno rilanciato – ma il riferimento di Monsignor Galantino allo “scandalo” va interpretato evidentemente anche rispetto ad altri soggetti che hanno la missione di “garantire” un sistema comunicazionale equilibrato, ovvero provvedere a stimolare l’ecologia mediale del nostro Paese, e pensiamo innanzitutto all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Il Garante della Privacy Antonello Soro ha reagito piccato alle dichiarazioni di Galantino, usando la metafora: E’ come se la diffusione dei delitti suggerisse di sopprimere la polizia. Verrebbe da commentare ironicamente: se i poliziotti sono… disarmati, quasi quasi vien da dar ragione al Segretario Generale della Cei, non crede Presidente Soro?!
Infatti, Galantino ha lamentato come in Italia prevalga un approccio passivo, e non attivo, rispetto al sistema dei media, senza adeguata capacità critica, come se alcune derive e degenerazioni fossero naturali, e non invece patologiche.
E, anche in questo caso, è l’Aiart – nella persona del suo Presidente Luca Borgomeo – ad intervenire, “vox clamans in deserto”, nel disinteresse diffuso della stampa e degli altri media (fatta salva l’eccezione del quotidiano eccellente “Avvenire”), e nel silenzio totale della “società civile” che non professa fede cattolica.
Tra le altre commendevoli battaglie dell’Aiart, vanno ricordate quelle per la “media education” (che i ministeri di diretta competenza – dal Miur al Mibact – continuano a sostanzialmente ignorare) e contro la pubblicità televisiva dei giochi d’azzardo (uno scandalo tutto italiano, con uno Stato sostanzialmente connivente).
Da segnalare, a conferma di una qual certa diffusa insensibilità delle “istituzioni”, che alla presentazione del libro Aiart di ieri non è intervenuto nessuno dei politici che pure avevano confermato il proprio intervento.
Ancora una volta giunge l’eco di Giovenale: “Quis custodiet ipsos custodes?” ovvero “Chi controlla i controllori?”.
Su queste colonne, tante volte siamo stati costretti a sbuffare… “quanti inutili convegni”, talvolta provocando reazioni scomposte di chi ha fatto della fuffologia il proprio mestiere, sia nelle istituzioni sia nelle accademie. Mai abbiamo avuto il coraggio di sostenere “quanti enti inutili”, ma crediamo che la provocazione di Monsignor Galantino meriti essere apprezzata, e debba stimolare una riflessione seria e profonda sul senso di queste “autorità”.
È una provocazione certamente sintonica con il “new deal” – sostanziale e comunicazionale – di Papa Bergoglio, pontefice eterodosso che talvolta sembra voler dare applicazione concreta all’auspicio evangelico “Oportet ut scandala eveniant” (Matteo, XVIII, 7), tanto condivisibile in questo nostro Paese malato.