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ilprincipenudo. Nominato il Consiglio Superiore del Cinema e Audiovisivo

Angelo Zaccone Teodosi

Nel silenzio delle ovattate stanze del potere e delle lobby, la procedura era stata innestata da alcune settimane, con l’avvenuta registrazione, da parte della Corte dei Conti, del decreto ministeriale, firmato da Dario Franceschini, del 2 gennaio 2017, intitolato “Funzionamento del Consiglio Superiore del cinema e dell’audiovisivo e regime di incompatibilità dei componenti”.

Il “Consiglio Superiore” è un organo istituito dalla novella “Disciplina del cinema e dell’audiovisivo”, approvata il 3 novembre 2016 in via definitiva dalla Camera dei Deputati: si tratta della legge ormai nota come la n. 220 del 14 novembre 2016.

L’articolo 11 della nuova legge istituisce, in sostituzione della pre-esistente “Sezione Cinema” della “Consulta per lo Spettacolo”, il Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo, al quale sono attribuiti compiti di consulenza e di supporto nella elaborazione ed attuazione delle politiche di settore, e nella predisposizione di indirizzi e criteri generali relativi alla destinazione delle risorse pubbliche nello stesso ambito.

L’organismo dura in carica 3 anni ed è composto da 11 componenti, di cui 3 scelti dal Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nell’ambito di una “rosa” di nomi proposta dalle associazioni di categoria “maggiormente rappresentative” del settore, ed 8 personalità del settore – di cui 2 su designazione della Conferenza Unificata -–, caratterizzate da particolare e comprovata qualificazione professionale e capacità, anche in ambito giuridico, economico, amministrativo e gestionale, nominate dal Ministro nel rispetto del principio di “equilibrio di genere”. Fra queste personalità, lo stesso Ministro nomina il Presidente.

Filippo Nalon e Gennaro Nunziante sono i rappresentanti designati il 23 febbraio 2017 dalla Conferenza Stato Regioni ed Unificata: rispettivamente il primo “esperto indicato dalla Provincia Autonoma di Trento”, ed il secondo indicato dall’Anci (l’atto formale recita “acquisito nel corso dell’odierna seduta l’assenso del Governo su dette proposte”). Il padovano Filippo Nalon è Presidente della Fice (Federazione Italiana Cinema d’Essai) delle Tre Venezie, ed è stato Vice Presidente nazionale della Fice, membro del Consiglio di Presidenza dell’Unione Interregionale Triveneta Agis, nonché componente della Commissione Regionale per la redazione della Legge Spettacolo. Gennaro Nunziante è un “filmaker” barese ben noto al grande pubblico per la regia di film di successo come “Cado dalle nubi”, “Che bella giornata”, “Sole a catinelle” e “Quo vado?”, tutti con Checco Zalone protagonista (non a caso, è stato definito l’inventore dello “zalonismo”).

Di questi due consiglieri si ha pubblica traccia della genesi della nomina.

Di tutti gli altri, invece non v’è pubblica trasparenza, ma certamente saranno stati seguiti perfettamente i criteri selettivi e di nomina, anche se ci si domanda se non sarebbe stata preferibile e più opportuna una pubblica “call”, ovvero un avviso che rendesse tutto il processo di pubblica evidenza. Il che non è avvenuto.

L’eletta schiera dei “tecnici” è così formata: Stefano Rulli (già Presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia – Csc), Flavia Barca (già Direttrice dell’Istituto di Economia dei Media – Iem della fallita Fondazione Rosselli), Carlo Bernaschi (Presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Multiplex – Anem), Gianni Canova (critico cinematografico, saggista ed accademico, Pro-Rettore alla Comunicazione dello Iulm di Milano), Maja Cappello (Direttrice del Dipartimento Informazioni Giuridiche dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo – Oea), Michele Lo Foco (avvocato specializzato in diritto del cinema e dell’audiovisivo), Rosaria Marchese (già dirigente Rai e componente di precedenti commissioni ministeriali), Francesca Medolago Albani (Direttrice Pianificazione Strategica dell’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive Multimediali – Anica), Sergio Silva (già co-fondatore dell’Associazione Produttori Televisivi – Apt e già Direttore di Rai CinemaFiction), ed i già citati Filippo Nalon e Gennaro Nunziante.

Una composizione variegata e plurale, e certamente qualificata, con una “quota di genere” (4 donne su 11 consiglieri) di alto livello.

In particolare, va segnalato che Barca, Cappello, Medolago Albani sono ricercatrici con lunga esperienza professionale alle spalle, anche nello specifico dell’economia dei media, e potranno fornire un apporto prezioso al “decision making” del Ministro. Confidando che il Ministro dia loro ascolto.

Due soltanto gli esponenti dell’anima “artistica” del settore, ovvero il regista Gennaro Nunziante e lo sceneggiatore Stefano Rulli (una delle firme più famose ed apprezzate del cinema italiano), ma la designazione del secondo a Presidente “compensa” in qualche modo lo squilibrio rispetto alla componente “economica”, ovvero di espressione imprenditoriale (leggi Anica ed Anem ed Apt, tutte associazioni aderenti a Confindustria). Non a caso, l’associazione 100autori ha presto diramato un entusiastico comunicato stampa, per la presidenza affidata allo sceneggiatore: l’associazione si congratula con Rulli “nella certezza che con la sua integrità e grande competenza professionale garantirà un fondamentale supporto all’elaborazione e attuazione delle politiche nel comparto audiovisivo del nostro Paese. 100autori ringrazia anche il Ministro Franceschini per aver scelto di mettere alla guida del più importante organo consultivo del Mibact un grande autore, un esponente del mondo della creatività italiana, che può vantare un’esperienza e una conoscenza approfondite del settore”.

Da segnalare anche la nomina di Michele Lo Foco, avvocato eterodosso, spesso su posizioni critiche nei confronti delle politiche governative sul cinema, schierato storicamente con il centro-destra, da Forza Italia a (più recentemente) Alleanza Popolare-Ncd-Ucd. Voce spesso dissonante e provocatoria, e sarà interessante osservare come andrà a comportarsi all’interno della nuova struttura di supporto al Ministro.

Non resta da augurarsi che questo qualificato “think tank”, cui lo Stato affida un preciso compito istituzionale, abbia la volontà di stimolare finalmente analisi strategiche e studi critici sulla politica mediale italiana.

Dobbiamo sperare che personalità di così alto livello sappiano mostrare la massima autonomia e la più totale indipendenza, evitando di divenire portatori d’acqua del Principe di turno.

La tanto decantata nuova legge sul cinema e sull’audiovisivo è infatti senza dubbio innovativa, ma è stata costruita su un deficit estremo di conoscenze rispetto all’economico ed al semiotico del nostro immaginario nazionale (ne abbiamo scritto più volte anche su queste colonne: vedi “Key4biz” del 24 ottobre 2016, “Tutte le stranezze della quasi-legge sul Cinema”).

Ricordiamo ancora una volta che non è mai stato realizzato uno studio di valutazione d’impatto rispetto al “tax credit”, che pure tutti (o quasi) sembrano ritenere mirabolante strumento non soltanto di “economia” bensì di “ecologia” cinematografica. Ma sarà veramente così?! Chissà chi lo sa…La nuova legge deve rafforzare anzitutto l’anima industriale del settore o piuttosto estendere il pluralismo espressivo e la produzione indipendente? Le due dimensioni interagiscono tra loro, ma… Per come è impostata, la legge sembra prediligere soprattutto l’anima industriale, ma determinanti saranno i decreti attuativi per correggere la rotta.

Tutti (o quasi) abbiamo naturalmente manifestato il nostro plauso per la crescita delle risorse economiche che lo Stato assegnerà al cinema ed all’audiovisivo grazie alla nuova legge voluta dal Ministro Dario Franceschini e dal Sottosegretario alle Comunicazioni del Mise Antonello Giacomelli (le risorse son cresciute di oltre il 60% rispetto all’anno precedente, e garantiscono un budget di 400 milioni di euro l’anno), però l’allocazione del budget pubblico è stata definita con criteri e logiche non propriamente tecnico-scientifiche, bensì come risultato di mediazioni tra lobby. Questa è la triste nuda verità. In Italia, l’“evidence based policy making” è ancora un sogno. Che, poi, le associazioni tutte – o quasi – siano contente, è dinamica altra, che riguarda la saggia composizione tra gli interessi (talvolta contrapposti) degli “stakeholder”, che il regista Franceschini ha saputo orchestrare, anche grazie all’abile lavoro del Direttore Generale del Cinema Nicola Borrelli. In altri tempi, lo si sarebbe chiamato sapiente – o esecrabile, dipende dal punto di vista – “consociativismo” (e qualcuno addirittura sentirebbe l’eco del “corporativismo”), ma questo termine pare non vada più di moda.

Nel pomeriggio di oggi martedì, si è udita una evidente voce “fuori dal coro”: se 100autori plaude, l’Anac dissente, e nemmeno poco: “Per quanto riguarda la composizione dell’organo consultivo del Csca stupisce invece che, dalla rosa dei nomi proposti dalle associazioni di categoria, siano stati scelti esclusivamente i tre rappresentanti della grande componente imprenditoriale (nello specifico Anica, Anem, Apt), escludendo ‎sorprendentemente le associazioni degli autori e le piccole e medie imprese e, in particolar modo, la gran parte dell’esercizio italiano rappresentato dall’Anec. Inoltre, va sottolineato come, a fronte dell’impossibilità per i membri del Consiglio Superiore di accedere ai sostegni selettivi secondo quanto stabilito nel decreto attuativo varato il 2 gennaio, siano state di fatto escluse le candidature di esponenti significativi del cinema indipendente (autori, produttori, esercenti, direttori di festival), penalizzando la rappresentatività di questo importante segmento del settore ‎all’interno del Consiglio”. Continua la storica associazione degli autori cinematografici italiani: “con la presenza di solo quattro donne, si constata con rammarico che non sia stata pienamente rispettata la parità di genere prevista dalla legge. Infine, l’Anac ribadisce con forza la necessità di tenere in debita considerazione le posizioni espresse dagli autori nella definizione dei decreti attuativi, soprattutto per quanto riguarda la difesa del cinema indipendente. In attesa di un confronto diretto con il Ministro alla Cultura, Dario Franceschini, nella giornata di ieri, lunedì 6 marzo, abbiamo anticipato al Direttore Generale Cinema, Nicola Borrelli, le nostre proposte in un documento unitario e condiviso con altre sette associazioni di settore. La battaglia per la tutela del cinema di qualità quale componente fondamentale della cultura italiana rimane per noi un impegno irrinunciabile, in linea con i principi costitutivi e con la storia della nostra associazione di autori”. Insomma, il “fronte” è “unitario”, ma forse nemmeno tanto…Si ricorda che una precedente versione della proposta di legge prevedeva una diversa composizione del Consiglio: i 10 membri (con presidenza affidata direttamente al Ministro) sarebbero dovuti essere così designati: 2 dalla Conferenza Stato-Regioni; 3 direttamente dal titolare del Mibact; 1 d’intesa con il Mef; 1 d’intesa con il Mise; 1 d’intesa con la Farnesina; 1 d’intesa con il Miur; 1 scelto dal ministro “nell’ambito di una rosa di nomi proposta dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative del settore cinematografico e audiovisivo”. Quella (buona) idea di “cabina di regia” inter-ministeriale è svanita, a favore delle lobby associative…

Da segnalare anche il rischio di un qualche latente “conflitto d’interessi”: alcuni dei nominati andranno a rinunciare alla propria attività professionale?! Immaginiamo di no, anche perché assurdamente la legge prevede che questa “eletta schiera” lavori… gratis: una vera stupidaggine, perché, se è bene contenere la spesa pubblica, questi consiglieri dovrebbero essere stimolati ulteriormente anche dal punto di vista numismatico (sono tecnici, non benefattori), ad ulteriore garanzia della indipendenza assoluta che dovranno dimostrare (anche rispetto a “chi” li ha nominati).

Il già citato decreto ministeriale del 2 gennaio 2017, non a caso intitolato “Funzionamento del Consiglio Superiore del cinema e dell’audiovisivo e regime di incompatibilità dei componenti”, prevede delle disposizioni in materia, ma non ci sembrano granché sufficienti a garantire quell’assoluta autonomia che i consiglieri debbono dimostrare nel loro ruolo di “civil servant”, soprattutto in un Paese nel quale il “capitale relazionale” governa gran parte delle decisioni.

I membri del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo hanno un ruolo certamente diverso dai componenti dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ma nessuno si sognerebbe di proporre consiglieri dell’Agcom che svolgano il loro ruolo… gratuitamente: anzi, un buon livello di compenso reddituale è giustappunto stimolo ulteriore rispetto all’indipendenza. I consiglieri dell’Agcom hanno un compenso di 273mila euro (lordi) l’anno, a fronte del Presidente che veleggia a quota 303mila euro, ma dal 2015 è stato ridotto per tutti a “soltanto” 240mila euro.

E, ancora, che ruolo avranno i membri del Csca (questo il brutto acronimo) rispetto alla gestazione dei tanto attesi decreti di attuazione della legge cinema e audiovisivo?!

Alcune settimane fa, le maggiori associazioni di categoria, ovvero 100autori, Anac, Wgi, Agpci, Sncci, Afic e Cna/Pmi Cinema e Audiovisivo, hanno elaborato una proposta unitaria relativa ai tanti “decreti attuativi” previsti dalla Legge del Cinema e dell’Audiovisivo, atti senza i quali la stessa legge non può diventare operativa. La proposta, contenuta in un documento di sedici pagine, affronta gli aspetti tecnici (in verità, molti) lasciati indefiniti dalla legge, che investono tutti i comparti del settore: dalla produzione all’esercizio, dalla distribuzione nazionale e internazionale alla promozione alla conservazione e valorizzazione del patrimonio. Particolarmente importanti i criteri con i quali dovranno essere alimentati i “contributi automatici” destinati alla produzione: secondo il documento, è necessario trovare un adeguato equilibrio affinché non prevalga il criterio del “box office” su quello altrettanto fondamentale della “qualità artistica” delle opere premiate nei festival internazionali. Una querelle che si ripropone all’infinito: anche su questa, non ci sembra che ci sia stato gran lavorio di analisi scenaristica. Un’altra questione aperta è quella relativa ai cinque esperti che dovranno attribuire i “contributi selettivi”. Consapevoli che tale numero non è sufficiente per svolgere tutte le competenze che la legge attribuisce agli esperti, le sei associazioni chiedono che i 5 esperti (previsti dall’art. 26 della legge) siano almeno raddoppiati, e sottoposti a una continua rotazione, limitando a sei mesi la durata del loro mandato. Il documento delle associazioni rinnova soprattutto la richiesta, già presa in considerazione dallo stesso Ministro, di riportare le risorse dei “sostegni selettivi” all’effettiva quota del 18% del fondo. I contributi selettivi sono destinati ad opere prime e seconde, giovani autori, “start-up”, piccole sale cinematografiche, festival e rassegne di qualità, ma con l’inserimento in questo capitolo di spesa dei costi degli enti pubblici (Istituto Luce, Biennale Cinema, Centro Sperimentale di Cinematografia…) sono stati sostanzialmente decurtati di quasi 40 milioni di euro.

I migliori auguri di buon lavoro ai neo-Commissari: ne hanno certamente bisogno. Ci piacerebbe che le attività del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo avessero la massima trasparenza, inclusa la pubblicità delle riunioni. Ma forse, ancora una volta, chiediamo troppo, in un Paese che teorizza spesso ma non pratica quasi mai la trasparenza.

Clicca qui, per leggere il decreto ministeriale Mibact del 2 gennaio 2017, a firma del Ministro Dario Franceschini, “Funzionamento del Consiglio Superiore del Cinema e dell’Audiovisivo e regime di incompatibilità dei componenti”.

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