Su queste colonne, ed anche nell’economia di questa rubrica, ci piace segnalare iniziative di eccellenza, tra il culturale ed il sociale, tra il mediale ed il civile: merita di essere senz’altro enfatizzata l’innovatività e la qualità del progetto “Goliarda Sapienza”, ovvero il premio letterario “Racconti dal carcere”, giunto nel 2015 alla quinta edizione, ideato dalla giornalista ed organizzatrice culturale Antonella Bolelli Ferrera, che ieri 16 novembre ha tenuto la cerimonia di premiazione, all’interno della Casa Circondariale di Regina Coeli a Roma. Goliarda Sapienza è stata una eterodossa attrice teatrale e cinematografica nonché scrittrice (il suo romanzo più famoso è “L’arte della gioia”, ripubblicato da Einaudi nel 2008).
L’iniziativa si caratterizza non soltanto per la comunque commendevole attività di stimolazione alla scrittura nella popolazione detenuta (adulti e minori), ma per l’affiancamento degli “esordienti” carcerati a scrittori ed intellettuali di successo: questa caratteristica rende l’iniziativa unica a livello europeo. Il Premio è promosso da inVerso onlus, dalle due “anime” competenti del Ministero della Giustizia (il Dap – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ed il Dipartimento per la Giustizia Minorile di Comunità – Dgmc), e dalla Siae – Società Italiana Autori Editori (che sostiene con convinzione l’iniziativa fin dalla prima edizione).
All’edizione 2015, hanno partecipato ben 500 aspiranti scrittori detenuti. I 25 finalisti hanno ricevuto in premio computer portatili, grazie al contributo di Unicredit, mentre i vincitori (1°, 2°, 3° classificato per la sezione “Adulti” e per la sezione “Minori”, e le “Menzioni Speciali”) hanno ricevuto anche un piccolo premio in denaro (1.000 o 600 euro).
Il Premio non si è fermato alla dimensione letteraria, cartacea, ma ha presto sviluppato una dimensione multimediale: con la collaborazione di Rai Fiction, è infatti nato il progetto “I Corti del Premio Goliarda Sapienza”, che prevede ogni anno la realizzazione di un cortometraggio tratto da uno dei racconti dal carcere finalisti del concorso, così come un lavorio per una web serie.
Quest’anno, il cortometraggio “Fuori”, per la regia di Anna Negri (la figlia di Tony – noto teorico dell’Autonomia Operaia e più recentemente sociologo e politologo riconosciuto anche dall’accademia – già dimostratasi eccellente film maker), con Isabella Ragonese come protagonista, che è stato trasmesso ieri sera su Rai 3 (in un’inedita formula di offerta di palinsesto: alle ore 20.10 ed in replica alle 23.30), dopo esser stato proiettato in anteprima al Roma Fiction Fest.
ll primo cortometraggio della serie, “Mala Vita”, diretto da Angelo Licata, con Luca Argentero nel ruolo di protagonista, ha finora ottenuto diversi riconoscimenti festivalieri.
In occasione della premiazione (condotta da una come sempre accattivante Serena Dandini), è stato presentato anche il libro “All’inferno fa freddo. Racconti dal carcere”, edito da Rai Eri, che presenta i 25 racconti finalisti con le introduzioni dei “tutor”, curato da Bolelli Ferrara. Si tratta di un florilegio di storie che dimostrano come la scrittura può divenire uno strumento di liberazione (almeno psichica e morale) e finanche di “evasione” (nel senso metaforico del termine, ovviamente). Si ritrova la libertà attraverso l’immaginazione, si elabora con la fantasia il dolore degli errori commessi. Sono 25 storie “off limits”, per il mondo “fuori”: un gommone verso l’Europa, l’iniziazione alla criminalità organizzata, gli abusi sessuali e la violenza domestica durante l’infanzia, l’obbligo di uccidere quando si è chiamati alla guerra, sia essa contro un clan rivale sia contro i ribelli del Darfour…
L’iniziativa del Premio “Goliarda Sapienza” non è paradossalmente sostenuta – come invece dovrebbe – dalla struttura pubblica che pure avrebbe il compito di sostenerla, e riteniamo “in primis”: il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact).
E qui si riapre la “querelle” – tante volte affrontata su queste colonne – dell’infinito policentrismo della nostra realtà culturale (e sociale) e della infinita dispersione di energie (e quindi del rischio continuo di dispersione di risorse pubbliche) nei tanti livelli, frammentati e frammentari, dell’intervento dello Stato.
Una grande ricchezza non adeguatamente promossa, in assenza di un “policy” strategico ed organico, in assenza di un “sistema informativo” che consenta agli operatori pubblici (potenziali sovvenzionatori) e privati (potenziali sponsor) di conoscere al meglio le tantissime iniziative che arricchiscono il tessuto socio-culturale nazionale.
La manifestazione s’è tenuta nel cuore del carcere di Regina Coeli, ed ha costretto i partecipanti (autori, attori, intellettuali, giornalisti…) a confrontarsi – anche se soltanto per un attimo sfuggente – con la dimensione carceraria: portoni e grate di metallo che si aprono e si richiudono, grida e rumori di fondo, cellulari rigidamente consegnati in portineria, sostanziale isolamento dal mondo esterno, grande affollamento di guardie penitenziarie…
Un “parterre de roi”, formato – tra gli altri – da: Luca Argentero, Pino Corrias, Alessandro D’Alatri, Giancarlo De Cataldo, Erri De Luca, Federico Moccia, Andrea Purgatori, Cinzia Tani, Andrea Vianello, Luca Zingaretti…
Tra i politici, Ferdinando Casini (sostenitore del premio fin dalle origini) e Walter Veltroni (in veste di romanziere e tutor di uno dei giovani autori). Complessivamente, un centinaio di persone, di cui soltanto circa un quarto detenuti: i 25 finalisti appunto, in verità una minoranza rispetto ai 900 “ospiti” di Regina Coeli (che purtroppo non hanno avuto chance di assistere alla cerimonia). Una situazione curiosa, stimolante, nella quale – come è stato notato – non era immediatamente comprensibile chi fosse “dentro” e chi “fuori”, se non… andando a guardare con attenzione il badge.
Un’annotazione curiosa: eravamo seduti, nelle ultime file, affianco ad alcuni detenuti, ed alla nostra destra c’era l’ottimo Erri De Luca; ad un certo punto, son arrivate due guardie, che dovevano far sedere un detenuto arrivato in ritardo, e – con fare discretamente sbrigativo (certamente sintomatico dell’atmosfera che si respira in carcere) – hanno costretto il famoso scrittore (che evidentemente non conoscevano, forse hanno pensato fosse un altro detenuto) ad alzarsi, per allocare sulla sua sedia un detenuto: “tu alzati subito, e fai posto a lui!”. Il sorriso benevolo di De Luca è stato bellissimo.
Silvana Sergi, Direttrice di Regina Coeli, ha manifestato un ringraziamento speciale a tutto il personale che, di fronte alla possibilità di annullare la premiazione per motivi di sicurezza, ha dimostrato coraggio nel voler comunque garantire il sereno svolgimento della cerimonia. I presenti hanno peraltro tributato un minuto di silenzio ai caduti nei fatti terroristici di Parigi.
Se Santi Consolo (Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), ha incentrato il proprio intervento su “la libertà della mente”, Francesco Cascini (Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità) ha rimarcato come la cultura sia strumento per “uscire dall’isolamento” e per la rigenerazione umana, dapprima in carcere e poi nel rientro nella collettività. Andrea Purgatori (in rappresentanza della Siae) ha sostenuto che, a differenza di quel che spesso accade nella letteratura prodotta “fuori”, nessuno dei racconti è “di plastica”, ma si sente che sono proprio tutti scritti veramente “con l’anima”.
Due dei finalisti sono ergastolani, ed hanno approfittato dell’iniziativa per chiedere, con fare civile e sereno: “dateci anche pene lunghe, ma non il… fine pena mai: puniteci, ma non fateci morire in carcere: dateci… una data!”.
Tesi fatta propria anche dall’ormai famoso, quasi una “star” carceraria, Cosimo Rega (attore e scrittore), che, condannato all’ergastolo a 38 anni, ha trascorso in carcere 34 anni: ha presto sentito la necessità di sfuggire all’abbrutimento latente in una vita priva di libertà ed ha iniziato a studiare, confrontandosi con l’arte, con i grandi drammaturghi, avvicinandosi al teatro, alla scrittura, formando il primo gruppo teatrale a Rebibbia nel 2002, che ha dato vita alla compagnia dei “Liberi Artisti Associati”; poi l’incontro con i fratelli Taviani, e la proposta di girare un film “Cesare deve morire”, premiato alla 62ª edizione del Festival di Berlino con l’Orso d’Oro.
Rega sta sostanzialmente realizzando il proprio sogno, lavorare come operatore nel carcere (consigliamo la lettura del libro che ha scritto, “Sumino o’ falco – Autobiografia di un ergastolano”, edito da Robin, un lungo viaggio – quasi cinquecento pagine – dell’autore per comprendere la propria personalità, le fragilità e gli errori del passato).
Erri De Luca ha sostenuto, con la nota elegante chiarezza: “la mancanza di spazio non corrisponde necessariamente a mancanza di profondità, e questa iniziativa letteraria lo dimostra”. Ha rimarcato “che dobbiamo riconoscere che l’ergastolo è una aberrazione assoluta, che va eliminata”. Ha aggiunto: “ho saputo che non entrano libri nel 41bis: questo non è un supplemento di pena, ma una vera persecuzione”. De Luca è anche il “tutor” del 1° classificato della sezione “Adulti” dell’edizione 2014, Salvatore Saitto, autore del racconto “Così mi nasceva la solitudine”. L’edizione 2015 del Premio è stata invece vinta da Ivan Gallo, con il racconto “Nelle scarpe dell’altro”, di cui è “tutor” Marco Buticchi.
Va segnalato come l’iniziativa del Premio Goliarda Sapienza si inserisca in una bella stagione di tendenziale “umanizzazione” della realtà carceraria italiana (sulle criticità e potenzialità del sistema, si rimanda anche all’articolo pubblicato da “Key4biz” nell’edizione del 9 novembre, “Un Osservatorio utile: quello di Antigone sul carcere minorile”): i “decision maker” – in primis il Ministro Andrea Orlando, anche grazie alla sensibilità del professor Mauro Palma, suo consigliere per le politiche sociali – sembra si stiano finalmente rendendo conto di come la cultura possa (anzi debba) essere lo strumento primario per stimolare la rigenerazione dell’individuo ed il suo sano reinserimento sociale.
È peraltro dimostrato che i detenuti che vengono coinvolti attivamente in laboratori teatrali, musicali, letterari, artistici, evidenziano un tasso di recidiva bassissimo. Al di là quindi del benefico effetto sulla psiche sull’individuo, è la stessa collettività a trarne beneficio, in una prospettiva di medio-lungo periodo (e finanche di risparmio a fronte del rischio di maggiori future spese: i costi del sistema carcerario sono impressionanti).
Anche di questo si tratterà in occasione degli imminenti Stati Generali della Esecuzione Penale, promossi dal Ministro Orlando, una iniziativa di pubblico dibattito sulla dimensione carceraria in Italia. Il professor Mauro Palma dirige appunto i lavori del “tavolo” su Istruzione, Cultura e Sport: è succeduto all’incarico che in origine il Ministro affidò a Adriano Sofri (provocando una polemica che ha presto prodotto la dichiarazione di indisponibilità del controverso ex detenuto).
Ci si augura che anche Rai sappia sempre più aprire “finestre” – realistiche e non morbose – sulla realtà carceraria italiana, che riguarda circa 75mila persone (tra detenute e persone sottoposte ad altre forme restrittive della libertà), e, con le loro famiglie, veramente centinaia e centinaia di migliaia di persone. Una delle tante “minoranze” cui il servizio pubblico televisivo dovrebbe prestare attenzione finalmente seria, continuativa, organica, superando le pur encomiabili iniziative occasionali.