In questo periodo registriamo con una certa amarezza come il “policy making” italiano – anche in materia di “riforma Rai” – tenda ad ignorare i dati di fatto, le analisi di scenario: nonostante la buona volontà “tecnicistica” annunciata, il “metodo Renzi” si rivela efficace nelle strategie di comunicazione, ma spesso debole nell’elaborazione tecnica.
In sintesi estrema: ci sembra emerga, nella cultura governativa renziana, un diffuso e preoccupante deficit di “evidence-based policymaking”. Anche in materia di cultura e media, così come di digitale e turismo, eccetera.
Gli interventi sono infatti spesso frammentari, disorganici, occasionali, senza un profondo respiro strategico ed un adeguato substrato di conoscenza: vedi in generale alla voce “Agenda Digitale” e specificamente Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) così come al ruolo vacuo del “Digital Champion”; vedi alla voce “Card Cultura” annunciata a dicembre dal premier Matteo Renzi ed ancora in gestazione (ferma restando la irrisolta surreale esclusione dal beneficio dei cittadini che andranno a compiere 18 anni nel 2016 ma son… extra-comunitari: alla faccia delle politiche sociali inclusive!); vedi al disegno di legge sul cinema e l’audiovisivo a firma Franceschini-Giacomelli, che certamente propone innovazioni radicali, ed in buona parte condivisibili, ma che pone l’acceleratore – per esempio – sul tanto decantato “Tax Credit”, allorquando nessuno in Italia (nemmeno il Ministro Dario Franceschini) dispone di 1 valutazione d’impatto una sull’effettiva efficienza ed efficacia di questa strumentazione; vedi, ancora, allo strumento dell’“Art Bonus”, anch’esso tanto decantato, senza che nessuno possa dimostrare “per tabulas” l’efficacia dell’attuale assetto di questa stimolazione fiscale…
I (pochi) lettori affezionati di questa rubrica sanno che abbiamo dedicato spesso attenzione alle singole iniziative promosse dal Ministro Alfa piuttosto che dal Sottosegretario Beta, in materia di politiche culturali e mediali: abbiamo scritto, tante volte, che la direzione intrapresa dall’esecutivo Renzi ci appare giusta; abbiamo apprezzato, tante volte, la buona volontà riformatrice…
Al tempo stesso – spesso, anzi quasi sempre – abbiamo osservato approssimazione di metodo, superficialità di approccio, frammentazione e quindi disorganicità degli interventi.
È come se, a fronte di una “regia” alta, manchi la “macchina” sottostante, ovvero vi sia una “troupe” inadeguata: la conseguenza è che anche il disegno strategico del regista (ben comunicato) corre il rischio di venir vanificato dai deficit di tecnicalità, nonché dalle contraddizioni interne di un policentrismo attuativo sempre a rischio di dispersione.
Inoltre – va (ri)lamentato – si osserva ancora la debolezza dei “contropoteri”, ovvero di quei soggetti che dovrebbero vigilare sulle modificazioni degli assetti di mercato: non ci sembra che né l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) né l’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni (Agcom) abbiano dedicato – per esempio – adeguata attenzione ad alcuni degli sconvolgimenti in atto, e basti citare la fusione Mondadori-Rcs nel business librario, così come la costituzione del nuovo gruppo editoriale-giornalistico proprietario de “La Repubblica” e “La Stampa”…
In verità, è noto che qualcuno, in ambito Agcom ed in ambito Agcm, si stia domandando – finalmente – se lo strumento del “Sic” gasparriano (il “Sistema Integrato delle Comunicazioni”, debole strumento di misurazione e limitazione delle concentrazioni) sia ancora valido.
E non è casuale – anche se temiamo sia sfuggito ai più – che, qualche giorno fa, il “think tank” iperliberista della Fondazione Istituto Bruno Leoni (Ibl) abbia presentato, presso l’Istituto Luigi Sturzo, uno studio realizzato insieme all’e-Media Institute (qualificato centro di ricerca che gode di grande fiducia da parte del Gruppo Mediaset), coordinato da Emilio Pucci (direttore e-Media) e Filippo Cavazzoni (direttore editoriale dell’Ibl), intitolato “Il sistema audiovisivo: evoluzione e dimensioni economiche”, che propone dati ed analisi stimolanti, che portano però acqua al mulino dell’estensione delle dimensioni della “torta” (anche a causa dell’indiscutibile ruolo degli “over-the-top” nell’economia dei contenuti editoriali).
E qualsiasi studioso di economia della concentrazione sa che, se si incrementa il “denominatore”, l’aumento del “numeratore” finisce per perdere rilevanza (e la “fetta” si rimpiccolisce)…
Crediamo che qualcuno si stia rendendo conto – nei “think tank” degli oligopolisti anche – che il “Sic” è strumento obsoleto, ma si stia attrezzando tecnicamente per proporre una qualche soluzione (misurazione e valutazione) che consenta di “bypassare” le logiche anti-trust.
Tanto… il Governo non sembra interessarsi della materia, il Parlamento nemmeno, e le Autorità sonnecchiano.
E “tutto va ben, madama la marchesa”: suvvia che il mercato s’autoregoli liberamente, e che le autorità anti-trust continuino a benedire la “naturale” evoluzione dei mercati…
L’eco di queste delicatissime questioni – afferenti non soltanto alla sfera economica, ma anche a quella del pluralismo politico – s’è ascoltato in occasione della presentazione dello stimolante libro di Stefano Mannoni, “Millenarismo 2.0. Il diritto al cospetto della nuova era digitale”, presentato ieri l’altro a Roma proprio presso la sede dell’Autorità Antitrust (e segnaliamo in particolare il dotto commento del professor Mario Libertini, ordinario di diritto commerciale all’Università “La Sapienza” di Roma).
Con queste odierne noterelle, vogliamo quindi manifestare una qualche telegrafica impressione sugli accadimenti delle ultime settimane, ovvero su alcune notizie che ci sembrano degne di attenzione: tra tutte, emerge senza dubbio l’annuncio finalmente concreto (è stata anche fornita una data di avvio, il 12 aprile) del Sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli in relazione alla tante volte annunciata “consultazione” sul servizio pubblico radiotelevisivo (Giacomelli ne ha parlato sia al convegno Ibl / e-Media del 10 marzo, sia – con maggior dettaglio – in Commissione Vigilanza Rai il 15 marzo, come ben riferito anche da “Key4biz”), questione così strategica che merita un approfondimento cui ci dedicheremo presto…
Nel mentre, il neo Amministratore Delegato della Rai prosegue sulla sua via: continua ad assumere professionisti di fiducia dall’esterno, ed è comprensibile la naturale insofferenza manifestata dalle eccellenze che anche in Rai vi sono…
Ci domandiamo se tutti questi innesti dall’esterno non possano produrre una cortocircuitazione paralizzante del pur apprezzabile ricambio energetico-generazionale-culturale che Antonio Campo Dall’Orto sta mettendo in atto.
Senza dubbio apprezzabile la decisione di eliminare la pubblicità dai canali per bambini come Rai Yoyo (dovrebbe divenire operativa dal 1° maggio prossimo): di fatto, una perdita di una manciata di milioni di euro per l’economia pubblicitaria della tv pubblica, ma indiscutibilmente un segnale importante, netto e chiaro, di differenziazione identitaria.
Auguriamoci che sia foriero di segnali simili: in questa direzione, l’apprezzabile decisione di cassare la “cronaca nera” dal contenitore di Rai 1 “Domenica In”…
In argomento (Rai), merita esser segnalata anche un’eterodossa iniziativa promossa dall’associazione dei dirigenti Rai in pensione (AdpRai), che il 16 marzo ha promosso un convegno fortemente voluto da Andrea Melodia, già top manager di viale Mazzini (e peraltro anche Presidente dell’Unione Stampa Cattolica Italiana-Ucsi), intitolato “‘Servizio pubblico, media company ed etica”.
L’iniziativa non ha registrato la ricaduta mediatica e la rassegna stampa che meritava, ma si è posta come raro caso di laboratorio intellettuale e politico, dialettico e libero, concentrato sul ruolo del “servizio pubblico”.
Sebbene abbiano assistito ai lavori (almeno ad una parte di essi) alcuni consiglieri di amministrazione (Rita Borioni, Franco Siddi, Carlo Freccero) e la stessa Presidente Monica Maggioni, vogliamo sperare che l’iniziativa sia stata riportata con cura, da osservatori attenti e di fiducia, all’Ad Campo Dall’Orto, soprattutto rispetto all’esigenza di una ridefinizione del ruolo del servizio pubblico che non sia attento soltanto alle ragioni del marketing (e del web).
Chi redige queste noterelle teme infatti che Campo Dall’Orto sia preparatissimo in materia di marketing strategico e tattico e di riposizionamento della Rai nell’arena commerciale, ma forse possa presto avere necessità di un supporto tecnico intenso in materia di ridefinizione del “senso” del servizio pubblico.
Dalle sue sortite pubbliche in materia, sembra emergere questa esigenza, che oscilla tra il culturale ed il politico: forse dovrebbe avvalersi di un dirigente della “vecchia guardia” (à la Emanuele Milano, per capirci) come consigliere speciale, ricordando sempre che Rai non può essere soltanto “marketing oriented”.
Certo, potrebbe risponderci l’Ad Rai: “ma debbo attendere l’esito della consultazione…”.
E noi ci limitiamo a domandare, ancora una volta, perché il Governo ha ritardato così tanto l’avvio di questa consultazione, che pure doveva accompagnare – nelle intenzioni iniziali di Giacomelli, poi smentite – l’iter della stessa controversa legge di riforma Rai.
Ricordiamo che la convenzione Stato-Rai scade il 9 maggio 2016.
In occasione della kermesse promossa dall’AdpRai, abbiamo ascoltato tesi eccentriche, in materia di “forza-lavoro” Rai, di Valerio Fiorespino (a capo delle Risorse Umane di Viale Mazzini) e Vittorio Di Trapani (Segretario Generale dell’Usigrai), mai riportate con attenzione da media e stampa: quanti di voi (di noi) sapeva (sappiamo) che son stati immessi in Rai, nell’ultimo anno, ben 300 giovani, che hanno superato una selezione cui hanno partecipato ben 45mila candidati?!
E che dire dei 100 giornalisti che dovrebbero essere assunti in Rai, a fronte di 5mila candidati, dopo aver superato il concorso avviato concretamente nel luglio 2015?! Fiorespino ha dichiarato che, fino a poco tempo fa, Viale Mazzini non disponeva di un dataset adeguato di profilazione delle proprie risorse interne, e…ciò basti!
Tra le altre notizie, meritevoli di almeno un cenno, degli ultimi giorni: le trattative tra Mediaset e Vivendi per un possibile nuovo “player” di tipo Premium che possa affrontare la concorrenza di Sky Italia e Netflix…
L’annuncio (anticipato ieri in esclusiva dal sempre attento Marco Mele sulle colonne de “il Sole 24 Ore”) di un intervento finalmente organico e significativo di Sky Italia nel business della produzione cinematografica italiana…
La presentazione delle “Indicazioni strategiche” da parte del Sottosegretario Davide Faraone (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Miur) per la promozione della cultura teatrale nelle scuole italiane…
L’avvenuta selezione dei progetti vincitori del bando “MigrArti” promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (Mibact), per sostenere iniziative di teatro e musica e danza e cinema che promuovano una cultura dell’integrazione rispetto ai migranti, che ha visto la presentazione di quasi 1.000 progetti…
A presto, ancora su questi schermi.