Un’osservazione deprimente: giovedì scorso, presso la Camera dei Deputati, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha promosso uno stimolante workshop intitolato “Sicuri sul web per una navigazione consapevole. Quali tutele contro ogni discriminazione, hate speech, cyber bullismo e diffusione di false notizie?”, ma l’iniziativa non ha beneficiato di una rassegna stampa ovvero di una ricaduta mediatica minimamente significativa. Ciò nonostante il seminario sia stato aperto da una pugnace Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, che ha proposto una lettura seria e dura delle preoccupanti e gravi dinamiche in atto (rimandiamo a quanto abbiamo scritto giovedì stesso su queste stesse colonne, vedi “Key4biz” del 9 febbraio 2017, “Hate speech e Fake news, Laura Boldrini attacca i social: ‘Da che parte sta Facebook?’ prima parte”).
Perché un simile silenzio, una simile insensibilità, un simile disinteresse?!
Questa (non) ricaduta mediatica conferma come il problema sia grosso assai e la sensibilità mediatica inadeguata. Crediamo urga un intervento normativo, in un’ottica di ecologia dei media.
Riteniamo che la responsabilità primaria di questa situazione sia da ricercare nell’assenza di un ruolo forte, deciso, organico, da parte della televisione di Stato: le iniziative della Rai su queste materie sono infatti sporadiche ed occasionali, non rispondenti a quel ruolo di evoluta “agenzia di alfabetizzazione” (culturale e digitale) che Viale Mazzini dovrebbe svolgere. Per capirci, non basta la messa in onda, nel calderone dell’irrisolta “pubblicità istituzionale”, dello spot che abbiamo già segnalato “Un nodo blu” promosso dal Miur (vedi “Key4biz” del 7 febbraio, “Il Miur contro il cyberbullismo (ma perché senza la Rai?)”), né la piccola “window” concessa ai giovani protagonisti della campagna studentesca “Mabasta” (crasi ovvero acronimo che sta per Movimento Anti Bullismo Animato da Studenti Adolescenti) nell’economia della kermesse canora “Sanremo 2017” (clicca qui, per vedere l’estratto della puntata, tratto dal sito di RaiPlay), né, ancora, la pur lodevole iniziativa di “#Maipiùbullismo”, la prima versione italiana del format americano “The Bully Project” (curato da Vervemedia), trasmessa da Rai 2, condotta da Pablo Trincia (in onda in quattro puntate dal 23 novembre 2016 alle ore 23.15; da lamentare che non esiste sito web della trasmissione e che la pagina Facebook è ferma a fine dicembre 2016, nonostante sia in lavorazione una seconda serie…e, ancora, perché importare un format Usa, non c’è sufficiente creatività italica su queste materie?!).
Il problema è quello di sempre: policentrismo, confusione, frammentazione. Si disperdono energie (intellettuali, artistiche, professionali…) e risorse (pubbliche), in assenza di una adeguata “cabina di regia”, ovvero di una strategia di medio-lungo periodo, su una tematica delicata come il bullismo. E francamente non crediamo che il “tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyber bullismo” previsto dalla proposta di legge – fortemente voluta dalla senatrice piddina Elena Ferrara – che sembra in dirittura d’arrivo (l’Atto Senato n. 1261-C, art. 3 comma 1), sia dotato di strumenti adeguati per il necessario salto di qualità (basti ricordare l’ormai quasi rituale “senza oneri per la finanza pubblica”).
Il convegno Agcom di giovedì scorso ha consentito di comprendere come molti operatori siano ben consci della situazione critica, ma sia necessario un intervento “d’autorità”, così intendendo un’azione da parte del Parlamento / del Governo / delle Authority competenti in materia: un intervento non autoritario (anche se ce ne sarebbero i presupposti, data l’emergenza), ma autorevole e dotato di strumentazione adeguata (risorse risorse risorse).
Il Presidente dell’Agcom, Angelo Marcello Cardani, ha segnalato anzitutto come ci sia un’eccessiva “abbondanza di inglese”, nel definire questi fenomeni (“hate speech”, “cyber bullismo”, “fake news”…), e questa riflessione ci sembra saggia: è necessario partire da una rigenerazione semantica. Cardani ha evidenziato la sua preoccupazione, pur con toni come sempre pacati assai: “stiamo buttando una generazione”. Ha sostenuto di non voler essere… “ieratico”, ma ha dichiarato che si tratta di “salvare la società”. Si è dichiarato “sconvolto”, nell’osservare – come sostiene una delle varie ricerche in materia – che, nella classe di età dei 14-18enni, si registrerebbe una media di connessione di 5 ore al giorno su internet, “lo stesso tempo trascorso a scuola”. Cardani ritiene che la norma esistente, il “Tusmar” (il “Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici”), nell’assegnare ad Agcom una competenza in materia di “rettifica” sui media tradizionali, possa consentire un’estensione della sfera di azione: su questa prospettiva di intervento sta lavorando Agcom.
Il Commissario Antonio Martusciello ha coordinato la prima sessione di lavori, intitolata “Tra Regolazione e rete: la tutela dei diritti fondamentali”. Sono intervenuti la Presidente della Rai Monica Maggioni, Gina Nieri nella veste di Consigliere di amministrazione Mediaset, Marco Ghigliani Amministratore delegato La7, Giuseppe Recchi Presidente Esecutivo del Gruppo Telecom Italia, Maximo Ibarra Amministratore delegato WindTre, Pietro Guindani Presidente Vodafone Italia. Curiosa l’assenza – come abbiamo già segnalato – del rappresentante di quel che pure è ormai senza dubbio un “player” fondamentale dell’assetto “triopolistico” della televisione italiana, ovvero Sky Italia…
Martusciello ha evidenziato le “forti asimmetrie regolamentative” in essere, tra vecchi media (tv in primis) e new media (web in primis). Ha sostenuto che la “net neutrality” non deve essere considerata un “dogma”, che forse non è necessariamente la “co-regolamentazione” l’unica via percorribile, anche se questo sembra “il massimo” nell’habitat del web.
La Presidente Rai Monica Maggioni ha sostenuto che non si può più ritenere il web un “luogo di conoscenza” soltanto, perché è ormai un “luogo di esistenza”. Si deve ragionare su una evoluzione dalla “disintermediazione” alla “riaggregazione”, ed il servizio pubblico deve costruire un “senso di comunità”, attraverso la responsabilità e la consapevolezza del proprio ruolo. Anche Maggioni ha sostenuto l’esigenza di un lavoro di rigenerazione linguistica: a “notizie false” spesso gravi, ci si deve riferire, e non a simpatiche “bufale”. Ha sostenuto che vorrebbe una Rai “al centro di un servizio di fact checking”, incrementando il livello di “accountability” di Viale Mazzini. Non è sfuggito ai più un cenno di stima nei confronti di Google Italia, che “sta facendo un lavoro enorme”.
Gina Nieri, Consigliere di Amministrazione di Mediaset, ha rivelato il proprio turbamento, come donna prima che come dirigente d’azienda, rispetto alla documentazione che il proprio staff le aveva predisposto per l’intervento al convegno Agcom, rispetto ad orrori come “i gruppi chiusi di stupri virtuali”. Se è vero che la rete è una “fonte abilitante di accrescimento e di democrazia”, deve prevalere il senso di responsabilità – ovvero l’“assunzione di responsabilità” – rispetto alla difesa di un interesse superiore, rappresentato dai “diritti della persona”. Ha lamentato la propria stanchezza, nell’osservare come si tratti (si parli) di questi fenomeni ormai da anni, ma il sistema di intervento tardi ancora (anche a livello europeo): “si deve passare dalle pulsioni di intenzioni alle azioni concrete” e non basta “uno spontaneistico impegno alla autoregolamentazione”. Ha criticato per esempio la sostanziale inefficacia di iniziative paneuropee come l’Alliance to Better Protect Children Online. Emerge quindi, al di là della dialettica tra autoregolazione e co-regolazione, l’esigenza di “meccanismi cogenti”, che consentano il superamento della attuale perdurante “irresponsabilità degli intermediari”. Le regole debbono valere per tutti, “broadcaster” ed “over-the-top”.
Marco Ghigliani, Amministratore Delegato de La7, ha riconosciuto l’“asimmetria del mondo delle regole”, ovvero di un “impianto giuridico obsoleto”. Ha comunque ritenuto “superati” concetti come la “fascia protetta”, gli “affollamenti pubblicitari” e la “par condicio”, ma vogliamo sperare intendesse che essi vanno riletti, rinterpretati, rideclinati nell’era del web.
Giuseppe Recchi, Presidente Esecutivo del Gruppo Telecom Italia, si è quasi… autogiustificato, enfatizzando come la quantità di utenti del web sia veramente “gigantesca”, e ne derivi quindi la difficoltà di individuazione e la complessità di intervento, anche da un punto di vista soltanto tecnico. Il venir meno dei confini geografici pone quesiti sull’autorità investigativa preposta. L’anonimato complica le cose. I “tempi di reattività” sono conseguentemente lenti. Recchi ha sostenuto che “è per noi difficile controllare il flusso, non possiamo controllare tutti i veicoli che passano sulle autostrade…”. Le dimensioni del fenomeno sono caratteristiche intrinseche del web ma “un qualche controllo” deve pur esserci, e l’intervento repressivo deve essere tempestivo: “deve essere lo Stato ad indicare le linee-guida da applicare, le autorità preposte debbono controllare…”. Ha sostenuto che iniziative come quelle messe in atto dalle aziende, per esempio “Tim Protect”, ovvero meccanismi di “parental control”, corrono comunque il rischio di rivelarsi “gocce nell’oceano”. In argomento, Martusciello ha voluto precisare che, secondo alcune ricerche, il 73% dei genitori italiani non utilizza il “parental control”, allorquando disponibile.
Maximo Ibarra, Amministratore delegato WindTre, ha dichiarato con candore che “noi non sappiamo come viaggiano i dati”, ed ha segnalato come, secondo le sue previsioni, “nell’arco di due anni il traffico in rete che si sviluppa attualmente in un anno si concretizzerà in un mese soltanto”. Assistiamo quindi ad una esplosione “esponenziale” della quantità di dati su web… a mo’ quasi di giustificazione preventiva per la incontrollabilità di internet. Ha proposto una teoria di internet interessante: “i social network sono il risultato di un fallimento del mercato” (“mercato” inteso nella sua forma tradizionale), ma senza dubbio, in un fenomeno così massificato, “il danno può superare l’opportunità”. Ha segnalato, in particolare, la pericolosità nella diffusione di alcuni videogame. Si deve cercare di contenere, insomma, “i danni collaterali” del web. È necessario un mix tra “soluzioni tecniche, interventi regolamentari, sensibilità sociale”.
Pietro Guindani Presidente Vodafone Italia, ha sostenuto come le tlc non siano contrarie ad una elevazione della qualità (contenustica) del sistema, rimarcando come “un comportamento responsabile sia un vantaggio competitivo”, e quindi contribuisca alla qualità del brand, anche in termini di marketing soltanto (responsabilità sociale d’azienda a parte). “Si deve combattere culturalmente la logica del branco contro il singolo individuo”. Vanno iniettati nel sistema “anticorpi”, sviluppando soprattutto iniziative educative (ed ha citato progetti del gruppo, come “Vodafone Rete Sicura”, “Protezione Bambini”, e “Giovani Ambasciatori contro il bullismo e cyber bullismo per un web sicuro”, quest’ultimo promosso anzitutto da Moige).
La seconda sessione è stata intitolata “Libertà di informazione e socialità in Rete. Confronto sui fenomeni di fakenews e hatespeech”, ed è stata introdotta e moderata dal Commissario Antonio Nicita. Sono intervenuti Laura Bononcini, Responsabile relazioni istituzionali Facebook per l’Italia, la Grecia e Malta; Giorgia Abeltino, Direttore relazioni istituzionali Google Italia; Mario Levratto, Direttore Marketing e relazioni esterne Samsung; Enzo Moavero Milanesi, Direttore della School of Law della Università Luiss Guido Carli.
Il Commissario Antonio Nicita ha esordito precisando che il workshop si poneva più come occasione di “testimonianza” che di “approfondimento”, ed ha annunciato che l’Autorità proporrà presto nuove iniziative di studio, ricerca, confronto, dibattito. Ha evidenziato la differenza tra “approccio americano” ovvero prevalenza del concetto di “libertà” ed “approccio europeo”, ovvero prevalenza del concetto di “rispetto della persona”. Ha segnalato come ormai “non basta dire ‘mercato’ per dire ‘libertà’”. Ha evidenziato come siano in atto preoccupanti “fenomeni di polarizzazione”, e come il web tenda a stimolare un avvicinamento dell’utente verso le opinioni che già gli piacciono, riducendo quindi il senso di una dialettica profonda, di un confronto serio tra informazioni e tesi. “I discorsi d’odio si alimentano di strategie di falsità”, come nel caso dell’antisemitismo correlato al negazionismo.
Delle tesi di Laura Bononcini, Responsabile relazioni istituzionali Facebook per l’Italia, la Grecia e Malta, e della sua reazione all’attacco duro manifestato dalla Presidente della Camera Laura Boldrini nei confronti di questo “social network” abbiamo già scritto nella prima parte di questo resoconto ed a ciò rimandiamo.
Giorgia Abeltino, Direttore relazioni istituzionali Google Italia, ha battuto soprattutto il tasto della “educazione civica online”, ed ha segnalato come, da quando ha iniziato a lavorare nella filiale italiana (otto anni ormai), abbia subito ben compreso la sensibilità del Gruppo verso queste tematiche critiche. Ha sostenuto con veemenza che “non è vero che siamo autoregolamentati… ci sono molte sfumature nel sistema”, sebbene anche lei abbia rimarcato come sia crescente la quantità di ore di contenuti che vengono caricati su YouTube, e quindi come sia arduo “controllare”. Quando perviene una segnalazione negativa, si ‘flagga’ il contenuto e, se il contenuto è contrario alla normativa nazionale, si procede secondo le regole previste dalla legge, d’intesa con la Polizia Postale.
Mario Levratto, Direttore Marketing e relazioni esterne Samsung, si è sostanzialmente limitato a riportare alcuni dati, di fonte Eurispes, sulla “incredibile diffusione” del web, ovvero nell’uso di internet da parte degli italiani, ed ha posto l’enfasi sulla positività, per l’economia nazionale, della nuova imprenditoria che si sviluppa intorno all’economia delle “app”, che in Italia produrrebbe reddito per oltre 25 miliardi di euro, ovvero un 2% del prodotto interno lordo.
Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), si è soffermato sull’esigenza di sostenere “una dignità umana che bilanci la libertà di informazione”, ricordando come la libertà debba essere comunque “funzionalizzata alla democrazia”. Con efficace metafora: “la libertà è sul trono, ma non un sovrano senza limiti”. Citando un saggio come il compianto giurista Paolo Barile, “la libertà di informazione deve includere anche il diritto alla menzogna?”. La questione è controversa. Si deve concentrare l’attenzione su quelli che sono divenuti, di fatto, i nuovi “gatekeeper” del sistema informativo, ovvero i “social media”. Al di là della “responsabilità sociale delle imprese”, che deve essere sempre richiamata, esiste assolutamente una “responsabilità del soggetto pubblico”: si deve sviluppare una dialettica tra queste due “responsabilità”.
Il contributo degli accademici è stato limitato a Piermarco Aroldi, Docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Oreste Pollicino, Docente presso l’Università Luigi Bocconi, che hanno affrontato la tematica con riferimento alla letteratura scientifica in materia, dal punto di vista sociologico e giuridico. Aroldi ha segnalato come la “perdita di credibilità dei saperi storici”, insieme alla radicale “disintermediazione” della conoscenza, finisca per abilitare fenomeni preoccupanti, che evidenziano una sorta di contraddizione latente tra democrazia stessa e libertà del web. Si deve trovare un sistema per “arginare l’effetto eco degli algoritmi”. Ha invocato uno sviluppo reale della “media education”. Pollicino si è soffermato sulla rilevanza del web in ambito costituzionale, nel confronto tra modello Usa e modello Europa.
Enzo Moavero Milanesi, Direttore della School of Law della Università Luiss “Guido Carli”, ha sostenuto di non vedere “tutte queste grandi differenze tra vecchi e nuovi media”, si tratterebbe piuttosto di definire una “gradazione diversa” nelle regole, per esempio introducendo delle penalità nel ritardo nelle rettifiche. Si è domandato se non abbia senso, a proposito della metafora “autostrade” e “veicoli”, prevedere la immediata identificabilità della “targa dell’automobile”, allorquando il cittadino si muove sul web. Moavero Milanesi ha provocato l’impressione di una sua non particolare preoccupazione per i fenomeni in atto, ritenendo evidentemente sufficienti le regole in essere, inclusa la revisione in corso della famosa direttiva “Servizi di media audiovisivi senza frontiere” (“Smav”).
Roberto Viola, Direttore Generale “Connect” dell’Unione Europea ovvero della Commissione Europea, ha subito esordito sostenendo che “non costituiremo un Ministero della Verità”, anche perché quello di “verità” è ormai un concetto veramente complesso (“post-verità” inclusa). Secondo Viola, non ci sarebbe nulla di veramente “nuovo”: il web è una estensione della “piazza” del paese, e quindi un amplificatore della “maldicenza” che è sempre esistita nella storia dell’umanità. Cambiano soltanto le dimensioni e la velocità della maldicenza… La Commissione Europea sente l’esigenza di “armonizzazioni” pan-europee, “perché non può esistere più un social francese ed un social italiano”, con regole differenti. Però si deve procedere con prudenza, nell’introdurre “regole rigide”, perché c’è il rischio concreto che esse vadano a limitare lo sviluppo complessivo dell’economia digitale. Viola confida molto nel ruolo che potrà assumere nel breve-medio periodo l’associazione delle “authority” europee omologhe dell’Agcom ovvero l’European Platform of Regulatory Authorities (alias “Erga”, secondo l’acronimo).
La terza sessione del workshop Agcom ha visto una tavola rotonda intitolata “Pianificazione. Strategie di intervento e misure di prevenzione”, introdotta e moderata dal Commissario Agcom Francesco Posteraro. Hanno partecipato Elena Ferrara, prima firmataria della legge sul cyberbullismo; Gennaro Migliore, Sottosegretario di Stato Ministero della Giustizia; Francesco Boccia, Presidente della V Commissione (bilancio, tesoro e programmazione) Camera dei Deputati; Michaela Biancofiore, Componente della IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) Camera; Stefano Quintarelli, componente della III Commissione (affari esteri e comunitari); Maura Manca Presidente “Osservatorio Nazionale Adolescenza”; Nunzia Ciardi, Direttore Polizia Postale.
Il Commissario Antonio Posteraro ha sostenuto che “il web è un mezzo neutro, ma non può rappresentare il Far West”, ed ha segnalato – come esempio interessante di intervento nella “zona grigia” – la norma recentemente approvata in Francia in materia di rettifica su internet: “si deve aggiornare al tempo di internet il concetto di responsabilità”.
Francesco Boccia (parlamentare Pd), Presidente della V Commissione della Camera dei Deputati, si è dichiarato preoccupato per i fenomeni in atto, ed ha ribadito l’esigenza di estendere anche agli “over-the-top” meccanismi di regolazione e controllo: “che i giganti del web paghino le tasse”, ha sostenuto con convinzione, auspicando il rafforzamento delle autorità indipendenti. Da padre di un figlio di 16 anni, ha sostenuto che stiamo assistendo alla nascita e crescita di un “nuovo tipo di umanità”, che sta scardinando i paradigmi psico-sociali cui eravamo abituati da secoli e secoli.
Gennaro Migliore, Sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia, non ha preso posizione, nella querelle tra “autoregolazione” e “co-regolazione” ovvero intervento normativo da parte dello Stato, lamentando come l’iniziativa legislativa appaia comunque in ritardo, “nelle retrovie”, segnalando come eccellente eccezione la legge n. 115 del giugno 2016, con la quale si attribuisce rilevanza penale alle affermazioni “negazioniste” della Shoah. Ha evidenziato, nella legge in avanzata gestazione sul cyberbullismo, l’importanza dell’aspetto educativo-formativo rispetto a quello repressivo-penale.
Elena Ferrara (senatrice Pd), prima firmataria della legge sul cyberbullismo, ha ricordato con soddisfazione come, dopo lunga “navigazione tribolata”, la sua proposta stia finalmente per arrivare in porto. È una proposta che non risolve tutti i problemi, ma cerca comunque per la prima volta di affrontare le criticità in una chiave organica.
Michaela Biancofiore (parlamentare di Forza Italia), componente della IX Commissione della Camera, ha evidenziato criticamente gli “enormi limiti” della legge promossa da Ferrara, segnalando – in dissenso rispetto a quel che ha sostenuto il Sottosegretario Migliore – che serve assolutamente anche la dimensione penale della norma. “Non basta un ammonimento, per l’autore di reati di cyberbullismo, anche se minorenne… Si deve evitare di commettere lo stesso errore commesso nella norma sullo stalking, che è di fatto divenuta, a causa dello stesso deficit, inefficace”. Biancofiore, con evidente “vis polemica”, ha ricordato che “nei corridoi di palazzo, si dice che la legge promossa dalla collega Ferrara sia stata attenuata a causa delle pressioni delle lobby delle imprese…”.
Nunzia Ciardi, Direttore della Polizia Postale, evocando l’aforisma del “sonno della ragione che produce mostri”, ha ricordato come sia semplice “il passaggio da Google al branco”, proponendo la testimonianza della propria attività di sensibilizzazione nelle scuole. “Va bene punire, ma dobbiamo puntare sulla prevenzione, fermare le situazioni sul nascere, prima di arrivare alla denuncia. I ragazzi non si rendono conto che insultare sul web non è un reato veniale, noi vogliamo aiutare – vittime e carnefici – a rendersi conto”.
Stefano Quintarelli (iscritto al Gruppo Civici e Innovatori), componente della III Commissione (Affari Esteri e Comunitari) della Camera, ha sostenuto che l’educazione è “un asset fondamentale di un Paese democratico”, e che la proposta di legge promossa dalla collega Ferrara è una “dichiarazione di intenti”, soprattutto pensando che il budget stanziato nella proposta di legge, per promuovere le attività di sensibilizzazione nelle scuole da parte della Polizia Postale, è nell’ordine di 200.000 euro l’anno, una cifra assolutamente inadeguata, a fronte delle dimensioni dell’utenza che si vorrebbe raggiungere. Quintarelli ha rimarcato come la rete, in verità, non sia ormai più “neutra”. Ha sostenuto che “non si deve ‘ispezionare’ tutto, ma disponiamo degli strumenti tecnici per aumentare il livello delle garanzie”.
Conclusivamente, un seminario di alto livello, denso e ricco di stimoli (eccessivamente lungo però – quasi cinque ore senza soluzione di continuità – e forse paradossalmente troppo polifonico), cui ci si augura seguano presto le occasioni di approfondimento annunciate dal Commissario Nicita.
- Clicca qui, per la videoregistrazione su RadioRadicale del seminario Agcom “Sicuri sul web per una navigazione consapevole. Quali tutele contro ogni discriminazione, hate speech, cyber bullismo e diffusione di false notizie?”, tenutosi giovedì 9 febbraio 2017 presso la Camera dei Deputati.