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ilprincipenudo. Giornata del migrante, Monsignor Galantino (Cei) ‘Dibattito su migranti ridotto a merce elettorale’

Angelo Zaccone Teodosi

L’occasione era ghiotta, perché notoriamente il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Monsignor Nunzio Galantino (classe 1948, Vescovo di Cassano all’Ionio, professore universitario di antropologia), non le manda a dire, e la sua capacità di essere franco e diretto è stranota: ed effettivamente, la presentazione alla stampa delle iniziative della Chiesa Cattolica italiana in occasione della 104ª “Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato”, che verrà celebrata domenica prossima 14 gennaio 2018, ha confermato il raro quanto apprezzabile carattere irrituale del prelato e l’efficacia della sua “vis polemica”.

In buona compagnia. Ovvero non meno esplicito e quindi inevitabilmente “schierato”, si è dimostrato anche Monsignor Guerino Di Tora, Vescovo ausiliare di Roma e Presidente della Commissione Episcopale per le Migrazioni nonché Presidente della Fondazione Migrantes (organismo pastorale della Cei), che ha sostenuto tondo tondo: “La legge sullo ius soli va fatta. Nessuno può essere apolide”. Per Di Tora, “la globalizzazione della mobilità è ormai un fenomeno strutturale, che sta determinando un cambiamento geopolitico mondiale”. Fondamentale è la necessità di “creare una cultura dell’accoglienza e della mondialità, non solo di merci e monete, ma delle persone, in senso umanizzante”. Ecco perché Papa Francesco, ha sottolineato il Vescovo, “ha titolato la sua lettera (dedicata alla Giornata Mondiale di domenica) usando quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Al concetto mercantile di “globalizzazione”, Di Tora ha opposto quello umanistico di “globalità”, intesa come “globalità umana ed umanizzante”. Rispetto alla mancata approvazione in Parlamento dello “ius soli”, si è “violato il diritto internazionale. Quante polemiche si sono scatenate, ma nessuno è apolide. Le migrazioni non sono la fine del mondo, ma sono l’inizio di un nuovo mondo”. Il Presidente della Migrantes ha anche ricordato il progetto “Liberi di partire, liberi di restare”, iniziativa straordinaria alla quale la Cei ha assegnato un budget significativo, nell’ordine di 30 milioni di euro (fondi dell’“8 x 1000”).

Key4biz” ha domandato al Segretario Generale della Cei se non si sente talvolta nel ruolo di… “supplente”, rispetto ad un’assenza “dello Stato” ovvero alla (non) assunzione di posizioni nette e precise sulla necessità di un’accoglienza umanitaria diffusa (vedi il penoso naufragio della legge sullo “ius soli”), su tematiche così delicate e strategiche per la comunità nazionale. Queste le risposte di Nunzio Galantino: “Alcune forze in Italia non fanno parte della politica come servizio alla comunità. Mi chiedete se la Chiesa pertanto faccia azioni di supplenza? Io non mi faccio questa domanda: il mio referente non sono i politici, io rispondo al Vangelo ed a Papa Francesco, non al politico di turno, a coloro che rendono la politica una merce elettorale o tifo da stadio, del tifo curvaiolo”. Sul proprio lavoro, Galantino ha detto: “Ho preso tante batoste tra i politici, sia a destra che a sinistra, e anche da una certa frangia interna alla Chiesa… ma il mio referente è il Vangelo… Mi rattrista la mancanza di memoria nella Chiesa e in Italia, perché non corrisponde a verità che la posizione di Papa Francesco sia nuova, per la Chiesa: Benedetto XVI ebbe parole dure contro chi ignorava la sorte dei migranti. Forse con voce meno forte. E lo stesso dissero Pio XII e Paolo VI…”. Pretestuoso è il tentativo di fare passare l’attenzione del Papa come “attenzione dell’ultima ora”. Rispetto alle accuse subite personalmente: “In questa carovana della nostra Italia, non mi sento ‘supplente’, ma solo ‘rappresentante’ del Vangelo. A chi mi attacca, dico: non mi interessa. Non sono depresso, nonostante io sia sotto attacco ogni giorno”.

Con passione, il Segretario Generale della Cei ha precisato che “in Italia, il dibattito sul tema migranti non avviene in un clima dei migliori. Nella migliore delle ipotesi, è ridotto a merce elettorale. Manca un dialogo su ciò che si potrebbe fare. La Chiesa non vuole sostituirsi alla politica, ma si interroga su temi comuni. L’indipendenza della politica non deve impedire di annunziare il Vangelo, e la Chiesa – non si fa fatica a capirlo – deve avere attenzione per migranti e rifugiati. Noi al Governo non suggeriamo niente, siamo solo chiamati a vigilare, in quanto cittadini consapevoli. Questo fa il Papa, non c’entra essere preti o suore”.

Galantino ha ricordato che il messaggio del Papa parte appunto dal citare il brano del “Libro del Levitico” sull’accoglienza dello straniero. “Chi, tra i cattolici, insiste nel criticare il pontefice sulle posizioni assunte sui migranti appartiene alla categoria degli sconfitti della vita, degli infelici cronici”. Si tratta di persone che “passano le giornate a vedere quale bestemmia ha detto il Papa, per poi stracciarsi le vesti, gente che campa aspettando che l’altro sbagli…”. Ecco perché, nel suo messaggio, Bergoglio rafforza le sue posizioni, citando vari pontefici del passato. La risposta della Santa Sede a questo fenomeno è importante, anche perché, “tra dieci anni, quando si penserà a chi è morto nel Mediterraneo, qualcuno si chiederà: e la Chiesa dove stava?!”.

Galantino ha poi continuato, rivolto ai cattolici: “A me, tanti hanno detto chiaro e tondo che ‘sì, Gesù è bravo, ma i migranti…e qualcuno mi ha consigliato di moderare i toni, di ammorbidire le prese di posizione”. Il Segretario della Cei vuole però ricordare che per i cristiani “è evangelico spendersi per questo, e bisogna avere menti e cuori aperti”. Galantino ha ricordato il meccanismo dei “corridoi umanitari”: “Tanti italiani e famiglie hanno risposto ‘ci siamo’, il 22 dicembre scorso“. Il riferimento è al primo arrivo a Fiumicino di migranti, frutto dell’accordo tra Governo italiano e Cei, un segnale importante dell’impegno profuso nell’accoglienza. “Occorre un sussulto di onestà, di realismo e di umiltà da parte di coloro che chiedono il nostro voto: il popolo italiano – ha proseguito, riferendosi al clima pre-elettorale – ha le capacità per distinguere chi vende fumo da chi vuole mettere in cammino il Paese”. Già immaginiamo come titoleranno domani testate come “il Giornale” ovvero “Libero” ovvero “La Verità”…

Il Direttore Generale della Fondazione Migrantes, Don Giovanni De Robertis, ha ricordato che si stima che siano 1 miliardo, a livello planetario, le persone che possono essere classificate come “migranti” (nell’economia di quella che Bergoglio ha definito “una terza guerra mondiale… a pezzetti”): “in questo nostro mondo, sono circa un miliardo le persone in movimento – quasi 1 essere umano su sette – se contiamo anche i 700 milioni di migranti interni, oltre i 250 milioni di migranti esteri e gli oltre 68 milioni (mai nella storia una cifra così alta!) di migranti forzati a causa di guerre, persecuzioni, disastri ambientali”. De Robertis ha sostenuto, ricordando un’altra faccia della dinamica migratoria, ovvero i 5 milioni di stranieri che vivono in Italia a fronte dei 5 milioni di italiani che vivono all’estero: “Quando Papa Francesco parla dei migranti e delle loro sofferenze, pensa anche a quelle patite dagli italiani all’estero, come i giovani che in Australia accettano di fare i braccianti agricoli per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno, oppure i suicidi nel Regno Unito, in media 1 al mese, secondo i nostri referenti nel Paese (si segnala che la Fondazione Migrantes ha ben 366 “missioni” all’estero, ndr). Che mi hanno raccontato di conoscere tanti connazionali costretti anche a vivere in baracche”.

Il Direttore della Migrantes ha ricordato alcuni dati del “Rapporto Italiani nel Mondo” prodotto dalla Fondazione – e che fanno riferimento all’Aire, l’anagrafe ufficiale degli italiani residenti all’estero – relativi agli italiani emigrati, aumentati del 15% nel 2016 rispetto all’anno precedente. Questi connazionali “patiscono le stesse condizioni di difficoltà dei nostri immigrati: sfruttamento, lavoro nero, o l’accusa di rubare il lavoro e portare la criminalità”. Si tratta di un’altra faccia della stessa medaglia.

Sono giunti messaggi da parte della Ministra Beatrice Lorenzin ovvero del Presidente del Senato Pietro Grasso, così come del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che ha sostenuto che “iniziative come quelle della Migrantes promuovono azione straordinaria di sostegno e di solidarietà. La crisi migratoria rappresenta un fenomeno epocale che l’Italia sta affrontando con coraggio e determinazione. Il nostro Paese sta dimostrando che i fenomeni migratori possono essere governati con responsabilità, tenendo insieme lo spirito umanitario con la capacità di lottare contro i trafficanti di esseri umani; e dando vita ad un modello di integrazione in grado di coniugare i diritti di chi è accolto con quelli di chi accoglie”.

Su tutto hanno comunque prevalso due citazioni bibliche: “Ero forestiero e mi avete ospitato” (Matteo 25: 35) e “Vi sia un’unica legge per il nativo del paese e per lo straniero che soggiorna in mezzo a voi” (Esodo, 12:49). Sarà interessante (per quanto prevedibile) capire cosa potranno contrapporre Matteo Salvini e Giorgia Meloni

Ed a proposito di supplenza… la conferenza stampa odierna, tenutasi presso la sede di Radio Vaticana, è stata anche l’occasione giusta per la presentazione del nuovo programma televisivo “Italiani anche noi”, dello scrittore ed insegnante Eraldo Affinati (tra i suoi libri, “Campo del sangue”, “La città dei ragazzi”, “L’uomo del futuro. Sulle strade di don Lorenzo Milani”, tutti per i tipi della Mondadori) insieme a Monica Mondo (curatrice), che racconta “l’Italia dell’accoglienza”: un viaggio in 10 tappe alla scoperta delle “Penny Wirton” (dal nome dell’orfanello disegnato da Silvio D’Arzo, una sorta di “Oliver Twist” nostrano), le scuole di italiano per stranieri, gratuite, fondate da Affinati e dalla moglie Luce Lenzi. Il programma andrà in onda su Tv2000, la televisione della Cei, a partire dal 14 gennaio, la domenica alle 19.30. E, in questo scenario, retorica è forse la domanda sul perché programmi di questo tipo siano promossi e realizzati da Tv2000 e non dalla Rai-Radiotelevisione Italiana spa. Un altro caso di “supplenza”, appunto…

Nel mentre, oggi stesso la Santa Sede ha segnalato i primi risultati della riorganizzazione dei propri canali “social”: si tratta di una “community” che supera già 4 milioni di utenti, tra Facebook, Twitter, YouTube ed Instagram. È anche questo un ulteriore esito della riorganizzazione dei media della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, unificati sotto il logo “Vatican News” lanciato nelle settimane scorse.

In particolare, il varo di una “Global Page” su Facebook ha consentito di aggregare oltre 3 milioni di “follower”, i quali hanno la possibilità di consultare le pagine delle 6 lingue attualmente disponibili (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo e portoghese).

Sul versante Twitter, i 6 diversi “account linguistici” @vaticannews hanno acquisito un’immediata riconoscibilità visiva, superando la frammentazione del passato. Nel computo, c’è da aggiungere anche il nuovo “account” @radiovaticanaitalia, a carattere informativo e promozionale dell’attività di Radio Vaticana Italia, e il canale unico multilingua Vatican News su Instagram. Alle tre piattaforme “social”, si aggiunge anche il canale YouTube (in 6 lingue), anch’esso sotto il marchio Vatican News, che offre all’utente video “live” e “on demand” sulle attività del Santo Padre.

I “social media” di Vatican News sono coordinati dalla direzione editoriale e dalla direzione teologico-pastorale della Segreteria per la Comunicazione. Ad un team della Segreteria per la Comunicazione, in sinergia con la Segreteria di Stato, sono affidati gli “account social” del Papa: @Pontifex su Twitter (oltre 44 milioni di “follower”, in 9 lingue) e @Franciscus su Instagram (oltre 5 milioni di “follower”, sul canale unico multilingue). “Il rafforzamento della nostra presenza sui social network – ha spiegato Monsignor Dario Edoardo Viganò, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede (ovvero, in altre parole, “il Ministro della Comunicazione” del Vaticano) – costituisce uno degli effetti del grande processo di riforma dei media vaticani in corso di completamento. Ed è certamente un effetto positivo raggiunto grazie all’intenso impegno dei nostri giornalisti e dei nostri tecnici. Come operatori della comunicazione, secondo la logica della Chiesa in uscita, tutti siamo chiamati a stare in mezzo alla gente. Oggi, questo vuol dire abitare le reti sociali e internet con convinzione e responsabilità. Quindi deve essere molto chiara la nostra prospettiva, che esige di mettere al centro la persona, la relazione, la cultura dell’incontro e, solo in ultima battuta, la tecnologia”.

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