Martedì mattina 20 novembre è stata presentata a Roma, nella sede dell’Enciclopedia Italiana alias Treccani, un’interessante iniziativa di libero “accesso ai dati”, rispetto ai 15mila immobili che sono stati sequestrati in Italia, nel corso degli anni, alla criminalità organizzata: si tratta di un “universo” immobiliare che purtroppo non brilla ancora per trasparenza.
Il progetto di portale “Confiscati Bene 2.0”, promosso da Libera e sostenuto dalla Fondazione Tim, è una iniziativa che non può che essere apprezzata, anche se…
La perplessità di quell’… “anche se” è dettata dalla constatazione che si tratta di due soggetti, uno della società civile (Libera) e l’altro del mondo imprenditoriale (Tim), che si trovano a svolgere un ruolo di impropria supplenza (rispetto ai doveri dello Stato): la domanda che sorge naturale è: perché questo “database”, ovvero un sistema informativo aperto e ben fruibile, non è stato costruito, nel corso degli anni, dall’istituzione preposta, ovvero l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata (da cui l’acronimo Anbsc)?!
La risposta è semplice: perché l’attività di questa delicata e preziosa istituzione pubblica è stata per anni incomprensibilmente sottodimensionata.
L’Agenzia non è infatti stata finora dotata delle risorse professionali, tecniche, economiche adeguate per svolgere a pieno il delicato compito assegnatole. Fino ad oggi, la sua dotazione di personale è stata nell’ordine di 30 unità, e già questo dato è eloquente, a dimostrazione di un’ennesima iniziativa pubblica, importante sulla carta ma vanificata nella realtà.
In effetti, la situazione non sembra purtroppo granché migliorata, a distanza di anni dalla denuncia dell’allora Direttore uscente dell’Agenzia, il Prefetto Giuseppe Caruso (vedi l’inchiesta de “l’Espresso” del 13 marzo 2014, dall’emblematico titolo “La beffa dei beni confiscati alla mafia: “Trenta miliardi impossibili da usare“”)
Si ricorda che l’Agenzia è stata istituita con la legge n. 50 del 2010, la disciplina è poi confluita nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011: si tratta di un ente di diritto pubblico sottoposto a vigilanza del Ministero dell’Interno.
Grazie alla legge n. 109 del 1996, i beni confiscati (immobili ma anche imprese), una volta sottratti alle organizzazioni criminali, vengono riutilizzati a fini sociali mediante l’assegnazione a soggetti – associazioni, cooperative, Comuni, Province e Regioni – in grado di restituirli alla collettività, per valorizzarli e riqualificare il contesto culturale, sociale e urbano del territorio.
“Confiscati Bene 2.0” è un progetto, avviato nel 2016 con il sostegno di Fondazione Tim (con un contributo nell’ordine di 100mila euro) di disseminazione informativa finalizzato a stimolare maggiore trasparenza in relazione all’auspicato riutilizzo sociale dei beni sottratti alla criminalità.
L’obiettivo è perseguito raccogliendo e presentando informazioni “open data” complete, fruibili, aggiornate, tanto sul bene quanto sulla sua destinazione.
Il portale intende quindi monitorare, a regime, i circa 15mila immobili confiscati alle mafie, ponendosi come punto di riferimento importante – ovvero primaria fonte informativa critica – per chi è interessato ad operare in questo contesto.
La piattaforma, basata su tecnologie “open-source”, raccoglie inoltre attualmente il “racconto” di oltre 700 (buone) pratiche di riutilizzo istituzionali e sociali, che possono ispirare proposte di ulteriori nuovi progetti.
Se questo secondo aspetto, ovvero la “narrazione delle buone pratiche” è senza dubbio un’attività nella quale un soggetto qualificato come Libera può sviluppare al meglio la propria attività di sensibilizzazione socio-culturale, il quesito di fondo permane: perché il database non è stato finora messo a disposizione, in modalità fruibile e ben leggibile, dall’Agenzia stessa?!
Il portale promosso da Libera si affianca al progetto “Open Re.g.i.o”, promosso direttamente dall’Agenzia, che appare però uno strumento ancora inadeguato.
Secondo i dati elaborati da Libera, in verità, “ad oggi, in Italia, ci sono oltre 23.000 beni confiscati, di cui 14.000 già destinati agli enti locali e pronti per essere riutilizzati dalla cittadinanza”…
Alla presentazione del portale hanno partecipato, tra gli altri, Franca Imbergamo (Sostituto Procuratore Nazionale della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo), Simona De Luca (Dipartimento per le Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri), Stefano Caponi (Anbsc), Loredana Grimaldi (Direttore Generale di Fondazione Tim), Davide Pati (Associazione Libera), Andrea Borruso (Presidente Associazione OnData), Gianpiero Cioffredi (Presidente Osservatorio sulla Legalità e la Sicurezza della Regione Lazio).
Particolarmente toccante – anzi, in verità, inquietante – l’intervento della giudice Franca Imbergamo della Direzione Nazionale Antimafia, che ha lamentato come si finisca per vanificare l’attività della magistratura e quindi lo spirito stesso della legge, allorquando si procede al sequestro dei beni, ma si scopre poi che, a distanza di anni ed anni, parte significativa degli stessi non viene poi assegnata alla società civile come dovrebbe avvenire. Questi immobili restano infatti in una sorta incredibile… limbo, anche a causa di una non sufficiente trasparenza informativa.
Riteniamo che si tratti di un ennesimo “scandalo italiano”, sul quale l’attenzione dei riflettori mediali non è mai… abbastanza.
Nei mesi scorsi, nell’economia del controverso “Decreto Sicurezza” tanto voluto dal Vice Presidente del Consiglio Matteo Salvini, è stata avviata una norma che prevede anzitutto un rafforzamento strutturale dell’Agenzia (ottima iniziativa), che dovrebbe arrivare ad un organico di 100 dipendenti (con acquisizione di professionalità anche all’esterno della pubblica amministrazione).
Viene anche previsto che, se gli immobili sequestrati e confiscati non vengono assegnati, si possa procedere ad una loro alienazione sul mercato, attraverso procedure d’asta. La giudice Franca Imbergamo ha segnalato l’esigenza di un processo di alienazione che sia basato su dataset accurati e approfonditi, perché è latente il rischio che gli immobili possano essere ri-acquisiti dagli stessi criminali, sotto (mentite) candide spoglie. Peraltro, al di là delle opportune procedure tecniche, la prospettiva dell’alienazione in sé ha provocato critiche (clicca qui, per la presa di posizione) da parte di varie associazioni del “terzo settore”, da Libera all’Arci, da Avviso Pubblico al Centro Studi “Pio La Torre”, da Legambiente alla Cgil e Uil (soggetti co-promotori della riforma del “Codice delle Leggi Antimafia” approvata lo scorso anno)…
Quel che è sicuro è che, anche in questo, il deficit informativo può produrre effetti paradossali, vanificando le migliori intenzioni.
Si tratta di una dinamica nella quale preziosissima si rivela giustappunto la risorsa “informazione”.
Gianpiero Cioffredi, Presidente dell’Osservatorio sulla Legalità e la Sicurezza della Regione Lazio, ha segnalato che è imminente una “conferenza di servizi” (si terrà al Viminale il 29 novembre), in occasione della quale verranno affrontati i dossier relativi a circa 500 beni immobili nel Lazio, di cui ben 140 nel solo Comune di Roma. Per la precisione, si tratta di 490 immobili, tra abitazioni, terreni, ville, box e locali commerciali, per un valore stimato di circa 83 milioni di euro: un patrimonio immobiliare suddiviso nelle 5 Province del Lazio in 48 Comuni, che sarà portato all’esame della conferenza dei servizi per la successiva destinazione al Demanio ed agli entri locali della Regione. Si tratta della prima “conferenza di servizi” per l’acquisizione di “manifestazioni di interesse” che si terrà nel Lazio, e rappresenta l’atto conclusivo di un lungo iter che nel 2018 ha visto proporre per la destinazione oltre 3.000 beni immobili in 12 conferenze di servizi ed il coinvolgimento di 19 province italiane, da Palermo fino a Milano e Venezia ed ora il Lazio con le sue province…
In occasione di un incontro di qualche settimana fa (il 29 ottobre) a Roma, promosso dal Presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti (affiancato da Gianpiero Cioffredi, appunto) per la presentazione di un bando regionale che assegna contributi per la risistemazione degli immobili assegnati (circa 500mila euro nel 2018, a fronte di una previsione di 1 milione di euro per l’anno 2019), “Key4biz” ha posto al Direttore dell’Agenzia, il Prefetto Ennio Mario Sodano, alcuni quesiti, e sono emersi dati preoccupanti: basti osservare che nel corso del 2017, l’Agenzia ha acquisito in carico circa 3.000 immobili, ma soltanto 2.000 di essi sono stati assegnati…
Va anche segnalato che il regolamento vigente consente un margine di notevole discrezionalità nell’assegnazione dei beni, che possono essere affidati agli enti locali (Regioni e quindi Comuni), ma anche direttamente a qualificate realtà attive nel sociale (con particolare attenzione ad associazioni che combattono il disagio, nelle sue varie dimensioni).
La conferenza stampa di Zingaretti è stata tenuta, simbolicamente, all’interno di un villino di tre piani di via Fulda 123, nel periferico quartiere Trullo, dove viveva Maria Dolores Zangoli, una delle narcotrafficanti internazionali più famose del mondo, peraltro collegata alla cosiddetta “Banda della Magliana”. La struttura sarà destinata a progetti in difesa dei diritti delle donne: in questo caso, il passaggio è stato dalla Agenzia alla Regione e dalla Regione ad una associazione attiva nel sociale. Anche rispetto a queste procedure di assegnazione dei beni confiscati alla criminalità ed al riutilizzo sociale degli stessi non si può che auspicare la massima trasparenza: sacrosanti “open data” anzitutto, ma anche processi interpretativi delle informazioni agevoli. In quell’occasione il Prefetto Caruso ha annunciato che l’Agenzia metterà presto online uno “sportello” informativo-telematico che dovrebbe consentire la indispensabile trasparenza.
Segnaliamo che sulla parete della stanza ove si è tenuta la conferenza stampa, i precedenti proprietari avevano scritto, con un pennarello: “tanto non ve la godete!”.
Ricordiamo che Libera è un’associazione di promozione sociale presieduta dal pugnace don Luigi Ciotti (già promotore del Gruppo Abele di Torino e della rivista “Narcomafie”), che l’ha fondata nel 1995, con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alla criminalità organizzata e di favorire la creazione di una comunità alternativa alle mafie stesse. Libera – nota anche come “associazioni, nomi e numeri contro le mafie” – coordina più di 1.600 realtà nazionali e internazionali che si occupano in vario modo del contrasto alla criminalità organizzata. I soci individuali sono oltre 20mila. Presidenti onorari sono Gian Carlo Caselli e Nando Dalla Chiesa. I ricavi dell’associazione sono stati nel 2017 nell’ordine di circa 4 milioni di euro, di cui soltanto un quarto viene dal cosiddetto “5 per mille”.
L’iniziativa “Confiscati Bene 2.0” è senza dubbio commendevole, ma, ancora una volta, si riproduce la strana dinamica (patologica) per cui soggetti della società civile (e, in taluni casi, della Chiesa ovvero delle Chiese, tra Conferenza Episcopale Italiana – Cei e Tavola Valdese: in argomento, si rimanda, da ultimo, a “Key4biz” del 28 settembre 2018, “Rapporto Migrantes, gap sempre più ampio tra realtà e rappresentazione dei media”) finiscono per svolgere una vera attività di preziosa quanto impropria “supplenza”, a fronte delle evidenti inadempienze dello Stato.
Clicca qui, per accedere al portale promosso da Libera e Fondazione Tim, “Confiscati Bene 2.0”, presentato a Roma il 20 novembre 2018, presso la sede dell’Enciclopedia Italiana (Treccani)
Clicca qui, per leggere il documento “I numeri sui beni confiscati”, elaborato da Libera e diffuso in occasione della presentazione del progetto “Confiscati Bene 2.0”, a Roma il 20 novembre 2018, presso la sede dell’Enciclopedia Italiana (Treccani)