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ilprincipenudo. Concessione Stato-Rai: tutte le spine di Viale Mazzini

Angelo Zaccone Teodosi

Il resoconto

Ieri 30 marzo si è tenuta a Roma, alla Casa del Cinema, un’interessante occasione di confronto sui futuri possibili della Rai, promossa anzitutto da Articolo21, un “think-tank” di operatori ed osservatori del sistema mediale accomunati da un approccio critico “da sinistra” (si ricorda che il motto dell’associazione è “il dovere di informare, il diritto di essere informati”). Articolo21, associazione fondata nel 2002, si pone anche come vigile osservatorio delle politiche culturali, oltre che mediali, a livello nazionale ed internazionale, attraverso un sito web accurato ed aggiornato (diretto da Stefano Corradino), che spesso evidenzia notizie che purtroppo sfuggono ai media “mainstream”.

Come è noto, il Consiglio dei Ministri ha finalmente rinnovato la concessione in esclusiva del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale alla Rai, ed ha approvato il 10 marzo scorso uno “schema di convenzione” sul quale la Commissione bicamerale di Vigilanza (presieduta dal grillino Roberto Fico) è chiamata a esprimere un parere. L’incontro di Articolo21 ha inteso rispondere all’esigenza di aprire ad una platea più ampia le audizioni ed il dibattito che, in questi stessi giorni, vede impegnati i membri della Commissione, ma si è posto anche come occasione per avviare un’ulteriore riflessione sulla “mission” della Rai, sul “piano industriale” e sul “piano editoriale”: temi che saranno regolati dal futuro “contratto di servizio”.

Si ricorda che la Commissione di Vigilanza deve esprimere entro un mese dall’approvazione da parte del Cdm, e quindi entro il 10 aprile, un parere necessario, ma non vincolante. Sarà quindi il Governo a licenziare definitivamente il testo entro il 29 aprile 2017 (per un approfondimento dell’iter, vedi “Convenzione Stato-Rai, tanto tuonò che non piovve”, su “Key4biz” del 15 marzo).

L’incontro è stato co-promosso da Eurovisioni (il Festival Internazionale di Cinema e Televisione creato da Giacomo Mazzone), dalla Federazione Nazionale della Stampa (Fnsi), dal Sindacato dei Lavoratori della Conoscenza (Slc Cgil) e da due sindacati di Viale Mazzini ovvero UsigRai (giornalisti) ed AdRai (dirigenti), e, infine, dalla Fondazione di Vittorio. Si è posto come aggiornamento di un convegno promosso nell’ottobre del 2016 proprio nell’ambito di Eurovisioni, ma anche come occasione conclusiva di un percorso di sensibilizzazione culturale e politica promosso da Articolo21 fin dal 2013, che ha previsto varie iniziative convegnistiche ed anche un concorso nelle scuole (per la definizione del concetto di “servizio pubblico” per la Rai, appunto).

Una premessa appare opportuna: l’iniziativa, pur di buon livello teorico-politico, non ha prodotto alcuna ricaduta nella rassegna stampa odierna, e naturale sorge il quesito: la vicenda della radiotelevisione pubblica italiana non interessa forse più a nessuno, oppure tutti i giornali (o quasi) sono rassegnati alla deriva in atto, di progressivo depotenziamento del ruolo di “public service broadcaster” (anzi “public service media”)?!

Un resoconto accurato del convegno può essere comunque opportuno per comprendere lo stato dell’arte.

Il “padrone di casa” ovvero il Direttore della “Casa del Cinema” (struttura che dipende da Roma Capitale) Giorgio Gosetti ha salutato la platea, dichiarandosi “fiero di ospitare un dibattito così importante e attuale, qual è l’approvazione della concessione Rai”.

Renato Parascandolo (già Presidente di Rai Educational e poi di Rai Trade fino al 2011), moderatore della kermesse e “regista” dell’iniziativa, ha introdotto i lavori ricordando lo stato di evoluzione della concessione e dalle varie iniziative promosse da Articolo21.

Per Articolo21, la portavoce Elisa Marincola, interprete del saluto della presidente Barbara Scaramucci (già Direttrice della Testata Giornalistica Regionale e delle Teche Rai), ha ribadito l’importanza di un maggiore pluralismo, ed ha evidenziato come siano ancora da superare all’interno dell’azienda vecchi “schemi sessisti”.

Zaccaria: quale regia occulta? Chi vuole mantenere Rai sulla brace?

È intervenuto poi Roberto Zaccaria, con una relazione introduttiva intitolata “Osservazioni sulle singolari vicende della concessione Rai”. L’ex Presidente della Rai (1998-2002) e poi parlamentare eletto nelle liste della Margherita e quindi Pd (2004-2013), nonché apprezzato studioso di diritto dei media e costituzionalista, ha passato in rassegna le varie vicissitudini, dalla concessione alla convenzione al contratto di servizio, passando per la legge Gasparri.

Con tono ironico, ma anche amaro, ha parlato della legge di riforma Rai del 2015: “Sarebbe stato logico che, in quella legge, si fosse detto che la concessione era rinnovata per altri dieci anni, visto che stava per scadere. Si poteva fare in quella legge, e invece non è stato fatto. La concessione è stata sostituita dal contratto di servizio, ma è un po’ come… la tela di Penelope: si passano interi anni a tentare di capire cosa deve esserci scritto. È stato talmente complicato che oggi abbiamo in vigore il contratto di servizio del 2010, perché quello del 2013 non è mai arrivato in porto: ha fatto prima a cadere il Governo!”.

Zaccaria ha ricordato il rimpallo temporale: “Il legislatore ha finto di non accorgersi che il contratto scadeva nel 2016. Ci sono ben tre atti normativi. In un decreto legge del Codice Appalti, si decise di prorogare il termine al 31 ottobre 2016, ma… non bastava questa data: la tela di Penelope è stata ‘giustificata’ dalla consultazione online, voluta dal Mise. Altro intervento normativo c’è stato con la legge editoria, dove il termine del 31 ottobre fu spostato di 90 giorni. Ho la sensazione che qualche… regista occulto voglia far stare sulla brace la Rai. È poi intervenuto il decreto ‘Milleproroghe’, che – lo dice anche il nome – in un pezzettino ha stabilito che i giorni di proroga sono 180, il termine quindi è fino al 29 aprile 2017…”.

E quindi: legge, convenzione, linee-guida, contratto di servizio: “chi è il regolatore del traffico?”, si è domandato Zaccaria, segnalando che gli atti in questione sono molto elaborati, ma che la loro efficacia non viene controllata da nessuno. “Già la legge Maccanico diceva che era Agcom a dover controllare il contratto di servizio. Dubito che sia facile far sì che la convenzione duri dieci anni, e che il contratto duri cinque. Abbiamo aspettato tutto questo tempo… soltanto per la consultazione fatta dal Ministero! Io non ci trovo molte cose. Perché non è stata data la convenzione, direttamente con legge, invece che con l’atto di governo?! Perché non viene più adottata con decreto del Presidente della Repubblica? Perché c’è una forte concentrazione di potere in capo all’esecutivo? Non è un vantaggio, per chi governa Rai, è in contraddizione con i nostri principi. Perché non sono contenute garanzie in ordine al finanziamento ed all’indipendenza gestionale (vedi il problema del canone)? Il canone è l’indipendenza. Come si fa a governare un’azienda, se si conoscono le risorse dell’esercizio soltanto alla fine dell’anno?!”.

In molti hanno applaudito l’intervento, apprezzando la chiarezza dell’esposizione, l’accuratezza della ricostruzione storica, ed anche le eleganti e pungenti frecciatine (indirizzate a Governo, Parlamento ed Agcom).

Airola: “Vedo in Rai un canale unico con un unico Tg di natura governativa”

Il senatore Alberto Airola, membro della Commissione di Vigilanza dei Cinque Stelle, ha proposto un discorso sì interessante, ma con tono aggressivo e saccente: “Rai manca di indipendenza. Il pluralismo non esiste. Vedo un canale unico con un unico Tg di natura governativa. Noi abbiamo sempre rifiutato la lottizzazione che c’era in passato, ma almeno quella garantiva il pluralismo! Ed abbiamo ora una Rai affollata di conduttori con contratti da consulenti esterni, gestiti da agenti, e sono loro il vero problema”.

Airola si è mostrato assolutamente critico nei confronti dei palinsesti ovvero delle scelte editoriali di Viale Mazzini. “Rai è diventata la brutta copia della televisione commerciale. Che fine hanno fatto i programmi di satira? La satira è scomparsa dalla Rai. Campo Dall’Orto sta veramente cercando di cambiare qualcosa, lo capisco anche dagli attacchi che gli fanno quelli del suo partito, nel Partito Democratico e nella maggioranza, anche Anzaldi e Alfano. Interessi politici e interessi personali stritolano il Direttore Generale. Emerge dalle audizioni sempre una necessità di trasparenza. Riguardo al tetto dei 240mila euro ai compensi degli artisti, per me è ok, perché esso provoca la possibilità per far emergere giovani artisti: in effetti, in un Paese normale sarebbe normale che non ci fosse un simile tetto, ma l’Italia non è un Paese normale, quindi io sono favorevole al tetto perché la Rai non deve più rincorrere la tv commerciale. Noi vediamo sempre gli stessi volti, pertanto il tetto in questo caso si pone come stimolo per la valorizzazione di nuovi talenti. Vogliamo una Rai che fertilizzi il terreno dei produttori indipendenti, e non che sforni appaltatori…”.

 

Terzo settore

 

Parascandolo, introducendo Stefania Leone in rappresentanza del Forum del Terzo Settore presieduto da Roberto Barbieri, ha segnalato come le minoranze ed il terzo settore in generale siano questioni che necessiterebbero di un ulteriore approfondimento, in materia di “servizio pubblico”. Leone (non vedente) è responsabile delle tematiche “ict” per della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (Fish): “Il terzo settore crede nel servizio pubblico Rai, perché è una garanzia che il diritto venga goduto dai cittadini. C’è preoccupazione sui contenuti proposti. Tematiche su ambiente e ecologia, salute e prevenzione, disabilità e anziani, sport sociale e immigrazione… come vengono trattate? In tre modi, nessuno soddisfacente: (1.) spesso c’è pietismo, la trasmissione viene condotta in modo che si provi un senso di angoscia; (2.) sensazionalismo, attraverso il tema del super-eroe; (3.) si spara al falso invalido. La Rai ha la grande responsabilità in materia di educazione e formazione: deve offrire informazione vera, bilanciata e indipendente. L’indipendenza la si trova coinvolgendo il terzo settore”.

Leone ha denunciato: “Noi non abbiamo più in Rai uno strumento di confronto, un interlocutore. Dal contratto di servizio, è prevista una sede permanente del Segretariato Sociale, ma oggi è presente solo su carta, la sede è latitante. Fino al 2011, abbiamo avuto ottimi contatti e tavoli di lavoro… La sede permanente deve restare tale”. In sostanza, il Terzo Settore chiede l’applicazione ed il monitoraggio di quel che viene previsto nel “contratto di servizio”.

Peluffo: Incertezza su risorse e piano industriale

È intervenuto poi il deputato piddino Vinicio Peluffo, relatore di maggioranza nella Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, che ha sostenuto che “la proroga del contratto di servizio ci ha consentito di realizzare la consultazione pubblica: è stata la prima volta che abbiamo introdotto la consultazione nella norma, e questo rappresenta un precedente importante”. Riguardo al meccanismo concessorio: “sulla convenzione, ho un giudizio complessivamente positivo, ma vi sono questioni incerte, a livello di risorse e piano industriale”.

Riferendosi alla discussione in Commissione di Vigilanza, ha segnalato come siano emerse anzitutto due criticità: la “tempistica” del contratto di servizio in funzione della migliore definizione della missione di servizio pubblico, e la “separazione” contabile. “L’Antitrust ha parlato di ‘separazione societaria’, come la Bbc. Suggestiva idea, ma non è tema da convenzione: ciò si trovava già nel contenuto della legge di riforma a suo tempo proposto da Gentiloni, ma non può entrare in convenzione. L’Agcom parla invece di separazione funzionale, con due divisioni distinte, una su canone, l’altra su raccolta pubblicitaria. Il Vice Ministro Morando diceva, riguardo alla contabilità separata, di affrontarla con elementi micro, di ulteriore dettaglio e specificazione…”.

Problema di genere

 

Alessandra Mancuso, giornalista del Tg1 Rai e Presidente della Commissione Pari Opportunità della Fnsi, è intervenuta velocemente per affermare che “Rai ha un enorme problema di genere, non solo la questione sessismo. Ha fatto bene il Dg a chiudere il programma della Perego. I contenuti veicolano stereotipi, riguardano donne e non soltanto. Il problema è la formazione di conduttori ed autori su problemi di linguaggio e contenuti. Non è sufficiente. Il problema di genere si risolve puntando a modificare la missione del servizio pubblico, per costruire una cultura di rispetto delle diversità, di inclusione: è ciò che chiede la Convenzione di Istanbul”.

Rizzo Nervo: “I contratti di servizio assumeranno un valore maggiore”

Un appassionato Nino Rizzo Nervo è poi salito al tavolo di presidenza, affermando di trovare “offensivo che questo povero servizio pubblico venga continuamente bistrattato da chi non ne può fare a meno, e lo utilizza”. Facendo riferimento in dettaglio al “Testo Unico dei Servizi di Media Audiovisivi e Radiofonici” (il cosiddetto “Tusmar”), ha sostenuto che “è inutile pensare di rendere il finanziamento per la Rai pluriennale, senza prima cambiare la legge”. Il Vice Segretario alla Presidenza del Consiglio (e fiduciario del premier Gentiloni in materia televisiva) ha anche puntato il dito contro l’idea di “separazione societaria”, ritenendola un “grimaldello” per la privatizzazione della Rai.

Ad esempio – ha rimarcato Rizzo Nervo – per una rete generalista come Rai 1, il regime di separazione societaria come si gestirebbe? Come si capisce se una fiction è servizio pubblico, oppure no? In Italia, si aprirebbe un dibattito infinito sui criteri che definiscano quali programmi siano di servizio pubblico e quali no”. Rizzo Nervo si è riferito alla Bbc come “modello assoluto di servizio pubblico”, evidenziando però come quest’ultima non abbia mai pensato di sostenere che l’intrattenimento – per esempio – non sia servizio pubblico. Evidente la contrarietà del Governo attuale rispetto alla vecchia proposta del “bollino blu”, che, secondo l’ex Vice Ministro alle Comunicazioni Antonio Catricalà, avrebbe dovuto contraddistinguere i programmi spesati dal canone.

La concessione finalmente “oggi c’è”, e non è più circoscritta soltanto a televisione e radiofonia, ma guarda al “servizio pubblico nei nuovi media”. Rizzo Nervo non l’ha voluta giudicare personalmente, anche se ha precisato di aver seguito con attenzione le audizioni in Vigilanza, e, “da cronista, mi è sembrato di capire che, alla fine, l’atto di concessione varato dal Consiglio dei Ministri, nonostante le critiche, sia stato accolto sostanzialmente da un giudizio positivo”. Ha aggiunto che comunque in futuro “i contratti di servizio assumeranno un valore maggiore”. Ha così concluso: “Mi piacerebbe che ci fosse una maggiore neutralità nelle decisioni che si prendono: i legislatori dovrebbero chiudersi in una stanza, ed elaborare qualcosa che non fosse legata alla contingenza di oggi. Serve una legge libera dai condizionamenti”.

Italia reale e canale in inglese

È intervenuta poi Luciana Castellina, del Comitato di Presidenza di Eurovisioni (altro qualificato e storico “think tank” sui “psb”), rispondendo alle questioni sollevate da Rizzo Nervo. Un breve ma assai puntuale e accorato intervento: “Non mi ha rasserenata il discorso di Rizzo Nervo: anzi, mi ha allarmata, per l’immagine dell’Italia che viene data. La società viene rappresentata in un ‘teatrino’, con i ‘civilizzati’ da un lato (che dovrebbero essere Pd e Berlusconi), e i ‘barbari’ dall’altro (Salvini e il M5s). Il resto, non viene rappresentato. Spaventa che non viene fuori proprio l’Italia reale. Cosa c’è nella storia della concessione? Il punto di caduta va cercato nel ruolo dell’esecutivo, il potere del governo è aumentato: non è un dettaglio da poco, ma una tendenza pericolosa, che viene da lontano. Così, si toglie qualsivoglia possibilità di autonomia al servizio pubblico, che viene piegato al suddetto teatrino. Inoltre, è uno scandalo che non ci sia ancora un canale in lingua inglese, ovvero un servizio pubblico europeo”. Quelle della cofondatrice de “il Manifesto” son state forse le parole più dure e forti che si son ascoltate ieri, in una lettura alta della situazione in essere.

Mentre stava intervenendo Castellina, sono arrivati in sala dapprima il Commissario Agcom Antonio Nicita, e successivamente il Sottosegretario Antonello Giacomelli.

Hate speech

 

È quindi intervenuto Giuseppe Giulietti, Presidente della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi), con toni infervorati ma amareggiati. Ha parlato anche lui dei deficit della “missione” della Rai, del “piano industriale” e del “piano editoriale”, proponendo tra l’altro di inserire tra i temi regolati dal prossimo “contratto di servizio” anche la questione dell’“hate speech” (ovvero del linguaggio d’odio che spesso imperversa sia sulle reti pubbliche che private).

Slc Cgil: “serve un patto tra le parti sociali”

Sono intervenuti anche Vittorio Di Trapani (Segretario Nazionale dell’Usigrai), Fulvio Fammoni (Presidente della Fondazione Di Vittorio), Luigi Meloni (Presidente AdRai), Massimo Cestaro (Segretario Generale Slc Cgil), tutti accomunati da un approccio piuttosto critico rispetto alla bozza di convenzione in gestazione.

In particolare, il Slc Cgil ha posto l’accento sull’“esigenza di investire in infrastrutture, formazione e personale”, e sulla necessità di “una ritrovata attenzione alle sedi regionali, vero presidio del servizio pubblico sul territorio e strumento di garanzia ed esercizio del pluralismo sociale, i centri produzione decentrati, per rispondere alle minoranze linguistiche, il rilancio di tutti e quattro centri di produzione (Roma, Milano, Torino e Napoli), dove va ridimensionato il ricorso ad appalti e consulenze per ridurre i costi e utilizzare correttamente e ad implementare la professionalità dei lavoratori Rai”.

Secondo Slc-Cgil, “questa evoluzione non può realizzarsi se non attraverso un patto sociale, che si deve siglare con il rinnovo del contratto di lavoro, ormai scaduto da 39 mesi. Non soltanto per rispondere alla questione salariale ed alle condizioni di lavoro di tanti precari, ma anche per rispondere ad un’evoluzione di sistema vero, rivedendo i processi produttivi, le figure professionali, i modelli produttivi e ricostruendo le tutele individuali e collettive. Per tali ragioni, non comprendiamo la pregiudiziale posta qualche giorno fa sul rinnovo del Ccl per quadri, impiegati e operai Rai, e con noi non lo capiscono le centinaia di lavoratori che hanno preso parte ad un presidio davanti a Viale Mazzini. Solo attraverso un patto tra tutte le parti sociali, la definizione condivisa del significato di servizio pubblico, la valorizzazione delle competenze, l’autonomia dell’azienda, la Rai può tornare ad essere un’eccellenza”. Esigenze sindacali sacrosante – si osserva – ma… quali le proposte concrete, rispetto alla Rai che sarà?! Come rigenerare concretamente le “sedi regionali”?!

Campo Dall’Orto: “Inclusività e universalità gli elementi dirimenti del servizio pubblico”

Non previsto nella scaletta, ma affacciatosi al convegno, è stato naturalmente invitato a dire la sua il Direttore Generale Rai Antonio Campo Dall’Orto, che con toni moderati ha evocato, come “parole d’ordine” del suo mandato, concetti come “inclusività” ed “universalità”.

Ha sostenuto il Dg: “la formula del servizio pubblico va trovata nell’ottica del lungo periodo, e non può essere legata alla contingenza”, rilevando come questo sia “un momento di forte relazione tra il cambiamento in atto della società e quello del servizio pubblico”, trovando forse un punto di contatto con quel che è avvenuto negli anni Cinquanta.

C’è nella società una trasformazione profonda, che non tutti siamo preparati ad affrontare”, ha detto, segnalando la necessità per la Rai di “essere contemporanea, ma senza perdere di vista il rapporto con la tradizione”, e spiegando che “inclusività e universalità devono essere gli elementi dirimenti e il servizio pubblico deve cercare punti di comunanza in cui le persone si riconoscano. Alcuni programmi hanno raggiunto questo scopo. E anche la fiction Rai si pone questo obiettivo”. A margine del convegno, in relazione al “tetto” ai compensi degli artisti (unica questione sulla quale si intercetta oggi un qualche cenno nei quotidiani), il Dg ha sostenuto: “il parere dell’Avvocatura dello Stato ci rende fiduciosi. Abbiamo letto le notizie, ma ora aspettiamo atti formali, prima di portare la questione in Consiglio di Amministrazione”.

Dopo il Dg, è intervenuto il Commissario Antonio Nicita, il quale, con il suo tradizionale “mood” pacato, ha ricordato che indubbiamente rientra tra le funzioni istituzionali dell’Agcom la vigilanza sulla Rai, funzione che è stata recentemente riaffermata dall’Autorità, e che ci si augura venga finalmente assolta appieno.

Giacomelli: “Rilancio del servizio pubblico non è frazionabile, ma unitario”

Ovviamente molto atteso il Sottosegretario alle Comunicazioni del Mise Antonello Giacomelli: “Ritengo improprio il tetto ai compensi per gli artisti in Rai, perché a mio avviso non era previsto nel testo della legge, ed il parere dell’Avvocatura dello Stato lo sostiene con maggiore autorevolezza di me. Ma sarebbe improprio anche rispetto all’idea della Rai che ci siamo dati, che è quella di un’azienda che deve stare sul mercato. Se avessi condotto io il Festival di Sanremo – ha aggiunto scherzando – Campo Dall’Orto avrebbe sicuramente risparmiato… ma non avrebbe ottenuto gli stessi risultati!”.

Rispetto alla convenzione, “la proposta ha fissato l’esigenza di un nuovo piano editoriale della Rai, sul quale le istituzioni devono dare indicazioni, ma non debbono entrare nel merito, perché c’è un limite oltre il quale la politica non deve andare. L’eventuale rimodulazione di reti e canali deve essere affidata a chi gestisce l’azienda. La riforma dell’informazione, che era necessaria già anni fa, lo è ancora più oggi”.

Per il Sottosegretario, il compito del servizio pubblico è “fornire ai cittadini gli strumenti per essere più consapevoli della realtà. Oggi non so se tutti i cittadini sono in possesso di questi strumenti, ma in questa direzione va – secondo me – la missione del servizio pubblico”. La riforma dell’informazione “è quindi il tema principale della convenzione, che tenga conto dei nuovi fenomeni: l’obiettivo della convenzione è il rilancio del servizio pubblico, che non è frazionabile, ma unitario e complessivo”. La convenzione darà la possibilità alla Rai “di riacquistare una centralità nel sistema che prima non aveva, puntando alla valorizzazione di tutte le risorse interne di Viale Mazzini, straordinario contenitore di competenze”.

Ultimo ad intervenire Vincenzo Vita (già Sottosegretario alle Comunicazioni in esecutivi guidati da Prodi e D’Alema e Amato dal 1996 al 2001), che ha sostenuto la necessità di “definire meglio la missione strategica” della Rai nell’era del digitale, proponendo di considerarla “la grande agenzia di una nuova e capillare alfabetizzazione degli italiani”, uno strumento di conoscenza che consenta di “non soccombere agli oligarchi della rete ed alla dittatura degli algoritmi”.

Ma, per far ciò, si deve “rimettere in discussione la legge 220 del 2015”, norma che l’attuale Presidente della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (Aamod), nonché firma de “il Manifesto”, giudica “grave politicamente e sfasata rispetto al sistema”. Si ricordi anche che Vita, quando era Sottosegretario, avviò, ben prima di Giacomelli e della sua “CambieRai”, un’iniziativa di consultazione pubblica sulla Rai: correva l’anno 2000 (era il 21 giugno), e presso gli uffici del Ministero venne organizzato l’incontro a porte aperte, dal titolo emblematico “Televisione di servizio: prima la quantità”. Viale Mazzini sarebbe altro da quel che è oggi, se le tesi che emersero allora si fossero concretizzate in interventi di riforma normativa.

Un quesito finale: l’iniziativa promossa da Articolo21 ha aggiunto qualcosa di particolarmente significativo rispetto allo stanco dibattito che si sviluppa ormai da anni, e rispetto alle audizioni che si stanno svolgendo in questi giorni Commissione Vigilanza?! Sì e no. Non è stata affrontata una prospettiva di lettura comparativa internazionale, guardando al “benchmark” europeo… Non è stato affrontato il ruolo centrale che potrebbe assumere in Rai il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nel governo della Rai, né la Società Italiana Autori e Editori (che pure è socia di minoranza, con lo 0,44 % delle quote di Viale Mazzini)… E ciò basti.

Sono state riproposte critiche già note, il Sottosegretario ha ripetuto quel che già tante volte ha sostenuto nel corso degli ultimi mesi, ed altresì dicasi per il Direttore Generale: insomma, “nihil novi sub sole”, in quel che – per alcuni aspetti – è parso un clima di simpatica serenità per chi governa e di sostanziale rassegnazione per gli oppositori. Degna di particolare attenzione la voce del “terzo settore”, finora sostanzialmente inascoltata – così come quella delle tante “minoranze” del nostro Paese – nell’economia della troppo decantata (ed inconcludente) consultazione governativa “CambieRai”. E non sono state purtroppo ascoltate le voci di soggetti come l’associazione Rai Bene Comune – Indignerai, o come InfoCivica, ed altre ancora della “società civile”, che avrebbero potuto fornire un utile valore aggiunto.

In effetti, dall’incontro di ieri è emerso come il Governo, pur lentamente, stia procedendo nella sua strategia che, sulla carta, ricerca un rafforzamento strategico della Rai, ma che, nella sostanza, sta confermando una continua dinamica di indebolimento di Viale Mazzini e di sua progressiva dipendenza dall’Esecutivo.

Oggettivamente in questi anni il Governo guidato da Matteo Renzi e quindi da Paolo Gentiloni ha costretto Viale Mazzini ad un’estenuante “via crucis”, ma la “resurrezione” appare proprio incerta, date le condizioni di estrema alea nelle quali sono costretti a restare – con un dissanguamento continuo – il Presidente, il Consiglio di Amministrazione, il Direttore Generale (e quindi l’azienda tutta): le altisonanti belle dichiarazioni di intenti del Governo cozzano infatti con la gravità fattuale della situazione in essere.

La Rai è costretta in un’esasperante situazione di debolezza

Un ruolo determinante per correggere la rotta, anzi la deriva, potrebbe assumerlo il Presidente della Vigilanza Roberto Fico, ma è sintomatico osservare come egli sia ormai evidentemente distratto da altro, se è vero che, ad oggi, 31 marzo, il suo blog, non è nemmeno aggiornato sui lavori della Commissione bicamerale se non fino al… 15 marzo. Ma si legge in un suo post del 28 marzo: “Da lunedì e per i prossimi tre mesi sarò il capogruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera. È per me un grande onore essere portavoce di un gruppo che non si arrende mai, e che da quattro anni sta facendo un lavoro eccezionale in Parlamento”.

D’accordo, si può anche capire che, “ubi maior (la guida del partito), minor (la presidenza della Vigilanza) cessat”, ma va segnalato che questo enfatizzato “lavoro eccezionale” non è stato purtroppo particolarmente apprezzabile in Commissione di Vigilanza. Abbiamo già ricordato, più volte, su queste colonne, il gran schiaffo che Fico ha ricevuto dal Governo e da Viale Mazzini, allorquando tanto fece, per far approvare, nel maggio del 2014, un valido ed innovativo parere della Vigilanza sull’ormai dimenticato “contratto di servizio” tra Stato e Rai. Contratto che non fu poi mai firmato dalle parti, contribuendo così in modo determinante alla deriva in atto (vedi “Key4biz” del 9 gennaio 2015, “Il mistero del ‘contratto di servizio’ che Mise e Rai ‘si rifiutano di firmare’ (Fico dixit)”). Sono trascorsi, da allora, quasi tre anni (!), e Viale Mazzini resta impantanata nelle sabbie mobili: nessuna traccia di quella bozza di contratto di servizio mai firmato si rinviene nello schema di convenzione che la Vigilanza sta analizzando…

[ Ha collaborato Martina Paliani. ]

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