Se martedì della scorsa settimana, la “Sala della Regina” di Montecitorio aveva ospitato le celebrazioni per il ventennale dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (vedi “Key4biz” del 9 febbraio, “I 20 anni dell’Agcom e la sfida di Internet (dai social agli Ott)”, questa mattina – giovedì 15 febbraio – la stessa prestigiosa “location” ha accolto un altro rito celebrativo: i “30 anni di Auditel”, evento dal sottotitolo “Le nuove sfide della Ricerca nella società che cambia”.
Auditel è stata fondata nel 1984 ed ha avviato la rilevazione degli ascolti televisivi il 7 dicembre 1986. La sua controversa storia ha registrato picchi negativi e picchi positivi: quella attuale sembra essere una fase assolutamente positiva (almeno ascoltando quel che è stato detto oggi alla Camera dei Deputati).
La celebrazione è stata sobria, essenziale, efficace. Iniziata con soltanto un quarto d’ora di ritardo, s’è conclusa in poco più di un’oretta, con una conduzione veloce curata dal collega Maurizio Porro (editorialista del “Corriere della Sera”).
Come prevedibile, nessuna voce “fuori dal coro”: tutti contenti, taluni finanche entusiasti, di come l’Italia misura le audience televisive (questo è – ancora oggi – il “core business” di Auditel).
All’evento hanno preso parte Stefano Dambruoso, Questore della Camera dei Deputati (magistrato, parlamentare a suo tempo eletto nelle liste montiane di Scelta Civica); Angelo Marcello Cardani, Presidente Agcom; Giovanni Pitruzzella, Presidente Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato; Giovanni Buttarelli, Garante Privacy dell’Unione Europea; Francesco Verducci, Vice Presidente Commissione Vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi; Giorgio Alleva, Presidente Istat. Tutti lieti e compiaciuti. Unico critico, lievemente critico, il senatore piddino Francesco Verducci, che ha avuto il coraggio di evocare – udite udite… – il concetto di “conflitto d’interesse”.
Assenti gli annunciati Antonello Giacomelli, Sottosegretario alle Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico, e Renato Loiero, Presidente della Commissione per la Garanzia dell’Informazione Statistica.
Andrea Imperiali di Francavilla (Presidente Auditel dal febbraio 2016, succeduto a Giulio Malgara, che l’aveva guidata, dalla fondazione, per decenni), ha letto un testo, intitolato “Relazione Annuale 2018”, molto ben scritto, equilibrato, colto: una lettura indispensabile per chi vuole comprendere l’autorappresentazione che Auditel propone di sé stessa.
Si ricordi che il passaggio di consegne tra il Past President Giulio Malgara ed il neo Presidente Andrea Imperiali (sostenuto soprattutto dall’Upa – Utenti Pubblicitari Associati e dal suo Presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi, ma eletto all’unanimità) è avvenuto in una delle fasi di crisi acuta di Auditel, allorquando si registrò lo scandalo della diffusione di migliaia di indirizzi e-mail delle famiglie del “campione” (un caso che ha comportato uno stop senza precedenti di due settimane nella diffusione dei dati).
Va ricordato che nell’autunno del 2017 Auditel ha messo a regime il “SuperPanel”, che ha incrementato le dimensioni del “campione” ed affinato le metodiche, consentendo dati più stabili, una minore varianza, una migliore misurazione di target piccoli: i dati sono quindi divenuti più affidabili anche sui numeri più risicati e per i canali minori (la presenza di minuti a vuoto, ma anche certi picchi isolati, è diminuita; già il giorno dopo l’inizio delle rilevazioni con il nuovo campione, la presenza di spot “a zero ascolti” era calata del 30 %…). Il “SuperPanel” non ha eguali a livello mondiale: conta sulla collaborazione di ben 16.100 famiglie, per un totale di 41.000 individui.
Si ricordi che Auditel, nel corso dei decenni, è stata oggetto di critiche varie: ancora pochi anni fa (novembre 2011), Sky Italia tuonava che si trattava di un sistema “inadeguato rispetto alle reali esigenze del mercato… è una società privata, che effettua un servizio in regime di monopolio”. Le rilevazioni Auditel “determinano il successo o l’insuccesso” delle produzioni televisive. Infatti, sui “dati prodotti quotidianamente da Auditel, si basa la valutazione della performance dell’intero mercato televisivo, una valutazione che impatta direttamente sui ricavi del settore, un settore cruciale per la crescita economica del Paese ma anche per tutto il ‘Sistema Italia’ in considerazione del ruolo fondamentale di traino che svolge la pubblicità per le imprese che hanno un prodotto da far conoscere ai consumatori italiani”. Questo contesto – reclamava Sky – richiedeva che l’attività di rilevazione svolta da Auditel fosse non solo “efficiente e in linea con i migliori benchmark internazionali”, ma che si basasse anche su “criteri di massima trasparenza e non discriminazione”. Sky criticava l’anzianità di un sistema che poggiava ancora sullo stesso “modello creato quando la società nacque oltre 27 anni fa”. Un’impostazione “evidentemente antiquata”, a seguito della nascita e dell’affermazione “della televisione digitale, multicanale, tematica, criptata e free” e del “moltiplicarsi di nuovi sistemi distributivi e di fruizione televisiva (dalla televisione in mobilità, ai servizi via cavo, fibra, alle offerte Ott-Over the top)”. E chiudeva la propria presa di posizione con un appello affinché “tutti gli operatori televisivi, assieme ai rappresentanti degli inserzionisti pubblicitari e degli acquirenti di spazi media si incontrino per confrontarsi costruttivamente su come adeguare il sistema di rilevazione degli ascolti televisivi alle esigenze reali del mercato, in un’ottica di trasparenza, efficienza e non discriminazione”. Nel maggio 2014, Sky Italia annunciava alcuni dati emergenti dal test di un proprio sistema alternativo di rilevazione, “Smart Panel”, formato da 10.000 “set-top-box”. Dichiarava allora Andrea Mezzasalma, Head of Audience Research and Insights di Sky Italia, che il sistema Sky alternativo ad Auditel consentiva una più accurata misurazione anche della pubblicità: secondo Sky, dai dati Auditel risultava allora che su 100 spot sui canali Sky e Fox, 39 non sarebbero stati visti da nessuno; con Smart Panel, gli “spot zero” scendevano ad 8. Sky ha comunque continuato a far parte del “Comitato Tecnico dell’Auditel”… Nell’ottobre del 2015 (quando ci furono le due settimane di “buco nero” per lo scandalo del disvelato campione Auditel), Sky pubblicizzò “urbi et orbi” i dati del proprio Smart Panel. Si tratta di una storia lontana nel tempo: si ricordi che nel 2006, Sky dichiarava che non sarebbe entrata nella proprietà della società di rilevazione degli ascolti finché i dati di ascolto non fossero stati chiari e trasparenti. Ed ancora oggi Sky non è socia di Auditel.
Tutte queste critiche sono state archiviate?!
E sono stati completamente dimenticati i critici più radicali di Auditel, in primis Roberta Gisotti (capo redattrice di Radio Vaticana), appassionata autrice del pamphlet “La favola dell’Auditel” (Editori Riuniti, 2002), e de “La favola dell’Auditel, Parte seconda: fuga dalla prigione di vetro” (Nutrimenti, 2005) ?! Acqua passata ?!
Nel 2005, Sergio Bellucci (allora Responsabile Dipartimento Comunicazione e Innovazione Tecnologica di Rifondazione Comunista), sosteneva “la necessità di abolizione di Auditel. Occorre rompere il controllo monopolistico dell’ascolto e rendere incompatibile per il controllato (le reti televisive Rai e Mediaset) la partecipazione a società di rilevazione degli ascolti. Allo stesso modo dovrebbe essere impedito alle società di advertising, o alle loro associazioni, di partecipare alle decisioni sulle rilevazioni dell’ascolto. L’arbitro dovrebbe essere neutrale… andrebbe reintrodotta una analisi di qualità dei contenuti come era l’indice di gradimento”.
Su questi argomenti, si rimanda all’intervento di Roberta Gisotti su “Key4biz” del 15 ottobre 2015: “Auditel in panne, Casa di vetro chiusa per ferie”. La collega scriveva: “Auditel è un sistema inaffidabile, distorsivo e fuorviante, giudice insindacabile dell’intera programmazione televisiva e soprattutto arbitro parziale degli enormi interessi economici che vi ruotano intorno”. In occasione delle due settimane di “black out” (per lo scandalo del campione Auditel disvelato), Gisotti prevedeva “La dittatura dell’Auditel – imposta da un patto politico-economico tra Rai / Mediaset per spartire la torta degli investimenti pubblicitari e da una visione esclusivamente mercantile degli interessi televisivi – sta per crollare, ed è tempo di dotare il Paese di un sistema aggiornato e composito di rilevamenti quantitativi e qualitativi degli ascolti tv su ogni piattaforma”. Concludeva: “La Casa di Vetro va abbattuta, non va restaurata. Oggi abbiamo istituti di ricerca pubblici e privati e tecnologie avanzate in grado di fornire servizi di rilevamento televisivo adeguati ai tempi. Siano l’Autorità Garante per le Comunicazioni e il Servizio Pubblico Rai ad attivarsi in tal senso”.
Al di là degli auspici di Bellucci o Gisotti (ed altri critici radicali), in verità la “dittatura” Auditel sembra… democraticamente rinnovata, e finanche ormai con la benedizione istituzional-politica delle “autorità” preposte (Agcom e Agcm in primis).
Fine dei giochi, per i dissidenti ed i contestatori, insomma per i “nemici” di Auditel ?!
La corposa relazione del Presidente Andrea Imperiali ha proposto l’immagine di un “presidio autorevole e imparziale”, sottoposto “a controllo incrociato” (al di là del controllo Agcom, il riferimento è al modello di “governance” cosiddetto “Jic” cioè “Joint Industry Commitee”), in grado di ben monitorare 440 emittenti rilevate sul digitale terrestre e 290 tra soggetti “free” e “pay” per quanto riguarda i canali distribuiti sul satellite. Esplicita la sua critica ai “social network”, che raccolgono “big data” in quantità colossale, “fuori da ogni controllo e/o certificazione di terze parti”, con un sistema “totalmente deregolamentato che non appare più sostenibile”, ed algoritmi misteriosi. Rimandiamo i lettori più appassionati alla lettura dell’elegante testo di Imperiali.
Il Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), Angelo Marcello Cardani, ha sostenuto più volte, nel proprio breve intervento, che Auditel è ormai uno strumento di “grande sofisticazione” tecnica, ed ha dichiarato (pur riconoscendo che si tratta di un “settore che non conosco molto…”) che può essere ritenuto uno “strumento unico al mondo”, e finanche “un orgoglio del nostro sventurato Paese”.
Giovanni Buttarelli, Garante Privacy dell’Unione Europea (collegato via Skype da Bruxelles), ha apprezzato la disponibilità di Auditel ad affrontare tutte le criticità latenti determinate dal nuovo “regolamento” dei dati personali che entrerà in vigore il 25 maggio 2018: “mi sono positivamente sorpreso che Auditel abbia contattato le due autorità competenti” (europea ed italiana) per affrontare per tempo la nuova prospettiva. Auditel diventerà una delle prime realtà dell’Unione Europea capaci di sviluppare un trattamento dei dati compatibile con gli impegni del regolamento europeo.
Giovanni Pitruzzella, Presidente Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm), si è concentrato sull’importanza dell’industria dei contenuti, ed in particolare sulla “produzione audiovisiva, che ha un ruolo fondamentale nell’economia mediale”. Ha ricordato come Agcm avesse sanzionato Auditel nel 2011 (multa da 1,8 milioni di euro) perché allora il meccanismo non era abbastanza trasparente, ed ha dichiarato che le criticità sono ormai superate, se è vero che “Auditel è un’avanguardia a livello mondiale”. Ha sostenuto Pitruzzella: “Auditel è un meccanismo di certificazione basato sulla trasparenza ed è una rivoluzione di estrema importanza che noi abbiamo seguito e incoraggiato. Auditel grazie a una interazione virtuosa con le Autorità della Comunicazione, della Concorrenza e della Privacy, è riuscita a portare un risultato utile per la crescita del Paese”. Piuttosto ha contrapposto quel che avviene nel mercato del web, citando il saggio di Frank Pasquale, “The Black Box Society. The Secret Algorithms That Control Money and Information”, Harvard University Press, 2015 (da lamentare che il libro non abbia ancora trovato un’edizione italiana). Pitruzzella ha sostenuto che Auditel sarebbe una “casa trasparente” (la famosa metafora della “casa di vetro”), mentre altrove ci sono le imperscrutabili “scatole nere degli algoritmi” ovvero meccanismi opaci ed oscuri. Insomma: “trasparenza” (Auditel) versus “opacità” (“Ott”). Non si può pretendere che i “social” rivelino i loro algoritmi, ma si deve vigilare contro “l’uso e l’abuso” di tecniche di marketing “straripanti”. Ha sottolineato l’importanza che le diverse autorità (Antitrust, Agcom, Garante Privacy) lavorino “in sintonia”, e ha ricordato l’indagine conoscitiva congiunta avviata sui “big data”, un’analisi “molto importante”: oggi “ci sono tutte analisi teoriche”, ma dobbiamo conoscere “in concreto” per salvaguardare “il futuro dell’industria della produzione dei contenuti ma anche per salvaguardare la nostra identità culturale”.
Ha segnalato – riferendosi scherzosamente a Nicola Porro – che “i media” hanno la loro bella responsabilità, nel dover sensibilizzare il pubblico rispetto agli aspetti oscuri dei “social network”.
Discretamente deludente l’intervento di Giorgio Alleva, Presidente dell’Istituto Nazionale di Statistica (Istat sta lavorando ad un progetto di ricerca convergente con Auditel), forse anche perché non gli è stato purtroppo consentito di presentare le “slide” che aveva preparato per l’occasione. Si è concentrato sull’evoluzione dei “consumi culturali” delle famiglie italiane, proponendo una serie di dati interessanti, ma certo non granché innovativi: se “i genitori” prediligono le attività culturali domestiche (in primis, la tv), “i figli” mostrano maggiore propensione verso le attività culturali “fuori casa” (cinema, musica, ed altre forme di spettacolo)… Ha sostenuto che, secondo le indagini Istat, “la cura della prole frena la partecipazione culturale dei genitori”, e che “il sistema culturale italiano non riesce a stimolare una familiarità permanente dei consumi”…
Franco Verducci, Vice Presidente della Commissione Vigilanza Rai (e candidato alle prossime elezioni sempre nelle liste del Partito Democratico), ha auspicato che Auditel divenga sempre più “strumento che aiuti l’eticità del sistema dei media in Italia”, superando ogni rischio di “conflitto d’interessi”, contribuendo all’estensione di “pluralismo” e “concorrenza”: “pluralismo sociale, culturale, politico…”, in una prospettiva di “ecosistema”. Si deve promuovere un “sistema aperto”, che stimoli innovazione, ricerca, sperimentazione. Ci si deve sforzare di “dare voce a chi non l’ha”. Verducci si è augurato che si vada a superare la logica di un “circuito chiuso che riproduce contenuti conservativi”.
Secondo alcuni osservatori, l’iniziativa odierna ed il “piano industriale” di Auditel evocato si porrebbe come operazione comunicazionale-relazionale per accreditare oltre l’idea di una possibile quotazione in borsa di Auditel, anche se francamente non ne comprendiamo la necessità, trattandosi di una piccola società a responsabilità limitata che fattura poco più di 20 milioni di euro (con una forza-lavoro di circa 10 dipendenti soltanto).
Qualcuno prospetta infatti che il fatturato possa raddoppiare nell’arco di un anno o due, con l’introduzione della nuova strumentazione per la “total audience” – al “Super Panel” di Nielsen si affiancherà il “Second Screen” di comScore (società scelte da Auditel con una gara internazionale) – ovvero per “la misurazione della televisione… oltre la televisione”.
Il nuovo modello Auditel per i dispositivi digitali, oltre a rilevare in maniera censuaria il traffico sulla rete domestica dei contenuti televisivi visualizzati sui vari “smart tv” e sugli altri dispositivi connessi ad internet, si avvale di appositi applicativi capaci di misurare l’attività sui dispositivi mobili, come “smartphone”, pc e “tablet”.
In Italia, si stima siano attualmente in funzione 32 milioni di “apparecchi televisivi” e oltre 130 milioni di “dispositivi”.
L’obiettivo è raggiungere standard evoluti di “viewability”, finalizzati a una somma intelligente dei contenuti fruiti attraverso le diverse “piattaforme” e “device” in una logica di “total audience” della televisione.
I risultati di queste nuove metodologie saranno resi pubblici prima dell’estate di quest’anno, ed Auditel confida che il servizio offerto possa stimolare l’interesse di operatori altri rispetto ai “broadcaster”, divenendo uno strumento di misurazione della complessiva “dieta mediatica” degli italiani.
Nella prospettiva quindi di una sorta di “Auditel 2.0” ovvero di una “Audimedia”, l’iniziativa di questa mattina ha fornito un’immagine ben curata, anche se forse un kit documentativo maggiore sarebbe stato apprezzato: è stata infatti distribuita soltanto la relazione che Imperiali ha letto (stampata su carta a grammatura… cartoncino), nessun documento autodescrittivo della struttura societaria, della sua organizzazione, del suo funzionamento, delle tecnicalità e del bilancio economico… E peraltro, incredibilmente, Auditel non ha ancora nemmeno un proprio addetto stampa, ed anche il sito web della società appare discretamente arcaico.
Conclusivamente, una mattinata interessante, prevedibilmente rituale ma comunque stimolante.
Ci avrebbe fatto piacere, anche in questo caso, ascoltare la voce degli utenti (non gli inserzionisti soltanto), cioè di coloro che la televisione la vedono, e, più in generale, degli utenti dei media, ma nessuno loro rappresentante (dal Consiglio Nazionale degli Utenti – Cnu, organo “ausiliario” dell’Agcom, ad associazioni di telespettatori come la cattolica Aiart) è stato evidentemente coinvolto…
Ci avrebbe fatto piacere, anche in questo caso, ragionare sulla qualità dell’offerta televisiva e mediale, e non soltanto sul dominante paradigma quantitativo (pur nella piena coscienza che il dataset Auditel consente senza dubbio anche elaborazioni di tipo qualitativo), ma evidentemente questa esigenza non è stata sentita da Auditel…
Ci avrebbe fatto piacere ascoltare il parere di coloro che i dati Auditel li elaborano effettivamente, e li utilizzano, non soltanto per gli utenti pubblicitari e le emittenti televisive ed i centri media, ma anche per la ricerca sociologica: erano presenti in sala esperti del calibro di Francesco Siliato (Studio Frasi), Nando Pagnoncelli (Ipsos), ed il decano della mediologia italiana, Mario Morcellini (da qualche mese Consigliere Agcom)…sarebbe stato interessante coinvolgere anche loro nel dibattito.
Ci avrebbe fatto piacere, anche in questo caso, ascoltare coloro che sempre più vengono posti sul “banco degli imputati”, ovvero sentire cosa ne pensano gli “over the top” e “social network” (Google e Facebook in primis), di Auditel e del suo tentativo di accreditarsi come soggetto misuratore (e certificatore) anche delle loro “audience”: crediamo che il confronto sia sempre utile per lo sviluppo di una sana dialettica…
Ci auguriamo che la stessa Auditel si faccia presto promotrice di un seminario di autoriflessione (e forse finanche autocritica, rispetto ai propri limiti, al di là delle prospettive grandiose annunciate) sulla propria funzione di termometro e sismografo della “società” italiana, oltre che del suo “mercato” mediale. In assenza, una simile iniziativa potrebbe essere promossa da Agcom. Attendiamo fiduciosi.
Clicca qui, per leggere la “Relazione Annuale 2018” di Andrea Imperiali, presentata in occasione dell’incontro “30 anni di Auditel. Le nuove sfide della Ricerca nella società italiana che cambia”, Camera dei Deputati, 15 febbraio 2018.
Clicca qui, per vedere, su Radio Radicale, la videoregistrazione dell’incontro “30 anni di Auditel. Le nuove sfide della Ricerca nella società italiana che cambia”, Camera dei Deputati, 15 febbraio 2018.