Crediamo che la metafora utilizzata questa mattina a Roma nel Centro Congressi Eventi di Piazza di Spagna, dal Direttore Generale dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid) Antonio Samaritani, in occasione della presentazione della quarta edizione dell’Osservatorio del Politecnico di Milano sull’“agenda digitale” nazionale, possa ben sintetizzare la situazione del nostro Paese, rispetto ad una qual certa autoreferenzialità delle istituzioni: a fronte di uno scenario semplicemente disastroso, disegnato dal Politecnico, Samaritani (citando un suo non meglio identificato maestro) ha sostenuto che qualsiasi processo in transizione è come “cambiare i calzini durante una corsa”, e quindi si deve avere il massimo rispetto per lo sforzo in atto.
Il problema di fondo è che ci sembra che la “corsa” ci sia forse nelle intenzioni, ma “il corridore” appare sfiancato e senza fiato. Come abbiamo già scritto tante volte su queste colonne, ancora una volta la direzione sembra quella giusta, ma il percorso appare erratico e la strumentazione inadeguata.
La presentazione del quarto rapporto dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano ha riproposto in modo impietoso il ritardo del nostro Paese, anzitutto per quanto riguarda gli aspetti strutturali: siamo pressoché all’ultimo posto nelle graduatorie europee in materia di copertura della connessione digitale e di utilizzazione della rete. Gli sforzi messi in atto dal Governo guidato da Matteo Renzi appaiono tardivi quanto inadeguati.
Samaritani ha rivendicato che finalmente esiste una “strategia” di governo del sistema, ma il conseguente “piano triennale” è purtroppo ancora in fieri: il Dg dell’Agid ha sostenuto che intende “condividere” il documento, in fase di elaborazione, con il Commissario Straordinario per l’Attuazione dell’Agenda Digitale, Diego Piacentini (formalmente nominato il 16 settembre scorso), e che successivamente verrà promossa una consultazione pubblica (e, dopo, “#CambieRai”, si nutrono profonde perplessità). Insomma, tempi incerti, ma… sicuramente lenti.
Il Politecnico ha confermato la “miopia strategica” del nostro Paese, ed ha previsto a chiare lettere “l’impossibilità” di raggiungere gli obiettivi previsti da “Horizon 2020”, se è vero – un dato per tutti – che soltanto il 3 % (tre per cento) delle abitazioni italiane usa attualmente banda larga ad almeno 30 mbps, mentre secondo la Commissione Europea tutti gli Stati Membri dovrebbero arrivare al 100% (cento per cento) della popolazione entro il 2020. Il ritardo è disastroso (anche a livello di imprese: soltanto un 12 % delle imprese viaggia a 30 mbps), e non è di grande conforto osservare che negli ultimi due anni il tasso di sviluppo italiano abbia registrato una crescita significativa.
Il convegno ha poi proposto una “vetrina” ai rappresentanti delle imprese che co-finanziano l’Osservatorio (con curiosi interventi lampo di 2+2 minuti di durata), ed abbiamo avuto il piacere di scoprire che esiste in Rai un Direttore del Progetto “Digital Inclusion”, alle dipendenze della Direzione Generale, nella persona di Caterina Stagno (figlia del mitico Tito, e già responsabile dei progetti Rai per Expo 2015).
Stagno ha enfatizzato il carattere innovativo del progetto “Complimenti per la connessione”, una fiction di 20 episodi da 6 minuti ognuno, che ha voluto dare consapevolezza al pubblico che non utilizza internet (soprattutto gli “over 50”) delle potenzialità della rete.
La fiction, ambientata nell’universo di “Don Matteo” (di cui si pone, di fatto, come “spin-off”: la serie è interamente ambientata all’interno della caserma di Don Matteo, idealmente ubicata nel Comune di Spoleto), è interpretata da Nino Frassica, Simone Montedoro e Francesco Scali. Ogni episodio della mini-serie propone una parola o un concetto-chiave affrontati con un linguaggio semplice, sempre afferenti al web. La realizzazione ha visto coinvolti: Lux Vide per il “concept” e la produzione, Rai Fiction per lo sviluppo e supervisione ed il Team Rai Digital Inclusion della Direzione Generale, il nuovo gruppo di lavoro di viale Mazzini sull’inclusione digitale.
Il costo dell’operazione è stato di 844mila euro per la produzione, a cui vanno aggiunti i costi interni per il lancio del progetto, ed il valore dei 139 passaggi e dei 3 promo del programma andati in onda 1.112 volte. Iniziativa senza dubbio commendevole, ma riteniamo ancora molto lontana rispetto a quello che Rai potrebbe/dovrebbe fare per contribuire in modo realmente significativo, e radicale e pervasivo, alla promozione della cultura digitale nel nostro Paese.
Siamo ancora veramente anni-luce dal tante volte evocato “Non è mai troppo tardi” dell’indimenticato Maestro Manzi (vedi anche “Key4biz” del 19 dicembre 2014, “Rai e digital divide: il progetto ‘Manzi 2.0’ sembra poca cosa e forse nella direzione sbagliata”, articolo che provocò un ricco dibattito)…
In contemporanea alla presentazione dell’Osservatorio, nella splendida sede dell’associazione Civita a piazza Venezia, si teneva un incontro dedicato al “patrimonio culturale e mondo digital: diritti d’autore tra valorizzazione e conoscenza”. Si ricorda che Civita, nata per recuperare l’antico borgo di Civita di Bagnoregio, nel corso degli anni ha allargato il proprio campo d’azione per valorizzare il patrimonio culturale e ambientale del nostro Paese. Da sempre, l’Associazione è impegnata nella ricerca di un dialogo innovativo fra il mondo della cultura e quello dell’economia nel quale le aziende rivestono un ruolo decisivo, non più solo come sponsor o mecenati, ma anche come soggetti attivi nella promozione di iniziative culturali. Gianni Letta è Presidente di Civita dal luglio 2013, succeduto al compianto ex Sottosegretario Antonio Maccanico.
Si è trattato di una occasione interessante di analisi del rapporto tra beni culturali, attività culturali nello scenario digitale.
Dotte ma non innovative le elucubrazioni proposte da Alberto Maria Gambino (Prorettore dell’Università Europea di Roma, l’ateneo dei Legionari di Cristo), Ferdinando Tozzi (giurista esperto di diritto d’autore) e Francesco Albisinni (Vice Capo Ufficio Legislativo del Ministero dei Beni e le Attività Culturali – Mibact). Curiosamente del tutto assente la Siae. Equilibrata la relazione del Direttore Generale delle Biblioteche ed Istituti Culturali del Mibact, Rossana Rummo. Il professor Gambino, nella sua lunga relazione, ha fatto più volte riferimento al ruolo che deve svolgere giustappunto l’Agid, seppur sotto la supervisione, a parer suo, in materia di beni culturali, del Mibact.
Degne di nota le relazioni di Francesca Medolago Albani, Direttrice della Pianificazione Strategica dell’Anica, e di Enrico Bellini, Senior Analyst delle Public Policies di Google Italia.
La prima ha rimarcato come si presti ancora insufficiente attenzione alla fase forse più delicata del processo produttivo delle opere audiovisive, qual è la complessa “gestazione per cercare di coprire l’investimento”. La questione dei diritti dovrebbe essere affrontata quindi in una prospettiva completa, “ab origine”, e non soltanto considerando la fase della distribuzione.
Il rappresentante di Google ha invece proposto come quello digitale sia “il migliore dei mondi possibili”, citando per l’ennesima volta l’industria musicale come paradigma di come il web possa far incrementare i ricavi del settore, e, in generale, rafforzare le industrie culturali.
Ha enfatizzato il ruolo del Google Cultural Institute (che ha sede a Parigi, ed è attualmente diretto dall’italiana Giorgia Abeltino), la struttura che ha – tra l’altro – sviluppato la fruizione digitale di circa mille musei nel mondo. Dimenticando però che i ricavi da digitale, per quanto crescenti, non stanno arrivando a compensare le terribili perdite di fatturato che il business della musica ha subito nel corso degli anni proprio “grazie” al web…
Ed in effetti, il Vice Presidente di Civita, Antonio Maccanico (che è anche Direttore Generale di Warner Bros Italia, e, secondo alcuni, destinato a guidare la “start-up” nel settore “theatrical” recentemente voluta da Sky Italia), introducendo i lavori, aveva ben rimarcato come la rivoluzione digitale stia sì producendo complessivamente effetti benefici per lo sviluppo della società (accesso all’informazione, sviluppo di impresa…), ma, alla fin fine, non sta determinando un incremento della forza-lavoro, e si pone piuttosto il rischio di un grave depauperamento delle risorse allocate per la produzione di contenuti creativi originali.
Le due occasioni di dibattito hanno confermato la lentezza e la debolezza, e finanche un qual certo conformismo, con cui le istituzioni italiane stanno affrontando la rivoluzione digitale. Per superare i ritardi enormi in cui versa il Paese sono necessarie ben altre energie, ritmi, approcci. La situazione è grave, e non ha senso limitarsi a seguire la corrente. Si debbono proporre strategie eterodosse e provocare processi di rottura.
Clicca qui, per leggere il comunicato stampa dell’Osservatorio Agenda Digitale del Politecnico di Milano, edizione 2016