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ilprincipenudo. Agcom presenta il Libro bianco Media e Minori 2.0 (Tv iperprotettiva, Web senza regole)

Angelo Zaccone Teodosi

Questa mattina, in una affollata “Sala della Regina” della Camera dei Deputati, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha presentato la seconda edizione del proprio “libro bianco” dedicato al rapporto tra media e minori, dopo il primo studio del 2014.

L’iniziativa è senza dubbio commendevole, perché contribuisce comunque ad arricchire la letteratura scientifica in materia, ma naturale sorge spontaneo il quesito dell’osservatore critico: queste operazioni producono effettivamente stimoli a modificare l’esistente, o sono ricerche che lasciano il tempo che trovano?! Se il quesito fosse stato posto da noi soltanto, qualcuno potrebbe attribuirci una sindrome alla Marchese del Grillo, ma ci piace osservare che la questione, essenziale, è stata posta da uno dei componenti dell’Agcom stessa, ovvero il professor Mario Morcellini, decano della mediologia italiana.

Anzitutto, una questione apparentemente marginale: lo studio, che consta di 187 pagine, non è stato stampato su carta. Riteniamo la decisione grave, perché una istituzione come l’Autorità non può abdicare al ruolo di soggetto che promuove la cultura anche sul “vecchio” supporto cartaceo, e non c’è retorica della “spending review” che regga.

Perché l’Autorità assume una simile decisione?!

La questione riguarda anche un’altra istituzione storica, l’Istituto Nazionale di Statistica, che il 28 dicembre 2017 ha presentato l’edizione del suo tradizionale “Annuario Statistico”, per la prima volta soltanto in versione digitale: la Capo Ufficio Stampa dell’Istat Paola Cacioli ci ha dapprima spiegato che non sarebbe più stata pubblicata una versione su carta, e – a fronte della nostra incredulità – ci ha poi precisato che le copie su cartaceo non erano giunte in tempo per la presentazione dello studio, e che verosimilmente una certa quantità sarà presto resa disponibile, per biblioteche e ricercatori… Agli entusiasti della lettura “digitale”, consigliamo la lettura del bel libro di Giampiero Mughini, che, già dal titolo, si pone come manifesto culturale controcorrente: “La stanza dei libri. Come vivere felici senza Facebook Instagram e follower” (Bompiani, 2016).

Un’altra questione, anch’essa apparentemente minore: lo stile della presentazione della ricerca, a cura dell’avvocato Giulio Votano, dirigente Agcom (ove lavora dall’anno 2000), dal maggio 2017 Vice Direttore della Direzione Contenuti Audiovisivi, nonché Dirigente responsabile dell’Ufficio Pluralismo interno e Servizio Pubblico radiofonico, televisivo, multimediale, e tutele.

Presentazione accurata, ma certamente non stimolante in termini infografici (peraltro anche nel rapporto completo della ricerca, non c’è nemmeno 1 grafico uno…): non si pretende che una presentazione sia corredata da fuochi d’artificio ed effetti speciali alla Pixar, ma si pretende almeno… la leggibilità delle tabelle nelle slide. Il che non è stato.

La serietà dell’impostazione è incontestabile, ma crediamo che si tratti di una presentazione che può vantare il record della noia nella storia italiana della convegnistica sui media (almeno secondo la nostra trentennale esperienza). E la questione, sintomatica, riguarda – più in generale – la debole capacità di Agcom di attrezzarsi con strumentazione visiva che renda accattivanti le presentazioni e stimolante la lettura delle proprie produzioni. Basterebbe prendere esempio dal salto di qualità “iconologico” che ha effettuato, con la direzione di Massimo Bray, un’altra istituzione storica, qual è la Treccani alias Istituto dell’Enciclopedia Italiana. Non è sufficiente “fare ricerca”: un soggetto come Agcom ha anche il dovere di sapere rappresentare, illustrare, disseminare i risultati delle proprie attività. Già tante volte, anche su queste colonne, abbiamo manifestato critica simile all’impostazione, passatista, della stessa “Relazione” annuale dell’Agcom, di architettura grafica assolutamente arcaica…

Altra questione formale: ma perché una istituzione con Agcom deve abdicare al dominio anglofono?! Il Presidente Cardani si è posto la questione, ironicamente, nel proprio intervento, ma non ci sembra abbia chiesto aiuto all’Accademia della Crusca: di grazia, la lingua italiana è certamente più ricca di quella inglese, perché ci si deve adeguare a questa inflazione di termini non italici?!

Perché l’Autorità non opera linguisticamente in controtendenza?!

Anche la semantica ha un valore politico, e finanche istituzionale.

Passando dalla “forma” alla “sostanza” (pur convinti che la prima sia anche, almeno in parte, la seconda), l’iniziativa è stata introdotta dal Presidente Angelo Maria Cardani, che ha rivendicato la “buona volontà” dell’Autorità, la quale si è resa conto che lo studio del 2014 (avviato nel 2013), che aveva evidenziato l’inefficienza del modello tradizionale di analisi mediologica, dovesse essere “attualizzato” – in chiave “interdisciplinare” (la “regola” dominante, ormai) – alla luce del prepotente sviluppo dei “new media”, ovvero del web in primis, e si dovesse quindi studiare meglio le dinamiche di consumo, cioè la “dieta mediale” dei giovani: bambini, ragazzi, minori…

Il Commissario Antonio Martusciello ha ricordato che, alle due contrapposizioni “tecno-entusiasmo” e “tecno-scetticismo”, si può aggiungere o contrapporre una terza categoria, quella del “tecno-agnosticismo”. Il Commissario ha evidenziato come ad un sistema televisivo “iperprotetto”, si contrapponga un internet sostanzialmente senza regole per gli “over-the-top” (alias “ott”)..

Lo studio Agcom ha previsto una “review” della letteratura scientifica in materia e due indagini demoscopiche affidate al Censis. Martusciello ha anche sostenuto che i genitori non sembra abbiano buona coscienza di quel che combinano i figli con la televisione e con il web: “I minori di oggi sono individui che godono di ampi tratti di autonomia nell’accesso ai sistemi di comunicazione e sono tecnologicamente esperti. Gli strumenti di protezione come la visione accompagnata da un adulto appaiono oggi superati, i nuovi sistemi di parental control, presuppongono un ruolo attivo delle famiglie, che si sono però rivelate – secondo le evidenze del Libro Bianco – spesso poco proattive o prive delle conoscenze tecniche necessarie per assolvere in pieno a tale compito”. Secondo il Commissario, si deve “immaginare una versione 4.0 dei sistemi di tutela, dove ad esempio il contenuto, qualificato come potenzialmente lesivo, possa essere tracciato attraverso un’impronta digitale, consentendo così l’applicazione di sistemi di filtraggio automatico degli stessi. Le tecnologie impiegate devono essere user friendly per agevolare un loro ampio utilizzo”. Ha concluso: “L’evidenza che emerge con forza dalla ricerca è quella di trovare nuove forme di tutela adatte ad un mondo dove i contenuti fluiscono liberamente su diverse reti e diversi device. In un contesto di mercati convergenti, la salvaguardia deve essere dunque estesa tanto ai contenuti che alle reti di trasmissione”.

La presentazione della ricerca da parte del coordinatore Giulio Votano ha fornito spunti interessanti, e meriterà una nostra successiva attenta lettura critica: ci limitiamo a qui citare l’elaborazione dei dati Auditel che dimostrerebbe che il consumo maggiore di televisione da parte degli utenti tra i 4 ed i 17 anni avviene nel “prime time”, tra le 21 e le 22.30… Un 70 o 80 per cento dei genitori dichiara di conoscere gli strumenti del “parental control”, ma parrebbe che questo strumento discretamente misterioso non sia granché utilizzato, perché i genitori sostengono che la fruizione da parte dei minori avviene per lo più in loro presenza… Soltanto un 20 per cento degli intervistati dichiara di aver avviato iniziative di “reclamo”, a fronte di contenuti offerti ritenuti inadatti alla fruizione dei minori…

Angela Nava Mambretti, Presidente del Consiglio Nazionale degli Utenti (Cnu), organismo ausiliario dell’Agcom (organismo noto anche per la storica pochezza delle risorse assegnategli, e quindi geneticamente debole), ha segnalato il problema antropologico di una “solitudine della famiglia”, di fronte alla pervasività delle tecnologie digitali, ed ha auspicato che il Comitato Media e Minori, appena ricostituito, possa svolgere una funzione di pungolo e segnalatore delle criticità del sistema.

Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro, si è concentrato giustamente su un problema trascurato dai precedenti relatori, ovvero la delicatissima questione del “diritto all’accesso”: stabilire se esso può avvenire a 12 o 14 o 16 anni è decisione politica fondamentale, e deve comunque essere utilizzato un sistema tecnico che garantisca la validazione del dato dichiarato, come avviene nel Regno Unito. Caffo è stato l’unico che ha sollevato la questione grave del libero accesso alla pornografia, e stupisce che la problematica non sia stata affrontata né dal Presidente Angelo Maria Cardani né dal Commissario Antonio Martusciello, e nemmeno dal Commissario Mario Morcellini.

La patologia della pedopornografia è molto grave, ma altrettanto grave è l’attuale libero accesso, da parte di qualsiasi utente (anche minore), a contenuti pornografici, che possono, in una età evolutiva, sconvolgere radicalmente la mente di un fanciullo e di una fanciulla. Non ci si risponda che Agcom “non ha competenza”, perché, anche se così fosse (interpretando in modo conservativo la normativa), comunque ha un potere di sollecitazione verso il Parlamento ed il Governo: potere che, su questa specifica tematica, non ci sembra sia mai stato esercitato.

Stefano Selli, Vice Presidente di Confindustria Radio Televisioni, ha rimarcato l’eguaglianza “tv = mondo delle regole” ed “internet = mondo senza regole” (o comunque con poche regole, ed inadeguate). L’asimmetria è stranota, ma Selli (che è anche Direttore delle Relazioni Istituzionali di Mediaset) ha sostenuto che il web dovrebbe prendere ad esempio i 25 anni di esperienza di “autoregolazione” (il primo “codice” Frt – Federazione Radio Televisioni – risale al 1993), facendo propria quella evoluta “consapevolezza interna” dei broadcaster italiani. Gli “over-the-top” mostrano invece una “totale assenza di consapevolezza”: alla battuta, la rappresentante di Facebook ha reagito con un sorriso di prevedibile dissenso. Selli ha anche segnalato come un’altra ricerca Agcom, a parer suo eccellente, qual è stata l’indagine sulla produzione audiovisiva, sia però stata completamente ignorata “dal Ministro competente” (senza citare Dario Franceschini, il riferimento era al rafforzamento inatteso degli obblighi di programmazione ed investimento nei confronti delle emittenti televisive).

Laura Bononcini, giovane Responsabile delle Relazioni Istituzionali di Facebook per l’Italia, è stata provocata da una domanda (retorica ma importante) del Commissario Antonio Martusciello: “la neutralità della rete può subire deroghe, in nome del superiore interesse pubblico?”. Bonancini ha riproposto tesi stranote, a partire dal ribadito interesse primario di Fb di “garantire gli utenti”, anche soltanto per ragioni brutalmente commerciali di tutela del “brand” e della sua affidabilità e sicurezza. Ha sottolineato per l’ennesima volta che “Facebook non è un editore, e non gli si possono attribuire le responsabilità che un editore ha”. Il “social network” compie sforzi enormi per “uniformare le proprie regole ad oltre 2 miliardi di utenti”, mediando “policy” di sicurezza e controllo (e rispetto della libertà espressiva della rete, ragione fondante di Fb) tra tante diverse culture e tante diverse leggi nazionali. A fronte dell’assenza di intervento normativo, dal maggio 2018 il “social network” eleverà da 13 a 16 anni l’età di accesso: ahinoi… paradossale: Facebook che viene a criticare l’italico Stato per le sue assenze e colpe!

La questione è comunque, ancora una volta (al di là della buona volontà e delle belle intenzioni), chi “controlla” cosa, e come. Al di là della questione nodale dell’età ovvero del controllo all’accesso, Bononcini ha sostenuto che, rispetto ai contenuti illeciti ed alle “fake news” e simili, Facebook ha ormai in organico ben “20.000 persone” che sono dedicate a questa attività di controllo: “nell’ultimo anno, abbiamo raddoppiato gli effettivi addetti, che – ha rimarcato – sono persone umane, non software di intelligenza artificiale”.

Ci piacerebbe saperne di più… ci piacerebbe intervistare alcuni dei dirigenti dello staff di “controllori”… ci piacerebbe che Facebook aprisse le proprie porte… per comprendere come funzionano realmente gli algoritmi di controllo, e quali sono le metodiche utilizzate da questi funzionari controllori (che un po’ – nel bene e nel male – ci fanno paura, potenziali censori occulti ed anonimi)…e capire anche quanto tempo trascorre – in media – tra segnalazione da parte dell’utente e la effettiva concreta rimozione di contenuti critici…

Il Commissario Mario Morcellini, con la sua storica capacità retorica (basata anche su decenni e decenni di esperienza accademica), ha rimarcato come Agcom debba sforzarsi di promuovere “ricerca” che stimoli nuova “governance”, una “nuova regolazione, non determinata dalla paura, ma dalla conoscenza dei fenomenic’è ancora moltissimo da fare”.

Non servono ricerche che arricchiscono la bibliografia, servono studi che producano cambiamento ed innovazione: musica, per le nostre orecchie. Auguriamoci che la nuova fase annunciata da Morcellini (ricerche aperte e plurali, anche con il coinvolgimento dei vari “stakeholder”) passi presto… dalla teoria alla pratica, perché è indubbio che, da molti anni, Agcom non possa vantarsi di aver sviluppato un filone di attività di ricerca e studio adeguato ai compiti istituzionali cui è chiamato dalla legge.

Mario Morcellini ha poi segnalato che si deve evitare di studiare queste dinamiche concentrando l’attenzione esclusivamente sui fenomeni di breve periodo: si deve ragionare piuttosto su “che tipo di generazioni stiamo costruendo”. Citando (ad orecchio) Ferretti (il critico letterario e storico dell’editoria Gian Carlo, non il fondatore dei Cccp e Csi, Giovanni Lindo), Morcellini ha proposto un aforisma molto convincente: “in perfetta buona fede, i giovani credono di avere… un sacco di cose da dire, ma hanno un gran bisogno che qualcuno dica loro… qualcosa”. Ha scherzato più volte sull’appiattimento delle modalità di consumo cui stiamo assistendo (tutto sembra passare esclusivamente sul web e sui device digitali), con il rischio di una “riduzione della varietà”, nell’illusione (tecnoromantica) che i giovani abbiano una capacità innata di interazione ed autocoscienza.

Non è così: la rivoluzione digitale non produce meccanicamente socializzazione e socialità, e la famiglia, la scuola, lo Stato debbono ragionare sul senso del proprio intervento di sensibilizzazione (e finanche educazione), che va riscoperto e rigenerato. Tutto questo sembra mancare, nel nostro Paese: “perché il tempo dei media (prima la tv, ora la tv più il web) è superiore al tempo dedicato alla formazione?”. Morcellini ha concluso rimarcando che Agcom deve essere autorità di “garanzia” (declinata al plurale: “per le garanzie”) di tutto il sistema della comunicazione: se si limita ai media storici e “mainstream”, essa si riduce ad “autorità delle vecchie comunicazioni”.

Sono intervenuti nel dibattito anche Marisa Malagoli Togliatti, psicologa dell’età evolutiva, e Mirzia Bianca, giurista specialista del diritto dei minori, nonché Carlo Solimene, Primo Dirigente della Polizia Postale e delle Comunicazioni. Purtroppo assente l’unica “politica” che era prevista nel “panel”, la senatrice piddina Elena Ferrara, prima firmataria della legge sul cyberbullismo.

Da segnalare la totale assenza di quello che pure riteniamo dovrebbe essere un “player” centrale del sistema: la Rai – Radiotelevisione Italiana spa. Stefano Selli ha ricordato come la televisione di Stato abbia mostrato una qual certa sensibilità su queste materie, togliendo la pubblicità da uno dei propri canali (quello destinato ai bambini, Rai Yoyo), ma crediamo che sia veramente poca cosa rispetto alle funzioni che dovrebbe svolgere: Rai resta la principale “industria culturale” del Paese e dovrebbe avere un ruolo centrale, fondamentale, proattivo, nella promozione di una cultura di alfabetizzazione digitale critica. Il che non è.

Conclusivamente, una mattinata senza dubbio stimolante, ma con poche novità significative, anche se si registra una qualche evoluzione dello studio rispetto all’edizione 2014 (si rimanda qui a quel che scrivemmo assai criticamente allora, sulle colonne del compianto mensile “Millecanali”).

Non si comprende, infine, perché la presentazione non sia stata trasmessa dalla Web Tv della Camera ovvero da Radio Radicale (a proposito di… diffusione della conoscenza e disseminazione dei risultati).

Per quanto riguarda la ricerca (messa a disposizione online sul sito dell’Agcom), si rimanda ad un commento critico soltanto dopo una lettura attenta. Ed attendiamo di toccare con mano quella che il Commissario Morcellini ha definito “la nostra sfida del futuro”: ricerche che stimolino innovazione della governance del sistema. Ne hanno tutti gran bisogno, a partire dall’Agcom stessa.

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